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Il colpaccio di Renzi

Il colpaccio di Renzi

Di Domenico Tempio |

Un capo dello Stato siciliano non poteva dire altro, nelle sue prime e uniche parole: «Penso alle difficoltà e alle speranze dei nostri concittadini». Magari in quel momento non si sarà riferito alla sua Terra, a noi, però, piace pensarlo. Del resto chi vive di sacrifici, di speranze, se non proprio la nostra gente? Per molti commentatori, che ieri si sono esibiti in tv, sarebbe stata proprio la sicilianità a convincere Alfano e alcuni grandi elettori a votare Sergio Mattarella. Ci crediamo poco. Forse qualcuno sinceramente lo ha fatto, ma pensiamo che in sostanza sia prevalsa la presa d’atto dell’impossibilità di votare contro e, per alcuni, di salvare il salvabile. Matteo Renzi è riuscito a mettere nel sacco oppositori esterni ed interni. Ha scoperto la carta Mattarella all’ultimo momento, puntando su un personaggio al quale era difficile dire di no. Per diversi motivi. Primo, perché da giudice costituzionale si era chiamato fuori da tempo dalla politica; secondo, perché nel suo pedigrée c’era la morte per mano della mafia del fratello Piersanti sulla quale lui politicamente non ha mai speculato; terzo, perché è appartenuto a quella democrazia cristiana che ha sempre guardato a sinistra; quarto, e questo ha convinto gli antiberlusconiani permanenti, per non essere mai stato tenero con il Cavaliere. Così il premier ha fatto credere agli oppositori interni del suo partito che la scelta non aveva nulla a che vedere con il patto del Nazareno. Altrimenti lo stesso Mattarella non avrebbe ottenuto 665 voti, specie quelli di buona parte della sinistra. L’aver puntato contemporaneamente su tre tavoli (governo, riforme istituzionali, scelta del capo dello Stato) sa molto di gioco d’azzardo. L’ultimo tavolo, quello del Quirinale, come si è visto, è stato appannaggio di Renzi. Se ora riuscirà a portare a casa tutta la posta, farebbe l’en plein. Intanto, e lo si vedeva ieri nelle dichiarazioni di vittoria del dopo voto, ha rispolverato l’orgoglio persino di quel Pd, rimasto due anni addietro mortificato dalle vicende Marini e Prodi. Ciò assicurerà al premier una vita politica più lunga? Dipenderà da molti fattori. Anche dal nuovo inquilino del Quirinale. Sotto la tutela di Napolitano sinora ha potuto superare diversi ostacoli, alcuni messi dai suoi stessi compagni di partito. Poi bisognerà vedere come si comporteranno i due schieramenti, Centrodestra e Forza Italia, rimasti impietriti, sotto l’effetto della cocente sconfitta, davanti agli altri due tavoli, governo e riforme. Fuor di dubbio che Alfano, dopo aver fatto un preaccordo con Berlusconi per tornare a viaggiare insieme, è stato costretto a fare marcia indietro creando fratture dentro il suo stesso partito. C’erano, Alfano tra questi, poltrone ministeriali da salvare. La più accesa a voler rimanere seduta sul trono della sanità è stata la Lorenzin, quella a cui Berlusconi, a suo tempo, disse: «Vediamo se almeno saprai fare le punture? ». Per il Cavaliere il discorso è diverso. Che sia stata una sconfitta politica su tutta la linea, lo si evince dalla caccia aperta ai responsabili (i fittiani, addirittura avrebbero votato Mattarella). Lascia, però, perplessi, almeno questo è un nostro retro pensiero, il fatto che dopo l’ultimo incontro con Renzi, Berlusconi si sia fatto da parte con la scusa del divieto da parte del magistrato di rimanere a Roma. Il leader azzurro, secondo noi, sta giocando una sua personale partita. Sa bene che Renzi con alcuni di quei compagni, risultati utili per eleggere Mattarella, difficilmente potrà varare quelle riforme già in cantiere. E siccome al Cavaliere, ora più di prima, oltre al partito interessa soprattutto il suo presente, quello giudiziario in particolare, difficilmente, nonostante i dissensi in casa azzurra si allarghino, ribalterà il tavolo della trattativa. Del resto anche lui sapeva che qualsiasi candidato fosse uscito dal patto del Nazareno, compreso lo stesso Mattarella, non avrebbe potuto mai avere l’approvazione di tutto il Pd. Allora, meglio farsi da parte e formalmente dissentire Cosa accadrà adesso? Prendiamo a prestito una risposta di Giorgio Napolitano a chi gli chiedeva se qualcosa cambierà nel quadro politico italiano: «E’ molto difficile dire cosa c’è di nuovo in una situazione così complessa e articolata». La cauta saggezza del novantenne, al di là della momentanea euforia, può servire da insegnamento. Comunque, per adesso rendiamo onore a questo primo siciliano salito al Colle. Una persona perbene. Per ora ci basta questo. Il resto ce lo dirà la storia. Che comincerà domani.

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