Notizie Locali


SEZIONI
°

Una Regione sempre più commissariata

Una Regione sempre più commissariata

Di Domenico Tempio |

Sarà stato senz’altro un diritto dovere quello del sindaco Marino di far costituire il Comune di Roma parte civile per lo scandalo «mafia capitale». Però a pensarci bene sembra quasi un controsenso: nella sostanza sarebbe il Comune contro se stesso. Se gli affari sporchi sono nati e sviluppati proprio all’interno del Campidoglio; se i partecipanti all’«affare» erano e sono quasi tutti amministratori, segretari, bracci destri e sinistri, anche politicamente parlando; se gli uomini del cosiddetto vecchio fascio e delle sempre presenti Coop avevano come referenti i sopra accennati protagonisti, con chi il Comune di Roma vuole prendersela? Se non con se stesso? Ragione per cui fa sorridere la fuga in avanti del sindaco Marino, un medico più che un prestato alla politica, un rifugiato nella politica. Si facciano lavorare i magistrati, il resto è solo fumo negli occhi. I due maggiori protagonisti della vicenda, Carminati e Buzzi, sono dei criminali con tanto di condanne a carico. Ed è inutile dare loro un colore di fede politica come si tenta di fare dall’una e dall’altra parte. A loro interessano solo gli affari. E che affari! Lo stesso marchio di mafia serve solo a generalizzare un fenomeno che trova le sue radici in anni ed anni di collusione con la politica, se non ispirata da questa. Perché a guadagnarci non erano i soli Carminati & Buzzi, ma tutti i soci della ditta. Quando Buzzi al telefono si vanta che l’«affare» immigrati vale più del traffico della droga, ci chiediamo chi permetteva questo business? Se non gli amministratori, sindaci assessori galoppini vari? Non cerchiamo di offendere l’intelligenza della gente. I fatti contestati non sembrano nascere dal nulla, anzi, a detta del procuratore Pignatone, ne arriveranno altri. Anche se da un magistrato d’esperienza ci saremmo aspettati più riservatezza. Mettere sull’avviso altri responsabili o presunti tali, non ci è sembrato opportuno. Tutta la politica oggi è in un mare di guai. Non solo per gli affarucci alla matriciana, come alcuni li hanno definiti, ma anche per i veleni che scorrono nelle vene dei partiti. Data per scontata una Forza Italia senza più «forza», nonostante Berlusconi voglia far credere il contrario, l’attenzione va posta all’interno del Pd. Forse si è arrivati al redde rationem. Molti osservatori si attendono per oggi, in occasione dell’ assemblea nazionale del partito, una conta. Ciò sembra un suicidio collettivo proprio in un momento delicato dove l’inquinamento criminale sembra aver infettato anche nomi illustri. Qualcuno addirittura in odore di Quirinale. Rimettendo così in carreggiata Beppe Grillo, che veniva dato per moribondo e che ha fatto sapere di non essere più «stanchino»; e Matteo Salvini che viaggia da Marina Le Pen a Putin con sguardi bramosi verso il Sud. Cioè dalle nostre parti. Ed è qui da noi che invece non accade nulla di politicamente di serio. Si passa da uno schieramento all’altro e, se non si riesce, se ne costituisce un altro. Abbiamo riconosciuto la nostra impotenza facendoci poco a poco commissariare. Persino per i rifiuti. Ciò vuol dire che non siamo neanche capaci di dare una ramazzata alle nostre città. Da anni assistiamo al giochetto: e il rifiuto dove lo metto? C’è persino una tale apatia, ciò può sembrare una barzelletta, che gli stessi imbroglioni si sono rivolti al made in Cina per avere monete false. Come gli abiti in vendita alla fiera. Crocetta sarà una persona onesta, però di pasticci ne ha combinati tanti. Ora gioca l’ultima carta: si è rifugiato a Palazzo Chigi mettendosi sotto la tutela di Matteo Renzi. Non che questo dispiaccia. Da tempo consideriamo la Regione lo specchio dei nostri fallimenti. Però c’è da chiedersi che senso ha tenere in vita una istituzione che fa più male che bene, e divora miliardi? Anche perché la nostra «Mafia capitale» l’abbiamo avuta e continuiamo ad averla. Talvolta viene allo scoperto, come gli scandali della Formazione e di altri il cui elenco prenderebbe troppo spazio, talvolta rimane sotto traccia ed è quella più perniciosa. Un esempio è quello denunciato quasi quotidianamente dal nostro giornale: l’abbandono in cui versano i beni culturali. Può non essere proprio mafia, ma è lo stesso un delitto. Come uccidere la vera anima della nostra terra. Un patrimonio dell’umanità che va al di là degli stessi riconoscimenti Unesco. Un tesoro, come abbiamo detto l’altra volta, saccheggiato. Ed è l’unica ricchezza rimasta a un paese povero.

COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA
Di più su questi argomenti: