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”Non aggiustò alcuna perizia” Finito incubo del Tortora catanese

”Non aggiustò alcuna perizia” Finito incubo del Tortora catanese

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha assolto con formula piena il prof. Alberto Fichera dall’accusadi corruzione aggrava dall’aver favorito la camorra

Di CARMEN GRECO |

CATANIA. Una perizia fonica “aggiustata”che avrebbe favorito esponenti del clan dei Casalesi e del clan Cimmino. Un’accusa infamante, anzi assurda per chi conosce la correttezza professionale e anche l’impegno civile del prof. Alberto Fichera, il docente dell’Università di Catania, arrestato il 13 luglio 2010 per i reati di corruzione e falsa perizia aggravata dall’art. 7 della legge antimafia (cioè il metodo mafioso). Ieri, i giudici del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (presieduto da Rosetta Stravino) lo hanno assolto con formula piena “perché il fatto non sussiste”, mettendo così fine a un incubo durato 4 anni. Una sofferenza per lui e la sua famiglia che nessuno potrà mai ripagare. Oltre a Fichera, per il quale il pm Sandro D’Alessio della Dda di Napoli, aveva chiesto una condanna a 7 anni, nel processo erano imputati anche Michele Santonastaso, l’ex avvocato del boss dei Casalesi Francesco Bidognetti, per il reato di associazione di stampo camorristico, favoreggiamento e falsa testimonianza aggravati dall’aver agito per favorire un’associazione camorristica (sempre l’articolo 7). I giudici hanno condannato Santonastaso a 11 anni di reclusione ma lo hanno assolto, insieme con Bidognetti, da un ulteriore accusa di corruzione in atti giudiziari e di falsa perizia aggravati. Il professore Alberto Fichera, era stato accusato dai magistrati di Napoli di aver falsificato, dietro un compenso di 100mila euro consegnatogli da Santonastaso, una perizia fonica con l’obiettivo di scagionare da un duplice omicidio Aniello Bidognetti, il figlio del boss dei Casalesi. La perizia portò effettivamente all’assoluzione sia di Bidognetti jr che dell’altro presunto killer, Vincenzo Tammaro, mentre in secondo grado fu assolto l’esponente del clan napoletano Luigi Cimmino (l’unico ad essere condannato fu l’imputato Giuseppe Cristofaro). I giudici di S. Maria Capua Vetere però – dopo una strenua battaglia tecnica tra accusa e difesa a colpi di consulenze e perizie – non hanno accolto la ricostruzione dell’accusa, che si basava soprattutto sulle dichiarazioni di Anna Carrino, ex compagna di Francesco Bidognetti, oggi pentita, la quale sentita come teste nel processo, il 9 marzo del 2012, aveva raccontato che «c’era un’intercettazione fatta in un’auto in cui comparivano le voci di Aniello e di un’altra persona (Vincenzo Tammaro, ndr); si parlava, mi disse l’avvocato Santonastaso, di un duplice omicidio (quello di Enrico Ruffano e Giuseppe Consiglio, avvenuto a Napoli il 28 aprile del 1999, ndr). Aniello in quel momento era in carcere proprio per quel delitto. Santonastaso mi disse anche che il perito di sua conoscenza avrebbe potuto modificarla in modo da non far apparire più la voce di Aniello». «Con questa sentenza i giudici hanno smentito la Procura – ha dichiarato Giovanni Avila, uno degli avvocati di Fichera assieme a Bruno Von Arx (del Foro di Napoli) – e, in particolare, il suo consulente, l’ing. Porto che aveva avallato le dichiarazioni della Carrino. Contro l’ing. Roberto Porto lo stesso Tribunale aveva poi inviato gli atti alla Procura per valutare se nei suoi confronti ci fossero gli estremi per avviare un’indagine ma la Procura di Napoli ha archiviato tutto. Oggi con forza possiamo dire che per il prof. Fichera è finito un incubo durato quattro anni. Siamo sempre stati convinti della sua innocenza, tanto da sostenerla anche in maniera veemente davanti al Tribunale. Del resto in questi anni abbiamo raccolto nei suoi confronti solo attestazioni di solidarietà, non solo dal mondo delle Istituzioni, ma anche e soprattutto da parte di quelle Procure per le quali ha redatto decine di perizie». L’avvocato condannato, Michele Santonastaso, attualmente libero, divenne noto nel marzo 2008, quando nel corso del maxi–processo d’appello ai Casalesi «Spartacus», lesse in aula insieme al collega Carmine D’Aniello (anch’egli in passato arrestato), un’istanza firmata dai boss Francesco Bidognetti e Antonio Iovine in cui chiedeva lo spostamento a Roma del processo per legittimo sospetto, in quanto a suo dire il collegio giudicante si sarebbe fatto influenzare dalla giornalista del Mattino Rosaria Capacchione, dall’ex pubblico ministero della Dda Raffaele Cantone e dallo scrittore Roberto Saviano; per quei fatti Santonastaso è stato condannato ad un anno di reclusione anche se è stata esclusa l’aggravante mafiosa.

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