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Quando accompagnò Papa Francesco a Lampedusa

Quando accompagnò Papa Francesco a Lampedusa

Di Francesco Terracina |

PALERMO – Era il suo primo Natale da arcivescovo di Agrigento – nominato da Giovanni Paolo II nel febbraio 2008 – e nella città che da sempre fa professione di scetticismo, monsignor Francesco Montenegro tolse i Re Magi dal presepe, sostituendoli con un cartello: “Respinti alla frontiera”, come i migranti. Oggi Montenegro è stato nominato cardinale dal Papa, che l’ha avuto accanto nel suo viaggio a Lampedusa, prima missione pastorale dell’argentino Bergoglio, venuto da un paese “alla fine del mondo” e sbarcato l’8 luglio 2013 in un’isola alla fine dell’Europa, approdo di uomini e donne in fuga da guerre e carestie.  

A Lampedusa, davanti al Mediterraneo, definito da Montenegro “un cimitero liquido”, il neocardinale auspicò che quell’ultimo lembo del Vecchio continente diventasse la Terra promessa. Lo disse anche da presidente della Commissione per le immigrazioni della Conferenza episcopale italiana, ruolo che copre dal 2013.   Sessantotto anni, messinese, fu ordinato sacerdote nel ‘69 nella città dello Stretto, di cui per otto anni è stato vescovo ausiliare, a partire dal 2000, e tre anni dopo guiderà anche la Caritas. Nel 2009, dopo la tragedia dell’alluvione che il primo ottobre colpì Messina e altri comuni, provocando 37 morti, l’allora arcivescovo di Agrigento spedì un messaggio che suonava come un monito: «Mi rifiuterei di celebrare i funerali se un disastro come questo si verificasse nella mia città».  

Tre mesi più tardi tra la sua gente, a Favara, nella provincia Agrigentina, l’incuria e il disinteresse provocarono il crollo di un palazzetto, sotto il quale rimasero sepolti tre bambini e i loro genitori. Montenegro non celebrò i funerali: «Il mio posto – disse – è tra la gente, con loro pregherò per Marianna, Chiara, Giovanni e per Giuseppe e Giuseppina. Non voglio sottrarmi al ruolo di pastore, ma farmi solidale e vicino alla famiglia». Quei funerali, e ancor prima quelli di Messina, erano «previsti e annunciati», come scrisse nel 2009 in una lettera inviata all’allora capo della Protezione civile Guido Bertolaso.  

Senza mai perdere “il filo del dolore”, come disse del Papa che a Lampedusa ascoltava in raccoglimento i racconti dei migranti, Montenegro non ha perso la speranza neanche davanti alle grandi tragedie: «Ho l’impressione – disse all’indomani della visita papale nell’isola delle Pelagie – che Lampedusa serva da “test” per vedere che mondo ci sarà. L’importante è non spegnere la luce», rimasta accesa anche quando confessò ai credenti il suo sgomento per la morte di due bambini nella esplosione dei vulcanelli nella Riserva naturale di Aragona. Davanti ai cadaveri dei fratellini Laura e Carmelo disse: «Perché, Signore? ».  

L’impegno incessante a favore dei bisognosi di mons. Montenegro è stato sottolineato oggi dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che fa parte della diocesi guidata dal neocardinale. Alfano, che si è congratulato al telefono con Montenegro, parla di lui come di un «punto di riferimento, in particolare ad Agrigento e a Lampedusa, per l’accoglienza a migliaia di migranti alla ricerca di prospettive di vita possibili». Ed esulta per la nomina anche mons. Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, di cui Montenegro è presidente. «Nella scelta di Papa Francesco di nominare cardinale il nostro presidente leggo un nuovo gesto, accanto alla visita a Lampedusa e all’incontro con i volontari e i richiedenti asilo del Centro Astalli di Roma, di attenzione della Chiesa al mondo delle migrazioni forzate. Al tempo stesso – aggiunge Perego – leggo in questa nomina il riconoscimento alle Chiese di Sicilia per i molteplici gesti di solidarietà e di prossimità a oltre 300.000 migranti, tra il 2011 e il 2014, che sono sbarcati a Lampedusa e nei diversi porti di Sicilia».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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