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Corte di giustizia europeadà ragione a Bruno contrada

Corte di giustizia europea dà ragione a Bruno contrada

Non poteva essere condannato perché i fatti contestatigli all’epoca non erano ancora chiaramente indicati come reato  LUI: "LA MIA VITA DISTRUTTA"

Di Redazione |

Bruno Contrada non doveva essere condannato per concorso esterno in associazione mafiosa perché, all’epoca dei fatti (1979-1988), il reato non «era sufficientemente chiaro».

Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani. Lo Stato italiano deve versare all’ex numero due del Sisde 10 mila euro per danni morali. Bruno Contrada si è rivolto alla Corte di Strasburgo nel luglio del 2008 affermando che – in base all’articolo 7 della Convenzione europea dei diritti umani, che stabilisce il principio «nulla pena sine lege» – non avrebbe dovuto essere condannato perché «il reato di concorso esterno in associazione di stampo mafioso è il risultato di un’evoluzione della giurisprudenza italiana posteriore all’epoca in cui lui avrebbe commesso i fatti per cui è stato condannato».

I giudici di Strasburgo, a differenza di quanto fatto da quelli italiani, gli hanno dato ragione, affermando che i tribunali nazionali, nel condannare Contrada, non hanno rispettato i principi di «non retroattività e di prevedibilità della legge penale». Nella sentenza i giudici affermano che «il reato di concorso esterno in associazione mafiosa è stato il risultato di un’evoluzione della giurisprudenza iniziata verso la fine degli anni ‘80 e consolidatasi nel 1994 e che quindi la legge non era sufficientemente chiara e prevedibile per Bruno Contrada nel momento in cui avrebbe commesso i fatti contestatigli».

La Corte di Strasburgo sostiene anche che i tribunali italiani «non hanno esaminato approfonditamente la questione della non retroattività e della prevedibilità della legge» sollevata più volte da Bruno Contrada, e che non hanno quindi risposto alla questione «se un tale reato poteva essere conosciuto da Contrada quando ha commesso i fatti imputatigli».

Contrada aveva chiesto alla Corte di accordargli 80 mila euro per danni morali, ma la Corte ha stabilito che lo Stato italiano dovrà versargliene solo 10 mila. I giudici di Strasburgo hanno respinto anche la richiesta di riconoscergli quasi 30 mila euro per le spese processuali sostenute a Strasburgo, ordinando all’Italia un risarcimento limitato a 2.500 euro.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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