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Loris: presunte “bugie” e videotape

Loris: presunte “bugie” e videotape la mamma ripercorre l’ultima mattina

Investigatori a caccia di riscontri. Il bimbo ucciso con una fascetta

Di Matteo Guidelli e Mi |

SANTA CROCE CAMERINA – Un laccio di plastica, una fascetta di quelle utilizzate dagli elettricisti, stretta attorno al collo: così Loris Stival sarebbe morto la mattina di sabato scorso. Dove è stato ucciso, però, è ancora un mistero. A cinque giorni dal ritrovamento del cadavere del piccolo nel fosso di Mulino Vecchio a Santa Croce Camerina, emergono nuovi dettagli dall’inchiesta che cerca di dare un volto all’assassino del bimbo di 8 anni. L’elemento nuovo, che potrebbe fornire ulteriori spunti d’indagine per fare luce su quel che è accaduto, sarebbe emerso da una rilettura dei primi esiti dell’autopsia. La causa della morte resta infatti quella dell’«asfissia da strangolamento» ma cambia il modo in cui è stata provocata: non più a mani nude, come avevano ipotizzato gli inquirenti e gli investigatori in un primo momento, ma appunto con un laccio di plastica.   Ma non finisce qui: gli esami hanno anche evidenziato dei graffi sul viso e sul collo del bambino. E questi ultimi, secondo quanto si apprende, potrebbero essere stati provocati da un oggetto utilizzato per tagliare la fascetta dopo che questa era stata stretta al collo. Tra l’altro, nel corso dei rilievi effettuati nell’abitazione degli Stival in questi giorni, sono state sequestrate un paio di forbicine che ora saranno esaminate per verificare se siano compatibili con i graffi sul collo di Loris.   Quando è stato ritrovato, inoltre, il bambino indossava tutti gli abiti che aveva quella mattina, compreso il grembiule di scuola, e gli unici elementi che mancavano e che ancora mancano sono gli slip e lo zainetto blu con le cinghiette gialle.   In attesa degli esiti definitivi di tutti gli esami disposti, polizia e carabinieri sono tornati a scavare nel racconto fatto dalla madre di Loris, Veronica Panarello, che presenterebbe diverse contraddizioni. Almeno 3, stando ai due verbali che la donna ha firmato fino ad oggi.   LA DISTANZA DA SCUOLA – La prima delle 3 incongruenze riguarda il punto dove Loris è stato lasciato prima di andare a scuola. Con una doverosa premessa: secondo i video in possesso degli inquirenti, Loris nei pressi della scuola non è mai sceso, tornando a casa con la mamma. “Come al solito – mette a verbale il 29 novembre Veronica Panarello – ho provveduto ad accompagnare mio figlio a scuola, ma siccome eravamo in ritardo e c’era traffico ho lasciato Loris a circa 500 metri dalla scuola”. Il giorno dopo, però, dice un’altra cosa: “…oltrepassato l’ingresso della scuola, svoltavo a destra su via di Vittorio e mi sono fermata a poche decine di metri dall’ingresso della scuola, dove ho fatto scendere Loris”. Anche sui momenti della scoperta della scomparsa di Loris, le versioni si discostano, pure se di poco. Nella prima Veronica dice infatti di aver “atteso l’uscita della classe di Loris” e di aver “parlato con i compagni di classe e le maestre, che mi hanno detto che Loris non era andato a scuola”. Nella seconda versione le maestre scompaiono: “dopo aver parcheggiato nei pressi della scuola mi reco al cancello…assalita dal panico ho cercato aiuto nei vigili urbani, ho chiamato mio suocero, ho chiesto ai bambini e poi ho chiamato il 112”.   IL SACCHETTO DEI RIFIUTI – Il secondo punto da chiarire riguarda invece un sacchetto della spazzatura che sarebbe stato gettato lungo la strada nei pressi di un supermercato, un punto distante un chilometro o poco più dal Mulino Vecchio. Di questa vicenda la donna ne parla soltanto nel verbale del 30 novembre mentre in quello del giorno prima non ne fa mai menzione. Dice Veronica: “…Dico a Loris di prendere due sacchetti della mondezza, ma lui ne prende solo uno. Partiamo in macchina verso la rotatoria dopo la Despar perché li ci sono dei cassonetti”. In realtà, e questo lo direbbero le immagini registrate dalle telecamere, il sacchetto non finirà nei cassonetti ma verrà gettato sul ciglio della strada. Poi l’auto di Veronica fa inversione di marcia e prende la direzione della scuola.   IL CORSO DI CUCINA – L’ultima delle presunte “bugie” riguarda la partecipazione al corso di cucina nella tenuta Donnafugata. Il 29 novembre la mamma di Loris racconta questa versione: “…dopo aver accompagnato” il figlio piccolo “alla ludoteca, sono andata al castello di Donnafugata dove sono rimasta fino a mezzogiorno”. Ma meno di 24 ore dopo mette a verbale tutt’altro: “Dopo aver lasciato il bambino” (sempre il figlio più piccolo, ndr) “sono tornata a casa per sbrigare delle faccende domestiche. Alle 9.15 sono uscita e sono andata al castello di Donnafugata, dove sono rimasta fino alle 11.45”.   C’è poi un ulteriore elemento che Veronica Panarello fornisce e riguarda lo stato d’animo del piccolo Loris la mattina del giorno in cui è morto: elemento che gli investigatori ritengono molto interessante, perché potrebbe spiegare almeno in parte quello che si vede nei video registrati dalla telecamere. “Mio figlio – racconta la mamma il 29 novembre – non andava volentieri a scuola perché diceva che lo prendevano in giro. Da circa una settimana il bambino aveva manifestato l’intenzione di non andare più a scuola”. Il giorno dopo, aggiunge: “Avevo notato che il bambino, da una settimana a questa parte, era più nervoso del solito”. E quel sabato mattina, il piccolo glielo disse proprio. “Loris – mette a verbale la donna – non voleva andare a scuola ma voleva venire con me al castello ma io gli dissi di no perché avevo il corso”.    Proprio per questi motivi, polizia e carabinieri si sono presentati oggi ancora una volta a casa degli Stival per ripercorrere assieme a Veronica la strada fatta quella mattina con la Polo nera. Un’iniziativa della procura per cercare di chiarire le discordanze emerse dal racconto. La mamma di Loris è così salita a bordo di una delle due auto della polizia e ha rifatto la strada tra la casa di via Garibaldi e la scuola Falcone e Borsellino frequentata dal bimbo, passando anche per il punto dove sarebbe stato gettato il sacchetto dei rifiuti, per la ludoteca dove ha lasciato il figlio piccolo e, infine, per la tenuta di Donnafugata dove Veronica ha partecipato al corso di cucina. Affranta e provata, la donna è poi tornata in questura a Ragusa per firmare il verbale.

«La mia assistita ha partecipato a una verifica come persona informata dei fatti, non è assolutamente indagata ed è tornata a casa» ha detto l’avvocato della famiglia Francesco Villardita che poi si è soffermato sulle incongruenze nel racconto: «Nel processo penale le cose presunte non esistono, ci vogliono certezze».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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