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Ciucci e Lupi rilanciano il progetto

Ciucci e Lupi rilanciano il progetto ”Pronti a ripartire col Ponte sullo Stretto”

Il presidente dell’Anas: “Noi siamo pronti”. Lupi: “Noi d’accordo”

Di Tony Zermo |

Pietro Ciucci è un «grand commis» dello Stato pronto a obbedir tacendo. E’ presidente dell’Anas ed è stato amministratore delegato della disciolta società «Stretto di Messina». Mai una polemica, nemmeno quando il governo Monti decise di non rispettare il contratto per la costruzione sullo Stretto di Messina del Ponte più lungo del mondo e azzerò la società senza lasciare la patata bollente al nuovo governo che si approssimava (Letta?. Un altro al posto di Ciucci avrebbe sbattuto la porta, lui ha abbozzato un inchino col suo doppiopetto grigiochiaro ed è tornato ad occuparsi di Anas strade e autostrade. Ma ieri, rispondendo alle domande dei giornalisti a margine di una audizione alla Camera, ha detto che «se il governo, cui spetta la decisione, valuta di riprendere in mano il progetto, noi siamo pronti a ripartire esattamente da dove ci siamo fermati». Ciucci si è anche soffermato sul contenzioso con le imprese legato all’interruzione del progetto («C’è mezzo metro di ricorsi»), ma puntualizza: «Non seguirei il ragionamento di Salini, non c’è collegamento tra penali e ripresa della realizzazione dell’opera. Sarebbe riduttivo parlare di penali se si decidesse di ripartire con il progetto. E’ un’opera troppo importante e troppo strategica per legare le penali alla ripresa dei lavori». Qui Ciucci non dice esattamente la verità: per tutelare gli interessi dello Stato non dice che le penali potrebbero superare il miliardo (e per le quali anche il governo Monti aveva accantonato un minimo 300 milioni) per cui non fare l’opera costerebbe quasi quanto realizzarla. Sulla questione penali in sostanza sorvola dicendo che non è fondamentale. Quanto all’aspetto tecnico stima che «per riaprire i cantieri basterebbero 12-18 mesi» e che l’opera potrebbe essere ultimata in 5-6 anni in caso di via libera dell’esecutivo». Quanto ai costi dell’opera dipende «da come si decide di realizzarla. Si potrebbe prevedere un progetto a più fasi così da diluire l’impegno economico». Il presidente dell’Anas fa anche una sottolineatura politica – ed è la prima volta – quando parla della «valenza strategica del Ponte per il Mezzogiorno» e pur sottolineando che nessuno ha la bacchetta magica ne ha puntualizzato le ricadute positive complessive. E ha concluso che «se il governo torna sui suoi passi noi siamo ben contenti di riprendere i lavori». Ci sono spunti interessanti in quello che ha detto Ciucci. Lui riafferma la «valenza strategica dell’opera» e lo fa dopo un lungo silenzio sull’argomento. In qualche modo spiega al nuovo governo che non realizzare il Ponte più lungo del mondo sarebbe un errore gravissimo e una enorme perdita di immagine all’estero, perché uno Stato che non rispetta i contratti non ha credibilità. Se ha parlato in questo modo, deve avere avvertito che il vento è cambiato e che Renzi si trova davanti alla necessità di dare impulso al Mezzogiorno con l’unica grande opera cantierabile che è il Ponte sullo Stretto. Quando al costo il problema è quasi banale perché i 6 miliardi necessari arriverebbero al 60% da investitori privati (3,600 miliardi) in cambio dei pedaggi trentennali, il 40%, cioè 2,4 miliardi, sarebbe dello Stato, che però non solo recupererebbe oltre un miliardo di Iva, ma risparmierebbe pure 200 milioni l’anno con l’abolizione dei traghetti, pagandone 100 l’anno per l’attraversamento dei treni sul Ponte (3 miliardi in 30 anni). Inoltre ci dovrebbe essere il sostegno dell’Unione europea almeno al 10% (se fosse considerata opera transfrontaliera o legata alla continuità territoriale sarebbe il 20%, cioè 1,2 miliardi). Insomma, non è un’opera costosa, non disturba gli uccelli migratori e non è un’opera faraonica, ma di grande ingegno. Questo capita nello stesso giorno in cui l’amministratore delegato di Invitalia, Domenico Arcuri, dice in un convegno a Napoli: «Il Mezzogiorno è morto, se non ce ne rendiamo conto non andiamo lontano. Il Sud è morto perché è diventato plurimo: ci sono tanti Sud ed è lontano più di prima dai luoghi dove si progetta lo sviluppo del mondo. Il problema dell’Italia e del Sud non è la disponibilità di capitali, è che mancano i progetti per usare i capitali disponibili. Il problema quindi ha a che fare con la capacità delle classi dirigenti, che reclamano spesso fondi e risorse, eppure al 30 giugno 2014 p stato speso solo il 56% dei fondi europei che dovevamo spendere entro dicembre 2013». In sostanza tutto grida lavoro, sviluppo, progetti: e il Ponte è sul tavolo. Il parlamentare catanese Angelo Attaguile e un gruppo di deputati (non meravigliatevi se sono leghisti) ha presentato un’interrogazione al premier Renzi per sapere se e quando ha intenzione di riprendere il problema del Ponte sullo Stretto.

E da Cosenza rilancia anche il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi: “Se investiamo sull’Alta velocità fino a Reggio Calabria, e non mi si dica che non c’è la domanda, perché le infrastrutture creano la domanda, se investiamo sul raddoppio della Messina–Catania–Palermo, riducendo da 4 a 2 ore la percorrenza, è evidente che il Ponte sullo Stretto è una infrastruttura che completa questo sforzo”. “Sono stato a Lisbona. Hanno costruito – ha aggiunto – un ponte di 17 chilometri, certo in una condizione diversa dallo Stretto, ma è un esempio che ci dice che si può fare. D’altronde, la nostra posizione sul Ponte, come Ncd, è nota da tempo”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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