Notizie Locali


SEZIONI
Catania 21°

Stromboli, la vita appesa a un’onda L’isola e i “miracoli” dello smartphone

Stromboli, la vita appesa a un’onda L’isola e i “miracoli” dello smartphone

Tommaso “salvato” grazie al telefonino ma non tutti possono essere “curati” via Whatsapp

Di Fabio Tracuzzi |

STROMBOLI – Tommaso ha sette mesi. Ed è già un bimbo famoso. Tommaso vive a Stromboli insieme al suo papà, alla sua mamma Carolina Barnao (nella foto di Antonio Parrinello) e a due fratellini, Maddalena di 7 anni e Salvatore di cinque. Tommaso ora respira bene e regala sorrisi “strappa baci” alle facce nuove che sono arrivate a casa sua. La macchina fotografica di Antonio Parrinello lo incuriosisce e nemmeno il seno della mamma pronto alla poppata riesce a distrarlo. Ha due guanciotte paffutelle e morbide. E sorride. Sempre. Tommaso ora respira bene. Il pericolo è passato, anche mamma Carolina è tornata a sorridere, i fratellini giocano con il preciso intento di farsi notare dai due ospiti inattesi, papà Domenico Cusolito è andato a lavoro. Gioca anche col telefono della mamma il piccolo Tommaso. Non sa di cosa si tratta ovviamente. E’ un oggetto come tanti altri che lo circondano e che trova a portata della sua manina. Ma proprio quell’oggetto, quel telefono gli ha forse salvato la vita o, comunque, evitato complicazioni più gravi.   LA BRONCHITE La storia è conosciuta. Tommaso ha una bronchite che peggiora di giorno in giorno, sull’isola non è prevista la presenza di un pediatra e mamma Carolina può solo affidarsi al medico di base. E, come succede spesso in questi casi, la cura suggerita è sempre la stessa. Antibiotico. Ma il piccolo non migliora. Anzi peggiora. Il suo respiro si fa sempre più pesante e difficile. E la mamma comincia a preoccuparsi. Non sa che fare. E a Stromboli non è possibile uscire di casa, mettersi in strada, o in mare, e raggiungere l’ospedale più vicino. «E, ora dopo ora – racconta la mamma rivivendo quei momenti di angoscia – il suo respiro peggiora. Tommaso ha difficoltà respiratorie, questo solo capisco. Non so cosa fare. E allora penso alla mia amica palermitana, la pediatra Delia Russo, specialista in tumori per bambini». E che fa mamma Carolina? Prende il telefono, anzi lo smarphone, apre l’appalicazione WhatsApp e registra il respiro affannoso e affannato del bambino. Un click su “invia” e lo manda a Delia che vive e lavora a Palermo.   LA REGISTRAZIONE Ce la fa ascoltare la registrazione di quel respiro e anche noi, ora che tutto è finito, ci impressioniamo e capiamo quello che la mamma ha passato sentendo il respiro del suo piccolo. E ci racconta tutto. Paure, angosce, rabbia, sollievo finale. Prepara il caffè e racconta. Fuori, intanto, il cielo si fa sempre più nero e il vento, non saremmo alle Eolie, continua ad aumentare senza alcun preavviso. Sull’isola siamo arrivati con l’unico aliscafo partito da Milazzo. «Parte ma con riserva», ci dicono alla biglietteria. Che vuol dire con riserva? Vuol dire che parte, va fino a Stromboli ma non si sa se riuscirà ad attraccare causa forte risacca. Rischiamo. Ma una volta arrivati il tempo peggiora e in fretta. Sembra un’isola deserta Stromboli in questo periodo. Ma cielo e mare dello stesso colore nero inchiostro non riescono a offuscare i colori, i mille colori, che l’isola sa offrire sempre. Colori e profumi che sprigionano, comunque, un senso di libertà. Gli ibiscus rossi, gialli, bianchi sono aperti e vivranno, anche senza sole, il loro unico giorno di vita, gli alberi sono talmente carichi di limoni che i rami quasi toccano terra. E, come ci dicono quelle poche persone che incontriamo mentre andiamo a casa di Carolina, dobbiamo rassegnarci a restare sull’isola, il tempo peggiora e ci si prepara all’ennesimo isolamento. Quanti giorni? Chi può dirlo.   