Notizie Locali


SEZIONI
Catania 24°

Dissesto idrogeologico, allarme in Sicilia

Dissesto idrogeologico, allarme in Sicilia Almeno ottomila le situazioni di pericolo

E per gli interventi di messa in sicurezza servono 4 miliardi

Di Fabio Russello |

Negli ultimi quindici anni in Sicilia si sono verificate 78 frane o alluvioni che hanno provocato 58 vittime e danni stimati in almeno 3,3 miliardi di euro. E inoltre – secondo quanto si evince dal rapporto preliminare sul rischio idraulico in Sicilia redatto dalla Regione – ci sono nella nostra regione quasi ottomila “nodi” e cioè luoghi in cui è presente una situazione di rischio idrogeologico dovute a “interferenze” tra corsi d’acqua e insediamenti umani. Per mettere in sicurezza questi luoghi servirebbero almeno quattro miliardi di euro. Negli ultimi quindici anni, peraltro, i danni – materiali e in termini di vite umane – sono stati mediamente maggiori rispetto al ventennio precedente (1980-1999) quando si sono verificate 70 tra frane e alluvioni, con 69 vittime e danni (con un valore attualizzato ad oggi) per “soli” 681 milioni di euro. Una situazione di allarme che fa il paio con la stima del rapporto sull’Ecorischio 2013 di Legambiente, secondo cui 7 Comuni su 10 in Sicilia sono a rischio idrogeologico. Riuscire a risolvere questi problemi è un rebus anche per gli estensori del rapporto della Regione, tenuto conto che un piano per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei corsi d’acqua costerebbe appunto almeno 4 miliardi di euro. Soldi che la Regione non ha. Dei quasi ottomila “nodi” censiti, il 29 per cento sono localizzati nel Messinese (quasi 2.300). La classifica siciliana vede poi Palermo con 1.350 “nodi” (che equivalgono al 17% delle emergenze siciliane) e Agrigento con il 12% (922 situazioni di rischio). A Catania sono stati rilevati 801 punti a rischio (una settantina nel capoluogo). Sotto quota 800 le altre province siciliane. «Il notevole numero di “nodi” potenzialmente soggetti a rischio idraulico – si legge nel rapporto della Regione – richiede, oltre a una auspicabile azione volta all’approfondimento sulla natura ed entità di tali situazioni, non escludendo nemmeno l’accertamento di responsabilità laddove se ne dovessero ravvisare gli estremi, la necessità di avviare una seria e concreta riflessione politica e amministrativa sul reperimento di risorse economiche da destinare specificatamente alla manutenzione ordinaria e straordinaria dei corsi d’acqua». «Il paradosso – come ha spiegato il presidente regionale di Legambiente, Mimmo Fontana – è che il rischio è omogeneo in tutta Italia. E ci sono regioni come il Trentino, il Piemonte e la Val d’Aosta messe peggio della Sicilia». La ragione è che il rischio si calcola se c’è un valore in pericolo. «Noi siciliani – ha detto Fontana – abbiamo costruito laddove 60 anni fa nessuna persona dotata di buon senso avrebbe costruito ed oggi con questi fenomeni metereologici così estesi l’esposizione al rischio è grande». «Le aree più pericolose d’Italia – ha aggiunto Fontana – sono Genova, Messina e Reggio Calabria. Se quello che è accaduto a Giampilieri fosse accaduto a Messina, e poteva accadere, i morti non sarebbero stati 39, ma forse dieci volte di più». Le soluzioni sono piuttosto difficili e volendo anche utopistiche: «Il mondo – ha spiegato il presidente regionale di Legambiente – si pone il problema delle politiche di adattamento anche in vista del cambiamento climatico. In Olanda c’è un superpiano che chiamano “spazio al fiume”. Anziché alzare gli argini restituiscono gli spazi occupati alla Natura. Mi pare del resto evidente che gli accorgimenti tecnici a cui ci siamo affidati in questi anni spendendo un sacco di soldi non sono serviti a nulla. Non sempre la tecnica e l’ingegneria possono tenere sotto controllo la Natura. Agli stati generali contro il dissesto, il ministro Galletti ha detto che avremo 1,5 miliardi all’anno per i prossimi 10 anni. Solo che spulciando i dati delle regioni in realtà servirebbero 44 miliardi. Le soluzioni sarebbero due: in sede Ue chiedere di allentare il rigore in presenza di progetti di messa in sicurezza dal rischio idrogeoliogico e fare politiche di indebitamento mirato, come ad esempio i bond finalizzati al finanziamento del piano di messa in sicurezza».

COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA
Di più su questi argomenti: