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Ecco le rotte dei migranti

Ecco le rotte dei migranti Uno su dieci non ce la fa

Di Fabio Russello |

La Libia, pressoché terra di nessuno, è la chiave di tutto. Perché è qui che hanno la base le più pericolose bande di trafficanti di uomini e perché è da qui che parte la quasi totalità dei barconi diretti verso la Sicilia. Ma il viaggio dei profughi eritrei, somali, etiopi o dell’Africa subshariana comincia ben prima di arrivare sulle spiagge della Sirte. Prima c’è il deserto del Sudan e del sud della Libia, la sosta a Sebha o a Kufra dove i trafficanti si scambiano – ci sono stati casi, come emerso nell’inchiesta sul naufragio di Lampedusa, di vere e proprie compravendite di profughi e addirittura di ragazze “offerte” in dono – i migranti.

Poi, a bordo di vecchi camion pieni fino all’inverosimile di persone e di quei pochi bagagli che possono portare con loro, comincia il viaggio verso le spiagge della Libia. I barconi, quasi tutti, partono dalle spiagge nei pressi di Al Zawara, a metà strada tra il confine con la Tunisia e Tripoli. C’è stato il periodo dei grossi gommoni, ora c’è quello dei pescherecci. Con i pescherecci i trafficanti guadagnano di più perché possono imbarcare più gente rispetto a quanta ne possono stipare sui gommoni.

I rischi sono enormi. Solo quest’anno, secondo le stime dell’Iom, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, c’è un morto ogni dieci migranti che sono riusciti a raggiungere le coste italiane. Il dato è tragico: quasi duemila vittime a fronte di 21mila persone che ce l’hanno fatta. L’anno scorso, secondo L le stime dell’Unhcr, l’alto commissariato dell’Onu per i rifiugiati, almeno 219mila persone hanno attraversato il Mediterraneo da sud a nord, con un bilancio di oltre 3.500 morti. Solcare con quei barconi il Canale di Sicilia è insomma molto pericoloso sia perché le imbarcazioni sono spesso fatiscenti e sia perché i trafficanti non hanno alcuno scrupolo: fare soldi (e in media ogni migrante paga almeno 2mila dollari per un posto sul barcone) è più importante della sicurezza. I flussi dipendono naturalmente dalle situazioni di tensione e di conflitto.

Fino a qualche anno fa, i profughi arrivavano per la maggior parte da Afghanistan e Iraq, ora la parte del leone la fanno la Siria, alle prese con una sanguinosa guerra civile, e tutta la fascia dell’Africa sub–sahariana, che va dall’Eritrea alla Somalia fino ai Paesi dell’Africa Occidentale. Nel caso dell’Eritrea, secondo le Ong per i diritti umani, è pressoché acclarato che i giovani preferiscono rischiare la vita tentando l’approdo in Italia anziché accettare il servizio militare che è una sorta di schiavitù che dura anni e anni. A testimoniare come sia ormai la Siria il Paese chiave per l’origine dell’emigrazione verso l’Europa c’è il numero dei richiedenti asilo di nazionalità siriana: nel 2014, secondo dati dell’Unione europea, le richieste di asilo sono state 123mila (il doppio rispetto al 2013) su 626.065 totali, pari dunque al 20% di tutte le richieste.

Il secondo gruppo, gli afghani, rappresenta il 7% del totale, mentre il terzo è rappresentato da richiedenti kosovari, quasi tutti di etnia rom. La via del mare in qualche caso ha visto anche l’opzione Alessandria, ma ormai la situazione di instabilità in Libia è un perfetto humus per il proliferare delle organizzazioni di trafficanti che non hanno alcuna difficoltà a reclutare scafisti (spesso inesperti) e nessun problema a scendere a patti con le milizie armate che dominano il territorio senza alcun controllo da parte dello Stato e che spesso chiudono un occhio o addirittura partecipano direttamente al business illegale. I siriani non devono attraversare il deserto, ma provano anche la fuga via terra sulla direttrice Giordania, Libano e poi Turchia.

Da qui c’è il tentativo di raggiungere la Bulgaria o la Grecia, anche via mare, anche perché le isole greche sono vicinissime alle coste turche. Ma c’è anche chi prova a raggiungere le coste italiane, soprattutto quelle calabresi, dopo avere superato Creta. Fino a qualche tempo fa i profughi dei Paesi a sud del Sahara tentavano anche la via della Spagna, o cercando di arrivare sulle isole Canarie, o tentando di raggiungere le due enclavi spagnole sulle coste marocchine, Ceuta e Melilla. Ma gli accordi tra Madrid e Rabat ed anche delle recinzioni invalicabili hanno diminuito drasticamente, da lì, questi flussi.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA