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Francesco Cafiso: «Vittoria ha vinto la sfida del jazz»

Francesco Cafiso è tornato lunedì scorso nella sua Vittoria da Bangkok dove ha conciliato il romanticismo del viaggio di nozze con la “dura” vita del musicista globetrotter, suonando in un paio di concerti. Ad attenderlo in Sicilia il Vittoria Jazz Festival, iniziato la scorsa settimana, organizzato sin dalla prima edizione del 2008 dall’associazione Sicily Jazz Music in collaborazione col Comune di Vittoria e di cui Cafiso è direttore artistico. «Non è stato facile, io cerco di variare con le sonorità. E oggi posso dire che la piazza è sempre gremita»

Di Gianni Nicola Caracoglia |

Francesco Cafiso è tornato lunedì scorso nella sua Vittoria da Bangkok dove ha conciliato il romanticismo del viaggio di nozze con la “dura” vita del musicista globetrotter, suonando in un paio di concerti. Alessandra, la signora Cafiso è avvisata: il sax non abbandonerà mai il suo Francesco! Ad attenderli in Sicilia il Vittoria Jazz Festival, iniziato la scorsa settimana, organizzato sin dalla prima edizione del 2008 dall’associazione Sicily Jazz Music in collaborazione col Comune di Vittoria e di cui Cafiso è direttore artistico. Un festival nato quasi per gioco e che ora festeggia la decima edizione.

Yaron Herman

Il pianista israeliano Yaron Herman

«Il festival ha creato una tradizione musicale importante – commenta il 28enne sassofonista vittoriese -. All’inizio per noi è stata una sfida perché Vittoria non è una piazza facilissima da un punto di vista musicale, il jazz non era apprezzato da tutti. Attorno al festival, però, c’è stato sempre un alone di positività, di bella energia. Poi, prima per curiosità, poi perché si sono appassionati, la piazza è sempre stata gremita. Il festival, che può contare su uno zoccolo duro di intenditori, continua a crescere. E’ un festival dove il jazz è protagonista ma che vanta tante attività collaterali come mostre di pittura, scultura e fotografia, c’è il premio del Vittoria Rotary Jazz Award, che è una bella vetrina per i giovani, c’è la scuola del Vittoria Rotary Jazz School, coordinata ancora una volta da Carlo Cattano. Io mi diverto da morire, riesco a portare a Vittoria musicisti molto forti, quando posso prendo il sassofono e mi metto a suonare con loro, facciamo le jam, ci sono le marchin’ band, si respira una bella atmosfera qui a Vittoria».

Carlo CattanoCarlo Cattano

Oggi si chiude l’esperienza di quest’anno legata alla formazione (la Jazz School) e alla scoperta di nuovi talenti (il Jazz Award): tre i siciliani in gara, il trombettista niscemese Alessandro Lo Chiano, il contrabbassista palermitano Mauro Cottone e il batterista agrigentino Gabriele Russello. Anche sul fronte della line up, quest’anno Cafiso ha puntato sui giovani, a partire da Yaron Herman, pianista israeliano che suonerà venerdì alle 22 in piazza Enriquez, o il pianista spagnolo Marco Mezquida che ha suonato lunedì. «Sì, quest’anno abbiamo coinvolto giovani musicisti ma già affermati a livello internazionale. Ho cercato musicisti diversi fra loro per venire incontro alle esigenze del pubblico. A Vittoria si possono ascoltare musicisti che non vanno nel solco della tradizione del jazz come Mezquida, un musicista contaminato che spazia dal flamenco al crossover al free jazz, mentre l’israeliano Yaron Herman è in qualche modo influenzato dal suo retaggio culturale. Il jazz è un linguaggio universale che ha una forte identità ma si contamina di tanti ingredienti. Per gli amanti del jazz più puro, invece, c’è stato il pianista Antonio Faraò, fortissimo. Un appuntamento a cui tengo tanto è quello di sabato mattina, alle 11 a Palazzo di città, con il musicologo Stefano Zenni che farà una lectio magistralis su blues e immigrazioni da cui è nato il jazz. Parlerà anche delle radici siciliane nella musica afro-americana».

E come ogni anno al festival musicale si affianca una rassegna cinematografica curata da Giuseppe Gambina, il Vittoria Jazz & Blues Film Festival che dopo aver proiettato, in due parti, Let’s get lost – Perdiamoci, documentario di Bruce Webber sulla vita di Chet Baker, venerdì e domenica, sempre in due parti, proietterà Sicily Jass di Michele Cinque sulle origini sicule del jazz, nel centenario del primo disco jazz firmato dal siculo-americano Nick La Rocca. Vari gli eventi collaterali, tra i quali la presentazione del libro di Fausta Occhipinti “Per un parco agricolo in riva al mare” (Letteraventidue edizioni), in calendario domenica, alle 19, al chiostro del Convento delle grazie e il Vittoria Jazzrun, primo trofeo podistico di 10 chilometri (5 chilometri la passeggiata) con partenza domenica alle 9 da piazza del Popolo. Per le mostre, fino a domenica, Visions, linguaggi fotografici a confronto all’Antica Centrale Elettrica. Domenica, alle 11, nella Sala Maltese di via Bari 109, Pino Ninfa, Francesco Branciamore e Elio Amato presentano Two for Three fotografia in jazz.

The Black Art Jazz Collective

The Black Art Jazz Collective

Sabato sera, il palco di piazza Enriquez sarà degli americani The Black Art Jazz Collective: «E’ il jazz più black, un collettivo che si è formato a New York – commenta Cafiso -, tanta energia sul palco. Si rifanno molto alla tradizione ma allo stesso tempo sono molto innovativi». Domenica Cafiso col suo nonetto, chiuderà come da tradizione il festival suonando We play for tips. «La formazione del nonetto a me piace da morire, è di forte impatto. Suoniamo brani miei, ispirati alle mie esperienze fatte a New Orleans. Ho allargato il repertorio rispetto all’anno scorso e ci sono piccole modifiche nel gruppo che suonerà con me. Ci sono tre musicisti che fanno parte del mio quartetto attuale, Adam Pache alla batteria, Pietro Ciancaglini al contrabbasso e Mauro Schiavone al pianoforte. Poi ci sono due trombettisti molto giovani, fortissimi, il messinese Alessandro Presti e il sardo Francesco Lento (che suonerà col suo quartetto venerdì alle 18 in teatro nda), il peruviano Humberto Amesquita al trombone, che fa parte anche del mio settetto La Banda, e ai sassofoni il bolognese Marco Ferri e il catanese Sebastiano Ragusa. Siamo un bel gruppo affiatato, la musica è energica. Quest’anno poi ci sono brani nuovi e nuovi arrangiamenti e in questi giorni stiamo registrando a teatro, durante le prove, per un prossimo disco. We play for tips vuole essere una continuazione della stessa energia di Playin’ for tips che faceva parte dell’album 20 cents per note, in una formazione allargata – quello era un quartetto -, rispetto a quel disco».

Francesco Cafiso Nonet

Francesco Cafiso Nonet

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