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Quel raddoppio della Strada Statale 640

Quel raddoppio della Strada Statale 640 che sembra simile alla tela di Penelope

E ora una frana che minaccia il tratto più prossimo ad Agrigento

Di Fabio Russello |

AGRIGENTO. Una specie di tela di Penelope di asfalto lunga circa 30 chilometri che non si finisce mai. Sembra questo il destino della «nuova» – ma non ancora consegnata – Statale 640 Caltanissetta Agrigento. L’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso è la minaccia di frana di un costone che ha costretto l’Anas a chiudere per sicurezza l’ultimo tratto, quello più prossimo ad Agrigento. E così se si vuole raggiungere la Valle dei Templi è necessario uscire a Favara, percorrere una vecchia provinciale che porta alla Zona Industriale di Agrigento per poi immettersi sulla Agrigento Palermo. Ma farsi un’idea su che cosa sia oggi diventata la Statale 640 è possibile soltanto percorrendola: ci si rende conto di come sei anni – da quando cioè sono cominciati i lavori – sembra siano trascorsi invano. Da Canicattì in poi, da dove comincia cioè il primo lotto avviato nel 2009, della strada a quattro corsie c’è la traccia solo sul terreno ma i tratti realmente percorribili come se fosse effettivamente un’autostrada sono poche centinaia di metri su quasi trenta chilometri. Continui restringimenti di carreggiata fino a diversi tratti che sembravano finiti e che invece sono già sotto «manutenzione» e quindi chiusi (e in qualche caso addirittura demoliti e in fase di ricostruzione). Dal Consorzio Empedocle, guidato dalla Cmc Ravenna, il colosso romagnolo che ha ottenuto l’appalto dei lavori come contraente generale dall’Anas, spiegano che non vi è alcun allarme perché la strada è stata sì aperta in alcuni tratti ma non è stata formalmente consegnata. Quindi queste manutenzioni sono «normali». Sarà. Però la Via Crucis è diventata – soprattutto per i pendolari – insopportabile oltre che pericolosa per via di una segnaletica non molto visibile e, se vogliamo, con standard da Sud Italia. Per dire: le segnalazioni dei restringimenti di carreggiata o delle deviazioni sulla Milano Brescia non sono esattamente come quelle della Agrigento Caltanissetta. Ma tant’è. Proviamo a metterci a bordo di un’auto partendo da Canicattì. Ci si dovrebbe immettere sulla Statale dal bivio Aquilata a Castrofilippo. Invece l’ingresso è chiuso per alcuni lavori su un viadotto che era stato costruito ex novo e che ha avuto dei problemi. La carreggiata è unica ed è dunque percorribile solo da chi arriva da Caltanissetta. Si finisce così su un tratto di una strada secondaria che sbuca sul rettilineo di Racalmuto. Qui i lavori di raddoppio non sono mai cominciati per una serie di problemi, tra cui alcuni accertamenti di carattere archeologico (peraltro sbloccati solo ieri, spiegano dalla Empedocle) incredibilmente in corso in questi anni nonostante il progetto esecutivo abbia avuto il via libera. Misteri della burocrazia italiana. Comunque, rimettendoci a bordo della nostra auto immaginaria, finiamo su questo rettilineo che è esattamente come era sei anni fa: a due corsie. Si prosegue fino al punto dove, sei mesi fa, c’era uno dei tratti della nuova 640 aperti al traffico, siapure provvisoriamente. Ma anche qui c’è stato un intoppo. Un tombino che non funzionava, ha creato infiltrazioni d’acqua e un avvallamento della sede stradale che ha costretto l’impresa a chiudere il tratto. Qui si finisce ancora sulla viabilità secondaria. Solo dopo c’è un tratto di un paio di chilometri aperto (anche se con due restringimenti di carreggiata). Ma finito questo tratto ecco la chiusura per la frana nella parte finale che costringe la nostra automobile a un «giro» attorno ad Agrigento sempre attraverso una viabilità non adeguata soprattutto perché la Statale 640 è quella che collega la Valle dei Templi con le autostrade. Quindi Tir e mezzi pesanti in grande quantità. Il bello è che, nonostante queste chiusure, non è che l’attività nei cantieri sia molto movimentata. Al contrario. «C’è un anno di ritardo – dice Pier Francesco Paglini, il capo area della Sicilia dell’Anas – ma non per colpa nostra. Per svariati motivi non c’erano disponibili e per intero i fondi per finire la strada. Ma lo Sblocca Italia ha messo a disposizione 47 milioni di euro. Si sta procedendo alla stipula del contratto che è fondamentale per avere la disponibilità di quei fondi. In due settimane dovrebbe essere tutto sistemato e infatti stiamo preparando i cantieri per la ripresa dei lavori». Ma se qualcuno pensa che la situazione della viabilità possa migliorare si sbaglia e non solo perché per risolvere il problema della frana bisognerà attendere almeno un altro mese, ma anche perché – come ha spiegato Paglini – per finire i lavori entro l’anno ci saranno ancora altre deviazioni e chiusure parziali: «Bisogna completare gli impianti elettrici e fare l’asfaltatura definitiva». Sul secondo lotto l’ingegnere Paglini dà anche un cronoprogramma che rispecchia quello che già era più o meno noto: da Canicattì a Caltanissetta nel giro di un mese ci sarà la deviazione nell’altro tracciato per completare il raddoppio («I lavori – dice – saranno abbastanza veloci ed entro l’anno saranno terminati»). Poi c’è la galleria che passa sotto Caltanissetta («Che dovrebbe essere completata entro la fine del 2016») e infine il tratto da Caltanissetta fino all’innesto con l’autostrada A19 la cui consegna è legata alla galleria e dunque non sarà pronto prima della fine del 2016. Di responsabilità e ritardi non vuole sentire parlare nemmeno l’ingegnere Calogero Abissi che è il responsabile del Consorzio Empedocle: «L’ultimo tratto è chiuso ma non per colpa nostra. L’Anas per ragioni di sicurezza ci ha chiesto di chiuderla. Stiamo cercando una soluzione, ma non sarà possibile una apertura prima di quindici o venti giorni». E pure quando si fa notare che ci sono tratti «nuovi» già chiusi per manutenzione o addirittura per una ricostruzione dal Consorzio Empedocle non si scompongono: «Castrofilippo è chiuso perché c’è un intervento sul viadotto Roveto, normale manutenzione… ». Normale manutenzione di un viadotto nuovo? «Se vedo imperfezioni – spiega l’ig. Abissi – le risolviamo. Vorrei ricordare che la percorribilità è provvisoria, perché la consegna definitiva è un’altra cosa».

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