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Giustizia lumaca: Italia maglia nera in Europa per processi penali pendenti

Giustizia lumaca: Italia maglia nera in Europa per processi penali pendenti

Di Samantha Agrò |

STRASBURGO – A causa della sua cronica lentezza, la giustizia italiana continua a collezionare primati negativi. Tra i 47 Paesi aderenti al Consiglio d’Europa, l’Italia è quello con il più grande arretrato nel penale, al secondo posto per quello nel civile e sempre sul podio per numero di giorni che occorrono per vedere la fine di un processo in primo grado. Questa, in sintesi, la fotografia scattata dal quinto rapporto della commissione per l’efficienza della giustizia (Cepej) dell’organismo paneuropeo di Strasburgo. Anche se un po’ ingiallita, perché si basa su dati del 2012, l’immagine del sistema giudiziario italiano che ne emerge non lascia dubbi sui problemi che devono essere risolti. Alla fine del 2012 i processi penali pendenti erano quasi un milione e mezzo (1.454.452) e le cause civili in attesa di giudizio 4,6 milioni, un numero inferiore solo a quello della Germania.   Agli arretrati si aggiungono i tempi lunghissimi che i cittadini devono attendere per ricevere un verdetto in primo grado. L’Italia è il Paese in cui occorre più tempo per ottenere un giudizio in primo grado per bancarotta, 2.648 giorni (cioè oltre sette anni) e per una causa di divorzio, 770 giorni. Il nostro Paese è anche al secondo posto, dopo la Turchia, per numero di giorni (424) che occorrono per arrivare a una sentenza per omicidio volontario. E terza, dopo Bosnia e Malta, per quelli necessari ad ottenere una sentenza in un processo civile, 590 giorni.   Ma i problemi della giustizia italiana non dipendono di sicuro dalla mancanza di risorse economiche. Nel 2012 il nostro Paese era all’undicesimo posto su 47 per spesa pro-capite per tribunali e procure (74 euro per cittadino) e il Cepej inserisce l’Italia tra gli Stati in cui i governi negli anni hanno continuato a prestare una particolare attenzione alla giustizia, mantenendo questa voce tra le priorità nel bilancio. Secondo gli esperti della commissione la situazione dell’Italia, definita “preoccupante” sul fronte del penale, dipenderebbe piuttosto da una non ottimale utilizzazione delle risorse, “come dimostrano i tribunali che funzionano bene”, dalla complessità delle procedure e in parte anche dal numero molto alto di avvocati “che induce nelle persone una sorta di consumismo di giustizia”.   Non tutto però va male. Il Cepej ha stabilito che il nostro Paese ha raggiunto un livello di eccellenza nell’uso dell’informatica nei tribunali e ha migliorato il proprio punteggio rispetto alla precedente valutazione. Ora tutti i giudici hanno a disposizione hardware e software che gli facilitano il lavoro. Inoltre, tutti i tribunali italiani sono forniti di un sistema elettronico di registrazione dei casi e di un sistema di gestione finanziaria. Restava invece ancora da completare nel 2012 l’introduzione dell’uso delle videoconferenze in tutti i tribunali, tecnologia comunque già presente in oltre il 50% delle corti. E non tutti i tribunali avevano ancora messo a punto tutti gli strumenti, siti web, formulari elettronici, possibilità di vedere online lo stato di avanzamento di una causa, per rendere la comunicazione con le parti più semplice e veloce.

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