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Un Mortensen inedito in un thriller pscologico tra bugie e inganni all’ombra del Partenone

Un Mortensen inedito in un thriller pscologico tra bugie e inganni all’ombra del Partenone

«I due volti di gennaio» dell’angloiraniano Hossein Amini che debutta alla regia

Di Maria Lombardo |

Titolo misterioso per un intrigante thriller diretto dall’angloiraniano Hossein Amini che debutta alla regia dopo aver firmato le sceneggiature di “Drive” e di “Biancaneve e il cacciatore”. Il film è ispirato al romanzo di Patricia Highsmith (autrice di “Il talento di Mr. Ripley” thriller anche quello, sullo schermo nella regia di Anthony Minghella). La storia ci conduce in Grecia e in Turchia. La vacanza di una coppia statunitense molto agiata (lui è un consulente d’affari truffaldino) si trasforma in un incubo quando un detective si presenta nella stanza del grand hotel di Atene dove i due alloggiano. Accanto ai protagonisti –Viggo Mortensen e Kirsten Dunst – un amico conosciuto sul luogo, interpretato da Oscar Isaac, che resta coinvolto e diventa complice – volontario o involontario è da capire – della fuga da Atene. E’ chiaramente un thriller psicologico perché continuamente viene da chiedersi chi è sincero, chi finge, chi tenta di ingannare gli altri. Si riscontrano diverse citazioni: una da “Viaggio in Italia” di Rossellini quando il marito cerca la moglie tra la folla di una piazza (qui di Creta, lì di Napoli), l’altra da “Il terzo uomo” di Reed circa l’inseguimento del protagonista fra i vicoli di Istanbul. La seconda parte è arricchita da diversi colpi di scena. Quando i tre si avventurano nel labirinto del Palazzo di Cnossoa Creta lo spettatore avverte il vero brivido del thriller. E ci si chiede come mai queste scenografie meravigliose dell’antichità classica, in questo caso della Grecia, siano poco utilizzate dal cinema. L’impianto narrativo piuttosto convenzionale calca lo schema dei film anni ’40-’50 (c’è chi fa riferimenti a Hitchcock) e la fotografia alquanto scura e seppiata vuole rispecchiare l’epoca: la storia è ambientata negli anni ’60. Bella storia, attori di alto livello: un Mortensen inedito, un Oscar Isaac di ritorno dal recente bel film dei fratelli Coen. Qualcosa però non funziona nella sceneggiatura. La prima parte ha dei momenti di stanca, non tiene la tensione come la seconda. Efficace la colonna sonora di Alberto Iglesias, inadeguata la fotografia di Marcel Zyskindche per rendere l’effetto del tempo, danneggia l’esito complessivo del film che avrebbe potuto invece giovarsi di un’interazione fra la solarità dei luoghi e la storia: la luminosità della Grecia poteva suggerire visionarietà. Così non è, ma il film merita comunque.

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