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Salina, isola fatata

Salina, isola fatata

Di Iria Cogliani |

Decisi e felici, si contendono scatti e sguardi, sornioneggiano dall’alto delle loro vette, e pennellano ombre sul mare. Dall’immagine di questi due vulcani spenti “gemelli” che la compongono, deriva l’antico nome l’isola di Salina: Didyme, nata 500 mila anni fa. Magia di luce e colori, profumi e umori, tra orgoglio e compiacenza gli abitanti ricordano la grande storia di questa piccola geografia (26,38 km²) con smisurata passione per la propria identità. Anzi, al plurale. Unica nelle Eolie a non ricadere nel Comune di Lipari, l’isola si stringe alla propria diversità che è bio, e infatti ha ispirato a Slow Food un modello di sviluppo e promozione, ed è anche politica, tanto che, nello spazio fatato che la compone, operano tre Comuni, tre distinte amministrazioni: Santa Marina Salina, Malfa e Leni. Isola all’ennesima potenza, ma senza gli strazi del peggiore isolamento, Salina coniuga mille anime ma rimane fedele a se stessa, e intere generazioni di visitatori e turisti hanno trascorso qui vacanze e pause, tramandandone l’abitudine a figli e nipoti. Trasmettendo, forse involontariamente, forse incautamente, un amore che non conosce stagioni. E infatti, condizioni meteo permettendo, non è solo il mare che qui si può intensamente vivere. E la parola d’ordine è proprio vivere. Visitare, soggiornare, attraversare, sono tutti verbi sbagliati. Salina non ti molla nemmeno quando sei a mille chilometri di distanza. Si dirà che questa è la caratteristica delle Eolie, e non si sbaglierebbe a dirlo, o che è caratteristica delle isole in quanto tali, e neanche in questo caso si tratterebbe di errore. Ma Salina è davvero qualcosa in più, di diverso. Per sentirlo, e per capirlo, l’unica è andarci: in inverno, in autunno, in primavera e in estate. Quando se ne ha voglia. Senza chiedersi perché. Ma se un “perché” lo si vuole trovare a tutti i costi, magari per convincere familiari restii o amici scettici, basta scegliere uno dei possibili itinerari archeologici: Portella, per l’età del Bronzo medio, villaggio preistorico di 25 capanne scavate nella roccia, scoperto per caso tracciando una strada, completo di vasellame, mensole, focolari, ceramiche e pithoi per l’acqua; Barone per le terme romane e l’impianto di salagione del pesce; Mastrognoli, per la necropoli greco-ellenistica con le sue 16 tombe a fossa scavate nel tufo; oppure Serro Perciato e Vallone Castagno, per le Grotte Saracene, utilizzate come abitazioni durante il periodo delle incursioni arabe, o Serro, Brigadiere, per l’insediamento preistorico. In alternativa si può girare semplicemente da un abitato all’altro, passando per il set di “Vulcano” o per quello de “Il postino”, o, ancora, approfittare di questa “isola verde” per arrampicarsi tra vigneti e capperi, ginestre e corbezzolo, pini marittimi e castagni secolari. E poi, naturalmente, ammirare il blu.

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