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Mercatone Uno, la protesta dei lavoratori a Catania e Palermo

Mercatone Uno, la protesta dei lavoratori a Catania e Palermo

Un sit-in anche a Roma davanti al ministero ello Sviluppo economico che si è impegnato a riconvocare le parti e ha preso atto della poca trasparenza dell’azienda

Di Redazione |

CATANIA – A Catania e a Palermo oggi è andata in scena la protesta dei lavoratori del Mercatone Uno, preoccupati per la decisione dell’azienda di chiudere entro la fine di aprile 34 dei suoi 80 punti vendita. Un presidio è stato organizzato nelle due città siciliane davanti alle rispettive prefetture. In Sicilia sono circa 200 i lavoratori a rischio, suddivisi tra i tre punti vendita di via Ugo La Malfa e Carini a Palermo e di Misterbianco a Catania. Un sit-in so è tenuto anche davanti al ministero del Lavoro a Roma. L’azienda italiana nel settore della distribuzione di mobili, complementi d’arredo e prodotti per la casa, ha presentato al Tribunale di Bologna domanda prenotativa di ammissione alla procedura di concordato preventivo.   Il gruppo Mercatone Uno, presente sul mercato da quasi 40 anni, conta oggi 79 punti vendita di insegna, tutti in Italia, con 3.700 dipendenti e circa 11 milioni di clienti. Nell’Isola cento dipendenti operano a Catania, 40 a Palermo e una sessantina a Carini. «Vogliamo che si aprano tavoli istituzionali – dice Marianna Flauto, segretario generale della Uiltucs Sicilia – perchè l’azienda si è rivelata poco credibile. Ha infatti avviato le procedure di dismissione delle merci in 34 punti vendita senza comunicarci nulla e senza informarci sulle intenzioni future. Tra l’altro il ministero dello Sviluppo economico aveva convocato sindacati e azienda che però un giorno prima ha detto che di essere impegnata in un consiglio di amministrazione straordinario».   Mercatone Uno aveva comunicato nei mesi scorsi di essere in difficoltà a causa «dal perdurare della crisi e dal continuo calo dei consumi particolarmente grave nel settore dei beni durevoli, che ha determinato, a partire dalla ripresa autunnale dell’attività, una costante riduzione del fatturato, il tutto aggravato dal contesto deflazionistico a cui conseguono prezzi di vendita sempre più bassi e perdita di marginalità». Il concordato preventivo serve a evitare il fallimento e garantire il proseguo delle attività. «Vogliamo evitare – aggiunge Flauto – che con la dismissione delle attività i lavoratori si ritrovino all’improvviso con i negozi chiusi».   La protesta ha ottenuto i primi risultati. Il ministero dello Sviluppo economico si è impegnato a riconvocare le parti e ha preso atto della poca trasparenza dell’azienda mentre la Prefettura, che ha visionato una lettera inviata dai lavoratori, ha subito scritto al ministero invitandolo a considerare con la massima attenzione la vicenda. La prossima settimana a Roma è previsto un nuovo incontro.

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