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Si cerca lo zainetto di Loris Stival con l’ausilio di elicotteri di polizia e carabinieri

Il legale del cacciatore: «Non è l’orco e nemmeno l’assassino»

Di Redazione |

SANTA CROCE CAMERINA – Elicotteri di polizia e carabinieri stanno sorvolando da questa mattina le campagne attorno a Santa Croce Camerina nella speranza di individuare dall’alto il punto dove potrebbe essere stato gettato lo zainetto di Loris Stival, il bambino ucciso il 29 novembre scorso e ritrovato in un fosso in contrada Mulino Vecchio. L’ipotesi degli investigatori è infatti che lo zainetto blu con le cinghie gialle sia stato gettato da qualche parte o dall’assassino o da qualcuno che potrebbe averlo aiutato.

Intanto parla il cacciatore, Orazio Fidone, al momento l’unico indagato che ha scoperto il cadavere del bimbo: «Non è stato facile e semplice, soprattutto per la mia famiglia che sta soffrendo maledettamente, ma per fortuna le cose stanno finendo. Chiedo ai giornalisti – ha aggiunto – di non andare nelle scuole per non fare subire questo shock tremendo ai bambini creato da questa condizione mediatica. Agli investigatori auguro di venire a capo di tutto nel più breve tempo possibile».

«Orazio Fidone ha passato le pene dell’Inferno», ma «sarebbe pronto a rifarlo». Lo ha affermato il legale del cacciatore, L’avvocato Pietro Savà, sostenendo che il suo assistito ha «un alibi di ferro».

«Diverse persone – aggiunge – possono testimoniare che al momento del delitto era in un altro posto, e lui non ha il bene dell’ubiquità».

Il penalista sottolinea che Fidone «non è l’orco e neppure l’assassino», ed è diventato «insopportabile sentire tesi basate sul nulla».

«Fidone – aggiunge Savà, non è andato a cercare il bambino direttamente al mulino vecchio, e non lo ha trovato subito, ma dopo diversi giri. Se qualcuno vuole criminalizzare l’intuito lo faccia, ma è sbagliato». Il legale conferma che Fidone «non conosce» né i genitori di Loris né il bambino, ma «soltanto il nonno paterno perché gli aveva fatto dei lavori da idraulico a casa». L’avvocato Savà sottolinea di avere parlato «dopo otto giorni di silenzio per rispetto al dolore della famiglia e al lavoro delle istituzioni».

Ed ancora: «Devo dare atto alle forze dell’ordine – chiosa il penalista – di avere fatto bene il loro lavoro e di avere sempre rispettato il mio cliente. Anche la Procura, perché nonostante la pressione mediatica ha agito con grande correttezza e pacatezza».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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