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«L’Expo non è la fiera del contandino ma la Sicilia che parla al mondo»

«L’Expo non è la fiera del contandino ma la Sicilia che parla al mondo»

L’assessore alle Risorse agricole Ezechia Reale e la partecipazione della Regione all’esposizione

Di Mario Barresi |

Non è un tipo che lascia trasparire con facilità le emozioni. Ma quando a Paolo Ezechia Reale sussurriamo la vulgata sulla partecipazione della Sicilia a Expo 2015 – e cioè: anche fra gli addetti ai lavori c’è molta confusione; e a molti sembrano uno spreco i 3 milioni spesi dalla Regione per la vetrina agroalimentare – l’assessore regionale alle Risorse agricole abbandona il suo consueto aplomb anglo-aretuseo. Deglutisce, sospira. E sbotta: «L’Expo di Milano non è la fiera del contadino, ma un evento che avrà 20 milioni di visitatori e 800 milioni di contatti fra media e social network. Noi non andiamo lì per vendere prodotti su una bancarella, ma per lanciare un messaggio al mondo». E poi scandisce: «In effetti di Expo ho cominciato a parlarne dopo la firma della convenzione. Ammetto un ritardo di comunicazione, ma io preferisco parlare dopo aver fatto le cose, non sono bravo negli annunci». Un (seppur signorile) distinguo dal “Crocetta style”? Reale non abbocca: «Io sono fatto così. Punto».   Assessore Reale, a che punto è il “cantiere” siciliano dell’Expo? «Stiamo lavorando. Bene. Con entusiasmo, rigore e condivisione con tutti i protagonisti. Ad esempio, abbiamo coinvolto le quattro università siciliane. Con un riscontro entusiastico da parte dei rettori. Catania, Messina e Palermo hanno già nominato dei delegati all’Expo, rispettivamente il pro rettore Alessandra Gentile e i docenti Vincenzo Chiofalo ed Ettore Barone».   Che ruolo avranno le Università? «Fondamentale, nella mia concezione dell’evento. Saranno i principali divulgatori del messaggio che vogliamo lanciare al mondo sul valore nutritivo e salutistico della nostra dieta mediterranea. Ho già avuto modo di leggere delle ricerche che presenteremo a Milano: lì c’è tutto quello di buono che da sempre diciamo sui nostri prodotti, ma con i crismi della scientificità e della conoscenza scientifica. Ma anche i vasi attici in cui sono dipinte scene di pesca e raccolta del grano rientrano nel messaggio: il nostro è un territorio unico, figlio di una cultura di tremila anni fa».   Ma, tornando alle miserie dell’oggi, le cronache raccontano di scandali milanesi e di sprechi siciliani. Con un retrogusto di sospetto: non è che la nostra spedizione all’Expo può diventare l’ennesimo boomerang? «Non sarà così. Per me è un investimento nel tempo, immateriale e a lungo termine: i riscontri li avremo in vent’anni. Penso che la Sicilia sarà ampiamente ripagata della spesa di circa 3 milioni di euro per guidare il “Cluster Bio-Mediterraneo”, un immenso spazio, dedicato alla biodiversità e alla dieta mediterranea, che accomunerà 12 Paesi. Lì potremo costruire un racconto fluente della nostra tradizione: il nostro stile di vita e la dieta mediterranea, patrimonio immateriale dell’Umanità».   Eppure si conosce ancora poco. Questa prestigiosa leadership della Sicilia non si capisce ancora bene cos’è. Ce lo spiega? «Noi selezioneremo un “paniere” della dieta mediterranea, partendo dai tre elementi principi: l’olio, il vino e il grano. Non sarà una promozione di singoli marchi, ma del meglio dell’agroalimentare. Per questo sto coinvolgendo tutte le 29 Dop e Igp siciliane, che il 7 ottobre diventeranno 30 con l’ingresso dell’olio, oltre che gli 11 Gruppi d’azione locali e i 7 Gruppi d’azione costieri, ma anche l’Anci e Slow Food, per creare una cabina di regia e mettere in campo le professionalità migliori».

A proposito: in quei tre milioni ci sono dentro pure le solite consulenze d’oro? «Ho nominato il dirigente generale Dario Cartabellota responsabile unico del procedimento, che non costerà un euro in più alla Regione. L’altra nomina è Loredana Faraci, docente di Storia dello spettacolo all’Accademia delle Belle arti di Roma, come consulente per i contenuti».   Essendo siracusana come lei potrebbe non essere al di sopra di ogni sospetto. Quale sarà il suo compenso? «È siracusana, è una persona di mia fiducia, è la migliore per questo ruolo. Per un contratto da ora al giorno prima dell’apertua dell’Expo, il 30 aprile, per coordinare tutti i contenuti percepirà 15mila euro. Non mi sembra una consulenza d’oro».   Altre spese extra oltre ai tre milioni dati a Expo Milano? «Ci saranno delle minime spese accessorie. A partire dalla mia presenza. Dovrò pure andarci, a Milano? Ma sarà tutto improntato alla sobrietà e alla trasparenza. Cerchiamo un grande allestitore professionista e poi ci sarà la parte della comunicazione, nella quale vorrei provare un modello innovativo. La Regione concede spazi e tempi pubblicitari, di inestimabile valore in quel contesto, in cambio di professionalità di altissimo livello per comunicazione e marketing. Non so se ci riusciremo, ma sarebbe un bel sistema per avere un servizio a costo zero ed evitare potenziali “sistemi Giacchetto”. Ma quello dei costi è un tema che va visto da un’altra prospettiva».   Quale prospettiva? «La guida del Cluster ci dà la gestione di quattro punti: due ristoranti, un wine-bar e un forno, per gli incassi dei quali dovremo versare il 12% a Expo. Ma il resto dell’incasso sarà nostro, con una stima di 10mila pasti al giorno in esclusiva dentro uno dei posti più attrattivi di tutta l’esposizione. E dobbiamo decidere come beneficiarne: io escluderei una gestione diretta e penso a un bando in cui ci faremo pagare per l’affidamento diretto o a delle royalties sempre per la gestione dei privati».   Ma non si sa chi vince il bando. Non è che poi i pasti del Cluster siciliano se li aggiudica la trattoria della “Zia Peppina” o magari una catena di fast food? «Ma no, ci mancherebbe. Nel bando scriveremo a chiare lettere i requisiti di tipicità e di alta qualità imprescindibili. Sarà una cosa seria. E alla fine rientremo di buona parte delle spese del Cluster, o finazieremo i costi aggiuntivi».   E le aziende che volessero comunque partecipare agli spazi espositivi? «Dovranno pagare per stare n una vetrina davanti a decine di milioni di persone. Ma non basta: dovranno essere di altissima qualità che sarà nostro compito valutare. Stiamo preparando le manifestazioni d’interesse per le aziende».   Cosa ci sarà inoltre dentro questo enorme spazio? «Pensiamo a maxi-schermi bidirezionali nella piazza della Sicilia: da un lato la trasmissione in streaming di tutto ciò che accade a Milano, dall’altro dirette e speciali sul meglio dell’Isola. Ad esempio al Cous Cous Fest in versione “live”, ma ci potranno essere tanti altri eventi siciliani da condividere col mondo».   E i testimonial? Avete pensato a un personaggio-simbolo della Sicilia da legare all’Expo? Camilleri e Fiorello, giusto per fare due nomi. «Sì, certamente. Ma la prima idea è di legare la dieta mediterranea alla salute: abbiamo Nibali, Gibilisco e tanti campioni, ne sto parlando col Coni. E poi c’è il tema della bellezza: quante Miss Italia siciliane abbiamo avuto negli ultimi anni? Ci muoviamo anche su questo fronte, ma io approfitto di questa intervista anche per lanciare un appello. Posso? ».   Prego, faccia pure… «Mi rivolgo a tutti i siciliani d’eccellenza nel mondo della cultura, dello spettacolo, dello sport, della moda. Non vorrei un solo testimonial, anche se sarebbe bello avere Camilleri e Fiorello. I quali, però, come tutti gli altri grandi, potrebbero anch’essi dare un bel segnale: essere il volto della Sicilia all’Expo per dei periodi, con una sorta di staffetta. Allora, l’appello è: fatevi avanti, in un momento di difficoltà per la nostra terra, per dare il vostro contributo in un’occasione unica e irripetibile. Anche per voi sarà una visibilità planetaria, ma fatelo soprattutto per le giovani generazioni che potranno raccoglierne l’eredità positiva».   Ma fatelo gratis, ovviamente… «Questo era sottinteso».   twitter: @marioBarresi COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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