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“I nostri muri”, Ardita: « Assenza di riferimenti e rifiuto delle regole: così restiamo divisi»

Di Sebastiano Ardita |

Leggendo i fatti di cronaca più recenti, l’idea che gli uomini possano vivere in pace tra loro, come nella utopistica dimensione della Repubblica di Platone, sembra quasi essersi capovolta e trasformata nel suo opposto. Giovani uccisi senza un perché nei sobborghi della capitale, soffocati da droga e violenza; onesti vigili del fuoco sottratti agli affetti della famiglia, tra dolo e accidente, dall’azione di chi voleva dall’assicurazione i soldi della mancata vendita di un casolare. Storie brutte di violenza, di avidità, che ci fanno comprendere come esistano ancora muri tra i cittadini, invisibili ma massicci e dividenti come quello che separava le due repubbliche di Germania. Muri di illegalità, ma anche bastioni di natura culturale come nella vicenda del calciatore Mario Balotelli, dove nella dimensione di un mondo oramai senza frontiere, esiste ancora chi vorrebbe affermare la propria identità su basi biologiche e sul colore della pelle. È il macigno interposto da chi ritiene che sia la razza a determinare l’appartenenza – proprio come tra gli animali – senza comprendere che oggi l’identità nazionale deriva dalla condivisione dei valori di una comunità, dall’amore verso un territorio che si onora anche con lo sport, e che la diversità può solo rafforzare.

Si avverte la carenza di riferimenti autorevoli, cui secondo Platone spetterebbe di guidare la comunità, per essere stati capaci di approdare dalla fase della concupiscenza a quella della saggezza. La mancanza di valori unificanti e condivisi, la litigiosità politica, il rifiuto della legge creano muri di legalità formale che allontanano e rendono sempre più distanti Stato e cittadini. Sono i muri che derivano dalla mancanza leadership culturale.

Senza pace sociale e valori condivisi e in un contesto di conflitti istituzionali, il dibattito sugli scudi penali nella gestione della ex acciaieria Ilva rischia di essere uno di questi argomenti. Perché di autorevolezza ce ne vorrebbe davvero tanta per abbattere il muro di legalità che separa l’interesse dei lavoratori da quello dei malati di cancro e per venire a capo di un così difficile contrasto di interessi.

Altri muri più invisibili e insidiosi vanno abbattuti, ricordando questo 9 Novembre. Quelli che ci separano dai cittadini delle periferie, dei quali si riesce a reprimere il disagio più facilmente di quanto non si sia capaci di prevenirlo o curarlo. Mentre si è a volte tolleranti verso chi quel disagio lo ha determinato, grazie ad un sistema penale ad uso delle classi dirigenti: rigoroso coi deboli ed accondiscendente coi forti. Sono ostacoli che vanno superati se non vogliamo che la vita concreta nella repubblica – deviando dall’ideale “cooperazione di tutti i cittadini per dare risposta ai bisogni di ciascuno” – precipiti nella condizione descritta da Hobbes, dove ogni uomo, rifugiato nel branco di coloro con cui condivide interessi – senza valori e senza solidarietà – promuove ferocemente se stesso a discapito degli altri prendendo a scusante ora la diversità, ora la pretesa di far valere come diritti i propri privilegi.

Sebastiano Ardita, magistrato catanese, è attualmente membro del Consiglio superiore della MagistraturaCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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