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La sexystar, il sesso e i ricatti ai vip condannati gli editori del libro hot

La sexystar, il sesso e i ricatti ai vip condannati gli editori del libro hot

Un anno e quattro mesi di reclusione ciascuno ai manger della “Imart edizioni”: per l’accusa, chiesero soldi a personaggi famosi per non essere citati nell’autobiografia della porno attrice

Di Redazione |

MARSALA – Per tentativo di estorsione ad alcuni vip del mondo dello spettacolo e dello sport, il giudice monocratico di Marsala Roberto Riggio ha condannato a 1 anno e 4 mesi di reclusione ciascuno (pena sospesa) Giuseppe Aleci, 38 anni, di Marsala, presidente e direttore commerciale della “Imart Edizioni”, e Gaspare Richichi, 30 anni, di Bagheria (Pa), direttore editoriale della stessa casa editrice. Aleci e Richichi – condannati per tentata estorsione in danno dell’attore Matteo Branciamore e dell’ex calciatore Fabio Galante (assolti per gli altri casi contestati) – erano accusati di aver tentato di estorcere denaro ad alcuni personaggi famosi che sarebbero stati clienti o conoscenti della sexystar trevigiana Lea Di Leo (vero nome Sonia Faccio). A costoro sarebbero state chieste somme di denaro (da 10 a 40 mila euro) per depennare i loro nomi e gli imbarazzanti particolari dei rapporti sessuali dal libro autobiografico scritto dalla Di Leo che la “Imart” avrebbe dovuto stampare. Input per l’inchiesta, condotta dalla sezione di pg della Guardia di finanza presso la Procura di Marsala, fu un servizio del programma “Le Iene”. Parti lese poi individuate dagli inquirenti furono l’attore Matteo Branciamore, noto per il telefilm “I Cesaroni”, l’unico a costituirsi parte civile, l’autore-regista di “Mediaset” Giorgio John Squarcia (”Scherzi a parte”), il rugbista Denis Dallan (Isola dei Famosi) e i calciatori Reginaldo, Fabio Galante e Francesco Battaglia. Nel corso del processo, Lea Di Leo ha confermato che tra le personalità citate nella bozza del suo libro, mai pubblicato, figurava anche l’ex vice ministro dell’Economia Mario Baldassarre. Per i due imputati il pubblico ministero aveva chiesto la condanna a 2 anni di carcere.

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