Notizie Locali


SEZIONI
Catania 15°

Con la regia di Vittorio Bonaccorso

“Finale di partita”, aspettando la fine del mondo

Sabato e domenica per Palchi DiVersi all’Ideal di Ragusa la compagnia G.o.Do.T. mette in scena "Finale di partita" di Samuel Beckett: sul palco Vittorio Bonaccorso, che firma la regia, Federica Bisegna, Giuseppe Arezzi e Giancarlo Iacono

Di Manlio Vucotich |

Il teatro dell’assurdo va in scena. Accade questo fine settimana (sabato 25 marzo alle ore 21 e domenica 26 alle ore 18) al Teatro Ideal di Ragusa dove la Compagnia G.o.D.o.T. propone un suo grande successo all’interno della rassegna teatrale Palchi DiVersi. Sarà rappresentato lo spettacolo Finale di partita, uno dei testi più noti ed emozionanti di Samuel Beckett che la compagnia teatrale, guidata da Vittorio Bonaccorso e Federica Bisegna, ripropone con grande entusiasmo.

Un’opera in un solo atto, pietra miliare del teatro dell’assurdo, con una straordinaria regia di Vittorio Bonaccorso che ha deciso di evidenziare l’interpretazione di questo capolavoro teatrale, ponendo l’accento sulla visione post-atomica o post-umanità anche se dai contorni indefiniti, come negli intenti dell’autore, in una ripetizione ossessiva dei giorni, uno uguale all’altro, che rendono insignificanti il senso della vita stessa. E’ uno dei lavori di Beckett che più di tutti rappresenta uno spaccato dei tempi in cui fu scritto, immediatamente dopo la seconda guerra mondiale, in cui tutto attorno è distruzione e devastazione e nell’autore prevale con forza la domanda sul significato dell’esistenza.

Samuel Beckett

Samuel Beckett

Una domanda attuale oggi più che mai, visto il momento che l’umanità sta vivendo in questa delicata fase dove non mancano le guerre e dove avanza l’ombra del terrorismo. Il dramma, che ha comunque momenti ironici, si svolge in un rifugio post-atomico, senza mobili. T. W. Adorno, nel suo “Tentativo di capire Finale di partita”, dice che Hamm, uno dei personaggi principali, è una deformazione del nome Amleto, il personaggio shakespeariano che per antonomasia cerca il senso di tutte le cose, come se Beckett volesse utilizzare il suo antipodo, cioè colui che non è più alla ricerca di alcun senso. In quest’opera si avrà modo di percepire tutto il tipico metateatro beckettiano in cui recitare si confonde con lo svolgere una pseudo partita di scacchi. I personaggi si ritrovano isolati in mezzo al niente. Così come i due vecchi protagonisti de Le sedie, il capolavoro di Ionesco che la compagnia G.o.D.o.T. ha portato in scena due anni fa, i quali si ritrovano anch’essi su un’isoletta (ma si capisce che fuori impera il nulla), anche i personaggi di Finale di partita hanno avuto un passato da raccontare, ma non hanno più un futuro sul quale fare progetti. C’è, come in Aspettando Godot, l’inutilità della reiterazione di domande e di risposte, ma qui l’autore sembra voler toglier ogni mezzo utile al movimento.

«Lo stato di catatonia per me è la metafora della perdita, del vuoto, proprio come i personaggi di Finale di partita – spiega il regista Vittorio Bonaccorso – rinchiusi dentro una “crisalide d’aria” dalla quale non riescono a liberarsi; cristallizzati in un tempo che non c’è più. L’interpretazione di questo capolavoro e della sua ambientazione (post-atomica? Post-umanità?) è sempre stata ambigua e mai definita dal drammaturgo irlandese. Certo è che i personaggi si ritrovano isolati in mezzo al niente. Rimane la ripetizione ossessiva dei giorni, uno uguale all’altro. Hamm non può alzarsi; Clov non può sedersi; i due anziani genitori non hanno gambe. Un lento, progressivo, angoscioso “rituale” verso l’immobilità».

Tra gli attori in scena c’è Giuseppe Arezzi, nella parte di Clov. Con i suoi 16 anni, è il più giovane Clov nella storia della rappresentazione di questa piecé teatrale. E’ il personaggio che più interagisce con l’altro personaggio protagonista, Hamm, interpretato magistralmente dallo stesso Bonaccorso. In scena anche gli attori Federica Bisegna e Giancarlo Iacono, rispettivamente Nell e Nagg, con la collaborazione di Lorenzo Pluchino alle luci e la fonica di Andrea Iozzia. Uno spettacolo in cui l’umanità è chiamata ad interrogarsi sulla sua stessa esistenza. Domande che restano attuali anche di fronte alle crisi e ai cambiamenti che la società e l’uomo stanno attraversando oggigiorno. Un palcoscenico scarno, nudo, in cui il dramma si mescola con alcuni momenti ironici, che i personaggi, soli in mezzo al niente e al nulla, vivono nell’attesa della fine del mondo.

COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA