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Processo trattativa, pentito in aula accusa anche Alfano e Schifani

Processo trattativa, pentito in aula accusa anche Alfano e Schifani

Carmelo D’Amico sta rispondendo in udienza alle domande del pm Di Matteo: «Tutelatemi e vi dirò tutto». Tirati in ballo Martelli, Mancino, Mannino e pezzi dello Stato

Di Redazione |

«Il ministro Angelino Alfano è stato eletto con i voti di Cosa nostra, sia ad Agrigento che in Sicilia. Poi ha voltato le spalle ai boss facendo leggi come il 41 bis le confische dei beni e Cosa nostra non ha votato più per Forza Italia». Lo ha detto nel corso della sua deposizione al processo per la trattativa tra Stato e mafia, il pentito di mafia Carmelo D’Amico. «Anche Renato Schifani – ha detto in aula – è stato eletto con i voti di Cosa nostra. All’epoca i politici hanno fatto accordi con Cosa nostra, poi quando hanno visto che tutti i collaboratori di giustizia che sapevano e non hanno parlato, si sono messi contro Cosa nostra, facendo leggi speciali, dal 41 bis alla confisca dei beni, andando in giro a dire loro erano contro Cosa nostra e che la dovevano distruggere. Io questi discorsi li ho appresi da Antonino Rotolo e da Vincenzo Galatolo in carcere».

IL PM DI MATTEO. «La condanna a morte del pm Di Matteo la volevano sia Cosa nostra che i servizi segreti, perché stava arrivando a svelare alcuni rapporti di potenti, proprio come il giudice Falcone nel ‘92». Collegato in videoconferenza il collaboratore sostiene di avere appreso del progetto di morte del magistrato da Antonino Rotolo, mentre erano detenuti in carcere dal «2012 al 2014». «I servizi segreti volevano morto prima il dottor Ingroia e poi il dottor Di Matteo – dice – Dovevano essere uccisi solo con un agguato, non con le bombe, perché Provenzano non voleva più le bombe. Dovevo essere io a fare l’agguato appena uscito dal carcere». D’Amico dice di avere ascoltato in carcere Rotolo «mentre parlava con Vincenzo Galatolo, da una cella all’altra. Il nome di Di Matteo non lo hanno mai fatto – dice oggi D’Amico – Lo chiamavano ad esempio “cane randagio”. Io chiesi a Rotolo di chi parlavano. E Rotolo mi disse che parlavano del pm Di Matteo. Diceva Rotolo che “da un momento all’altro” aspettavano la notizia che il magistrato venisse ucciso. Lo volevano morto, era già stabilito che il dottore Di Matteo dovesse morire». «Rotolo e Galatolo parlavano spesso e volentieri in carcere di Di Matteo, soprattutto quando parlavano del processo trattativa. Io poi ho avuto altri discorsi con Rotolo su Di Matteo».

I SERVIZI SEGRETI. «I servizi segreti arrivano dappertutto, siamo in pericolo sia io che lei dottore Di Matteo, sono capaci di tutto. Organizzano anche finiti suicidi in carcere. A proposito, io dico oggi che non ho nessuna volontà di suicidarmi. Godo di ottima salute. Nessuno si deve avvicinare a me – dice D’Amico – Tanti pentiti come Brusca o Giuffrè, e altri collaboratori sono in piena coscienza che i mandanti delle stragi sono i servizi segreti e i politici. Siccome sanno la potenza dei servizi segreti, non parlano perché sono spaventati. Io ho paura di tutto. Faranno di tutto per eliminarmi». MANCINO E MARTELLI DIETRO LE STRAGI. «Dopo le stragi mafiose del ‘92 politici come Mancino e Martelli si fecero sotto per trattare con Cosa nostra. I servizi segreti avviarono la trattativa e hanno indirizzato Mancino e Martelli a rivolgersi all’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, perché non ci fossero più stragi, per arrivare in altre parole a un compromesso. E Dell’Utri fece il doppio gioco. Me lo disse Antonino Rotolo». Rispondendo alle domande del pm Nino Di Matteo, D’Amico racconta: «Rotolo mi disse che Manino e l’ex ministro Martelli tramite l’ex sindaco Ciancimino fecero la trattativa. In particolare, Ciancimino si rivolse ad Antonino Cinà che era l’ambasciatore di Provenzano e Riina». E poi aggiunge: «Alla trattativa hanno partecipato anche pezzi da novanta del Ros e anche della Polizia. I servizi segreti volevano prendere il comando di tutto in Italia. Ci sono loro dietro molte stragi in Sicilia. Sono capaci di tutto». Poi racconta: «Rotolo mi disse anche che Massimo Ciancimino ha raccontato delle bugie, in particolare su quando Provenzano sarebbe andato a casa di Ciancimino». Raccontando ancora quanto avrebbe appreso dal boss Antonino Rotolo, il pentito Carmelo D’Amico ha poi spiegato: «Totò Riina non voleva accettare i contatti, poi fu convinto da Provenzano e insieme scrissero alcuni punti da proporre allo Stato, come l’alleggerimento delle normative sui sequestri dei beni». Poi D’Amico ha chiesto al Presidente della Corte d’Assise di Palermo, Alfredo Montalto di «essere tutelato». «Vi dirò tutto ma mi dovete tutelare, soprattutto la mia famiglia». ANDREOTTI. «Andreotti, con altri politici, e i servizi segreti sono i mandanti delle stragi del ‘92, di Capaci e di via D’Amelio. Me lo ha raccontato Antonino Rotolo in carcere». Lo ha detto, proseguendo la sua deposizione al processo per la trattativa Stato-mafia, il pentito Carmelo D’Amico. Il collaboratore racconta le confidenze che avrebbe ricevuto in carcere dal boss Antonino Rotolo tra il 2012 e il 2014. «Hanno deciso di uccidere Falcone perché il giudice stava per svelare i contatti tra Cosa nostra e i servizi segreti con i politici. Volevano comandare l’Italia».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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