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«Ho denunciato gli usurai ma chiuderò per burocrazia»

«Ho denunciato gli usurai ma chiuderò per burocrazia»

Laura Raffone, tabaccaia, ha fatto arrestare i suoi aguzzini, ma ora ha un debito con i monopoli dello Stato. L’iter per accedere ai fondi per le vittime è però ancora in corso e il suo negozio rischia la chiusura

Di Carmen Greco |

CATANIA – Nel quartiere la chiamano «la sbirra». Perché nel 2012 ha denunciato i suoi usurai facendoli finire prima in manette e poi sotto processo. Ma, adesso, per Laura Raffone, 46 anni, nata e cresciuta alla Civita, titolare di una tabaccheria in via Calì, il nemico si chiama Stato. «Lo stesso – dice – che, prima ti invita a denunciare, a fare il proprio dovere di cittadini onesti, e poi ti abbandona».   In che senso? «Nel senso che non ti aiuta a risollevarti e le banche ti chiudono i ponti. La burocrazia è assurda, ti chiedono sempre documenti su documenti. Nel frattempo è cambiato il prefetto e mi hanno richiesto daccapo tutta la documentazione per accedere al fondo per le vittime dell’usura. Sei mesi dopo la denuncia, quando non potevo lavorare perché ero “sospesa” con la vendita dei tabacchi, per riattivarla i monopoli di Stato mi hanno chiesto 2000 euro altrimenti non potevo tornare a vendere le sigarette. Ma che razza di Stato è? Da un lato ti dice che ti aiuta e dall’altro vuole soldi che non hai? ».   Andiamo per ordine, quando è entrata in contatto con gli usurai? «E’ iniziato tutto nel 2008-2009. Attraversavo un periodo economicamente difficile e ho fatto l’errore di rivolgermi ad uno di loro per chiedere 2000 euro, ma, in breve, non sono più riuscita a pagare. E’ un sistema che funziona a 14 settimane, all’ottava già non c’arrivi più e “loro” ti rifinanziano quello che non hai ad una percentuale del 200%. E’ un cane che si morde la coda».   A quanto è lievitato il suo debito? «Ho perso il conto. So solo che arrivi ad un punto che o chiudi, o chiudi».   Cosa l’ha spinta a denunciare? «Tutto un insieme di cose. Ero disperata, ne ho parlato con un amico poliziotto che ha compreso subito quello che stava accadendo e lì mi sono decisa, anche perché tutti conoscevano la mia situazione. Uno degli usurai passava davanti al negozio urlando che voleva i suoi soldi. Il 12 maggio 2012 ho denunciato. Le indagini sono andate avanti per un anno e mezzo e l’8 aprile 2014 sono state arrestate 5 persone (con l’operazione «Civita» ndr).   Con quali risultati? «Adesso sono tutti a piede libero. Uno ha patteggiato (Antonio Giuseppe La Rosa, è stato condannato il 30 settembre scorso a 4 anni e 6 mesi per usura ed estorsione), ogni tanto passa davanti alla tabaccheria e guarda, è una cosa che ti dà molto fastidio. Per gli altri 4 il processo è ancora in corso».   Chi le è stato vicino in questo frangente? «La signora Gabriella Guerini, presidente dell’Asaae (l’associazione antiracket ndr) che ho conosciuto per caso ad una riunione cui mi aveva invitato un consigliere di quartiere. Abbiamo iniziato a parlare e il mio problema è venuto fuori. Con l’Asaae abbiamo iniziato le pratiche per accedere al fondo delle vittime dell’usura, ma non è successo ancora niente e francamente non ho fiducia che possa succedere qualcosa».   Come fa a tenere aperto? «Per riaprire il negozio dopo i sei mesi di inattività ho dovuto pagare la novennale, una tassa che paghiamo per il rinnovo della licenza. Le sedici marche da bollo necessarie per riaprire me le ha pagate l’Asaae, altrimenti avrei già chiuso. Non avendo i servizi attivi (i terminali per il superenalotto, i pagamenti delle bollette, le ricariche telefoniche etc.) non guadagno nulla. I soldi che guadagno attualmente mi servono solo per pagare l’affitto e la luce. Per sei mesi ho avuto solo il guadagno dei quotidiani che è una cosa irrisoria perché si vendono poco. Per Natale, quattro amici mi hanno visto piangere per lo scaffale delle sigarette vuoto e mi hanno aiutata, ma se non fosse stato per loro, non saremmo qui a parlare e se continua così al massimo tra due mesi chiuso. Mi chiedo: ma non c’è nessun organo istituzionale che prenda il telefono in mano, chiami la Sisal e dica “Questa persona ha denunciato, l’iter sta andando avanti, permettegli, nelle more, di poter lavorare”. Solo così lo Stato mi potrebbe aiutare concretamente a rialzarmi. Ma se non saldo, non mi possono riattivare le macchine».   E’ pentita di aver denunciato? «Sì. Perché si perde la famiglia si perdono gli affetti, si perde tutto. Gli amici mi hanno chiesto “come stai? ”, la famiglia mi ha chiesto “perché? ”. I miei fratelli non hanno approvato e con loro, purtroppo, non ho più rapporti. E’ una cosa che mi rende molto triste. Si sono allontanati per paura e si rimane soli. Mi è rimasta solo mia madre. Ho passato un anno e mezzo senza poter dire a nessuno cosa fosse successo, perché c’erano indagini in corso, e questa cosa ti distrugge dentro. Moralmente si crolla. A questo punto ti chiedi se ne valga la pena. Quando denunci la prima settimana sono tutti lì a farti i complimenti “non ti preoccupare, brava, brava”, dopo di che scompaiono. Nel quartiere sono stata criticata da tutti».   Ricorrerebbe ancora agli usurai? «No, assolutamente. Ma nemmeno denuncerei. Meglio chiudere che andare a chiedere denaro».   Cosa consiglierebbe ad un commerciante nelle sue stesse condizioni? «Gli direi di chiudere e di non cercare l’aiuto di nessuno. Perchè resti solo. Quando in banca, da un giorno all’altro, mi hanno tolto la scopertura, dissi “e che faccio, vado dall’usuraio? ”, il direttore mi ha fatto spallucce. Francamente da una banca alla quale vai a pagare ogni tre mesi le competenze, non te lo aspetti e, questo, nonostante io mi presentassi con i documenti della prefettura. Lo sa quanto abbiamo girato io e la Guerini per trovare una banca che mi aprisse un conto corrente? Due mesi. Per attivare il servizio delle marche da bollo dovevo avere un conto corrente. Essendo protestata, non potevo pagare la merce, come fanno gli altri, a 30, 60, o 90 giorni. A me serviva solo una banca che, ogni settimana, mi facesse arrivare un F24. Non dovevo fare alcun movimento, solo versare e aspettare che lo Stato ritirasse i suoi soldi. Chiedo a Renzi: dov’è lo Stato in questi casi? La burocrazia su queste cose dovrebbe essere messa da parte, altrimenti è inutile denunciare».   In tutta questa vicenda nemmeno una piccola soddisfazione? «Un collega è venuto a dirmi “Mi hai dato coraggio, hai avuto le palle”, e ha denunciato anche lui. E’ stata una bella cosa».

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