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Bollette salate e reti colabrodo Crociata per l’acqua in Sicilia

Bollette salate e reti colabrodo Crociata per l’acqua in Sicilia

I Comuni rivendicano la gestione pubblica, pressing sulla Regione per tornare al passato: da Palermo ad Agrigento a Siracusa si alza la protesta dei cittadini

Di Onorio Abruzzo |

Palermo. «Nel difendere l’acqua mi difendo». Queste le parole pronunciate negli anni sessanta dal sociologo Danilo Dolci, nel corso delle innumerevoli manifestazioni a difesa del bene comune in Sicilia. Parole risuonate con forza nel 2011 nel corso di una campagna referendaria per l’acqua pubblica conclusasi con più del 90% degli elettori italiani che hanno detto no alla privatizzazione. Di queste battaglie, ad oggi in Sicilia, sono rimaste soltanto le parole, i bei ricordi, ma di acqua pubblica ancora nemmeno l’ombra. Gran parte delle gestioni sono private con tariffe altissime per i cittadini costretti a pagare per servizi inefficienti e con reti e depuratori ridotti un colabrodo. Nel caos, generato soprattutto dalla mancanza di regole e dall’assenza di un ddl regionale sulla gestione del servizio idrico integrato nell’Isola ancora arenato in commissione all’Ars, ci si ritrova con un sistema di gestioni private che fa acqua da tutte le parti. C’è ne è per tutti i gusti: da società come la Girgenti Acque, che gestisce il servizio idrico in 43 Comuni dell’agrigentino con tariffe salatissime e servizi considerati dai cittadini inefficienti, a società fallite come l’ex Aps (Acque potabili siciliane) che ha lasciato 42 Comuni del palermitano a secco e 203 dipendenti senza occupazione. Una situazione di fallimenti che non ha risparmiato neanche la provincia di Siracusa, che ha visto il crac di due società ed il passo indietro di comuni che come quello di Floridia hanno preteso la restituzione delle reti idriche. Una scelta questa attuata da altri 17 Comuni della provincia di Agrigento che si sono rifiutati di consegnare nel 2007 le reti a Girgenti Acque e di altri dieci comuni del palermitano che hanno deciso di gestirsi l’acqua in proprio. Una decisione forte che ha fatto risparmiare a migliaia di cittadini bollette salate e servizi colabrodo. Insomma, nei comuni dove la gestione delle reti idriche è in mano ai privati le bollette sono salatissime e a volte fuori controllo, mentre dove il servizio è in mano ai comuni ecco che il costo dell’acqua è più modesto, con cifre annuali forfettarie. È il caso di Agrigento, Ravanusa, Ribera, Menfi, Santa Margherita di Belìce, dove una famiglia paga in media circa 300 euro l’anno per la fornitura idrica. Al contrario nelle città dove l’approvvigionamento idrico è gestito da Girgenti Acque (come Sciacca, Casteltermini, Grotte, Siculiana) la media del costo del servizio si aggira sui 600-700 euro l’anno: cifre che più di una volta hanno fatto registrare momenti di tensione tra i cittadini e convinto altri venti sindaci agrigentini, tra cui Montevago e Sambuca di Sicilia, a deliberare e votare in consiglio comunale la fuoriuscita dall’Ato idrico e la restituzione delle reti. Oggi a Floridia, nella provincia siracusana, un allaccio dell’acqua costa 75 euro a fronte dei 300 chiesti dalla fallita società Sai8. Uno dei tanti esempi di come gestendo in proprio il patrimonio idrico si risparmia. In provincia di Palermo a gestire le reti di 42 comuni della fallita società privata Aps, sarà la partecipata del Comune di Palermo Amap, una società pubblica che riprenderà in mano un servizio che negli anni ha prodotto sprechi e assunzioni. Nel caos della gestione idrica in Sicilia bisogna aggiungere tanti comuni, che non in possesso di reti e non avendo mai gestito l’erogazione dell’acqua, sono impossibilitati nel gestire il servizio. I sindaci ribelli, che non hanno intenzione di restituire le reti e che in questi anni hanno fatto i conti con paventati commissariamenti da parte degli uffici regionali, chiedono che l’Ars approvi una legge, che oltre all’abbassamento dei prezzi dell’acqua, lasci liberi i comuni che vogliono il servizio in house dando poi la possibilità agli altri o di consorziarsi in economia o di optare magari per la società privata. Un ddl sul servizio idrico bocciato due volte e fermo in commissione Territorio e Ambiente e su cui incombe il decreto del governo Renzi che nello Sblocca Italia prevede un gestore unico per ogni provincia. Tra la legge nazionale e la pressione dei privati, allettati dal forte giro di soldi, la Regione Siciliana rischia di mandare in aria la gestione pubblica dell’acqua. Da qui le numerose proteste di sindaci e cittadini che ieri hanno almeno fatto ripartire incommissione Ambiente, dopo oltre un anno di stop, il ddl di ripubblicizzazione del servizio idrico con l’approvazione dell’articolo 1 nel quale si riafferma il principio del ritorno alla gestione pubblica degli impianti idrici. Un primo passo in avanti che adesso necessita di un atto di coraggio del governo Crocetta e da una celere approvazione all’Ars di una legge che finalmente faccia chiarezza.

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