IL MALTEMPO Ecco Stromboli d’inverno. Arrivi e non sai se riparti. Un bambino, Tommaso nel nostro caso, sta male? Non ci sono rimedi. Devi inventarti qualcosa. E il cattivo tempo che abbiamo trovato con la reale prospettiva di non poter ripartire ci fa capire ancora di più l’angoscia vissuta in quei giorni a casa di Tommaso. Il caffè è pronto. E mamma Carolina continua il suo racconto. «Il bambino ha dei broncospasmi diffusi e la mia preoccupazione aumenta di minuto in minuto». «Ma questa – vuole precisare – non vuole essere un atto di accusa contro quei medici che operano a Stromboli. Adesso qui c’è anche un medico di base, che sta sull’isola tutta la settimana. Hanno visitato Tommaso con cura e attenzione ma non sono pediatri e per le malattie dei bambini ci vogliono i pediatri. Tanto che le visite e le cure non bastano e la respirazione peggiora. Sempre». E quindi mi rivolgo alla mia amica Delia. Riceve il messaggio della tosse, lo ascolta e mi dice che devo subito dargli il Bentelan. E che se non dovesse bastare bisognerà portare Tommaso nel più vicino centro di rianimazione.   LA PEDIATRA E nel racconto a questo punto si inserisce proprio lei, Delia, la pediatra che al telefono ci dice. «Carolina è una mamma attenta, mi fido di lei. Certo non sono poi così favorevole alle diagnosi telefoniche anche se la telemedicina è il futuro. Di bambini ne visito e ne sento tantissimi quindi ho l’orecchio allenato anche se il monitoraggio è un’altra cosa, vedere il bambino in faccia, mettergli una mano sul petto. Ma non c’era da perdere tempo e avevo già deciso che se Tommaso, che ho visto nascere, non dava segni di miglioramento avrei fatto intervenire il 118». Ammesso che il tempo avesse consentito l’atterraggio dell’elisoccorso. Alla pediatra palermitana sono arrivate non poche critiche per la sua diagnosi telefonica. «Le critiche non mi preoccupano, mi fido di quello che mi dicono le mamme e ci vuole anche un po’ di buon senso. Certo con un‘amica, come Carolina c’è più complicità». Stesse critiche sono arrivate anche alla mamma, ma anche lei non se ne preoccupa. E di Delia si fida ciecamente: «Non mi avrebbe mai detto una cosa, qualsiasi cosa, tanto per dire. Se non avesse capito me lo avrebbe confessato». Ed è anche vero che il caso di Carolina apre interrogativi sul ruolo che i recenti mezzi di comunicazione potrebbero giocare nella relazione tra medici e assistiti.   I BAMBINI Adesso il suo bambino, grazie a WhatsApp è tornato a sorridere e, soprattutto, a respirare normalmente. A Stromboli, oltre i neonati, ci sono una ventina di bambini, dai tre ai cinque anni, che vanno all’asilo, 22 frequentano le scuole elementari e una decina le scuole medie. Eppure non è prevista la presenza di un pediatra. Specialmente in inverno dove è più facile restare bloccati dal maltempo che partire. In caso di emergenza ci si affida all’elicottero. Ma non sempre – come detto – può atterrare. Quel giorno non avrebbe potuto farlo per il forte vento. Noi riusciamo a partire grazie a una nave merci che sfida le onde sempre più forti. Ma è un caso e la salute di un bambino non può essere affidata al caso o ai social network. E’ andata bene questa volta. Ma un gesto istintivo di disperazione e di speranza non può essere la soluzione. I bambini di Stromboli meritano le stesso trattamento di tutti gli altri bambini. Così difficile da capire?

COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA
Di più su questi argomenti: