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Colonia di un impero che non c’è più

Colonia di un impero che non c’è più

Di Domenico Tempio |

Fa rabbia nel Duemila, alla luce di quanto sta accadendo di questi tempi in Sicilia, che si debba avere la sensazione di essere periferia di un impero che poi non c’è. Ciò si poteva capire quando l’Isola veniva considerata un avamposto nel Mediterraneo dove eserciti più o meno regolari, si contendevano il possesso. Che sia terra di confine lo sapevamo da sempre. Ma oggi pensavamo di essere cresciuti e di non essere solo confine di noi stessi, ma dell’Europa intera. La guerriglia in corso nel Mediterraneo, infestato nuovamente di pirati, di trafficanti di uomini, di gente accecata da guerre di religione, ci porta vergognosamente indietro nel tempo. Riguarda, sì, migliaia di profughi che per fame o per paura scappano dai loro Paesi, ma riguarda presente e futuro della Sicilia. Fa rabbia, però, quando ti accorgi che nessuno sia in grado di alzare la voce. C’è Matteo Renzi, costretto a prendere atto delle decisioni attendiste di Obama, quando proprio da noi gli americani hanno una massiccia presenza militare come Sigonella. C’è Crocetta, il governatore delle “due Sicilie” (ora che l’Isola si è divisa per via del crollo dell’autostrada Palermo–Catania, lo si può chiamare così) che sbraita, interessato più alla lite con Faraone e con saltuari compagni di cordata, che al dramma in atto. C’è il ministro agli interni, il siciliano Angelino Alfano, più indaffarato a cercare alleanze da una regione all’altra per le imminenti elezioni, che guardare seriamente a cosa sta succedendo nella sua Terra e dintorni. Fa rabbia, davanti alle tante emergenze del giorno, vedere gente scandalizzarsi, come ha fatto l’altro giorno il neo ministro alle infrastrutture, Delrio, davanti a quella che si può considerare l’ultima emergenza: la Catania–Palermo. Il nostro giornale denuncia ciò da tempo. E sembra una beffa apprendere proprio dal presidente dimissionario dell’Anas, Pietro Ciucci (forse lo ha fatto per pulirsi la coscienza), che da anni i governi non sborsano un euro per la manutenzione. Chiedersi perché Ciucci abbia rivelato solo ora l’imminente pericolo, sarebbe inutile. Il tacere sarà certamente servito al superstipendiato boiardo per rimanere al suo posto. “Tacere e campare” è il motto di oggi. Come ha fatto per il viadotto Scorciavacche sulla Agrigento–Palermo, crollato a pochi giorni dall’inaugurazione. I pilastri erano stati poggiati su un terreno franoso. Erano inaffidabili i tecnici o sono la politica e la burocrazia a renderli inaffidabili, data la corruzione che c’è nel realizzare le opere pubbliche? Un capitolo questo che sta mandando all’aria non solo la Sicilia ma tutto il Paese. Ci sono dati statistici che mettono le mazzette (vedi, come ultimo esempio, Ischia e le cooperative rosse) tra le voci più onerose di un’opera. Fa rabbia, e in questo caso anche sorridere amaramente, quando il nuovo ministro alle infrastrutture Delrio come suo primo atto, ha fatto sapere che non saranno più realizzate opere in emergenza. Ma come si fa a dire ciò, se l’emergenza è il pane quotidiano della Sicilia? Prendi la Ragusa–Catania, che tutti i ministri succedutisi l’hanno fatta apparire e scomparire, non è un’emergenza? Oggi, ad esempio, è scomparsa. Per Matteo Renzi l’Italia è una “bella addormentata” che si sta cercando di svegliare. Si può essere anche d’accordo. Ma non crediamo che questo valga per tutto il Paese. La Sicilia per la precisione, più che addormentata è in uno stato comatoso. Bella lo è, non vi sono dubbi, però ha bisogno non di parole, e in questo Renzi è generoso, ma di potenti dosi di flebo. Fa rabbia, e lo diciamo stavolta a noi stessi, perché tutto ci scivola addosso come la pioggia quando non si ha un ombrello per ripararsi. Ci bagniamo, e ciò accade quasi sempre. Anzi, mentre in molte regioni del nord del Paese questo benedetto ombrello si nega ai migranti, che a migliaia sbarcano in Sicilia, qui, se ancora ne possediamo qualcuno, lo offriamo a chi è più bagnato di noi. Dio, forse, ci ricompenserà. Almeno in questo osiamo sperare. Anche se oggi è a rischio essere cristiani. Tra quelli che generosamente aiutiamo, c’è, purtroppo, chi prega e uccide. Lo abbiamo visto, tragicamente, l’altro giorno. Un’altra terribile emergenza che, però, stavolta viene da lontano. E riguarda tutti.

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