SALUTE
Televisita e certificati di malattia: cosa cambia davvero, quando e per chi
La nuova legge di semplificazione apre alla “telecertificazione” ma chiede passaggi attuativi: ecco tempi, regole e impatti concreti per pazienti, medici e imprese
Una lavoratrice con febbre a 38,5 scorre il calendario dello studio del suo medico: tutto pieno. Dall’altra parte dello schermo, il medico di famiglia valuta sintomi, documentazione clinica nel Fascicolo Sanitario Elettronico e—se la normativa lo consentisse già—rilascerebbe un certificato di malattia senza farla uscire di casa. Non è fantascienza: con la Legge n. 182/2025 pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 3 dicembre 2025 ed efficace dal 18 dicembre 2025, la “telecertificazione” entra nell’ordinamento. Ma attenzione: non sarà disponibile da subito per tutti. La strada passa da un Accordo in Conferenza Stato-Regioni che dovrà definire “casi e modalità” d’uso. Tradotto: la svolta c’è, ma l’operatività piena arriverà solo dopo i necessari atti attuativi, verosimilmente nel corso del 2026, senza una data certa già fissata.
Che cosa prevede la legge: l’articolo chiave
Cuore della novità è l’articolo 58 della Legge 182/2025: la disposizione aggiorna il decreto legislativo 165/2001 e inserisce esplicitamente la possibilità che i dati clinici alla base del certificato di malattia siano constatati “anche indirettamente attraverso sistemi di telemedicina”. Il testo stabilisce inoltre che, su proposta del Ministero della Salute, un Accordo in Conferenza Stato-Regioni definirà i casi d’uso e le modalità concrete della telecertificazione. Fino a quel passaggio, resta valido l’obbligo di verifica clinica secondo le regole attuali. È confermato anche l’apparato sanzionatorio contro le false attestazioni: per chi rilascia o usa certificazioni false la legge richiama pene fino alla reclusione, senza differenze tra atti emessi in presenza o a distanza.
In parallelo, la stessa legge introduce un secondo tassello atteso da anni: con l’articolo 62 il medico potrà, per i pazienti con patologie croniche, indicare in ricetta ripetibile la terapia fino a un massimo di 12 mesi, con consegna scaglionata in farmacia e possibilità di sospendere o modificare la cura se necessario. Per l’operatività è previsto un decreto del Ministro della Salute, di concerto con il MEF, da adottare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge.
Perché la misura arriva adesso: il contesto (e i numeri)
La spinta alla telemedicina non nasce in un vuoto normativo. Già nel 2020, con un Accordo in Conferenza Stato-Regioni, l’Italia ha adottato le “Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni in telemedicina”, includendo televisita, teleconsulto, teleriabilitazione e telerefertazione, equiparandone la tariffazione alle prestazioni analoghe in presenza. La novità del 2025 amplia questo quadro: non solo prestazioni cliniche, ma anche il passaggio “amministrativo” del certificato di malattia viene abilitato alla modalità a distanza, entro confini di appropriatezza che saranno fissati dall’Accordo Stato-Regioni.
Il timing non è casuale. Nel solo primo semestre 2025, l’INPS ha registrato 16,5 milioni di certificati di malattia (+5% sullo stesso periodo del 2024): il 75,9% dal settore privato. Un flusso enorme che impatta su studi medici, aziende e sistema dei controlli. In questo scenario, una televisita ben regolata può ridurre code inutili, evitare spostamenti e alleggerire la pressione sui medici, mantenendo invariati i poteri di verifica dell’INPS.
Che cosa cambierà nella pratica (quando gli atti saranno pronti)
Certificato da remoto: il medico curante, dopo una verifica clinica adeguata (televisita strutturata, eventuale accesso a referti nel FSE, confronto con il paziente e—se necessario—con i caregiver), potrà rilasciare il certificato senza visita in presenza. La televisita non è una telefonata informale: è una prestazione sanitaria con requisiti tecnici, tracciabilità, consenso informato e tutela dei dati.
Stesse regole, stessi limiti: la certificazione a distanza sarà “equiparata” a quella tradizionale, ma non automaticamente sempre possibile. L’Accordo Stato-Regioni dovrà elencare i casi in cui la telecertificazione è appropriata (per esempio alcune condizioni acute ben documentabili, esiti di controlli recenti) e quelli in cui non lo è (se servono esame obiettivo, parametri non rilevabili a distanza, sospetto abuso).
Controlli INPS: nulla cambia su fasce di reperibilità e visite fiscali; l’Istituto continuerà a effettuare controlli d’ufficio o su richiesta dei datori di lavoro. Nel primo semestre 2025 le visite fiscali sono state oltre 438mila nei primi due trimestri; la digitalizzazione del processo non attenua la capacità ispettiva. Anzi, le piattaforme INPS per la richiesta e il monitoraggio delle visite di controllo sono state potenziate nel 2025.

Che cosa serve perché funzioni: tecnologia, regole e formazione
La legge rimanda all’Accordo Stato-Regioni per i “casi e modalità”. Ma l’esperienza con le precedenti linee guida indica alcuni prerequisiti chiave:
Piattaforme sicure e interoperabili: la televisita deve avvenire su strumenti conformi agli standard nazionali, integrati con il Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 e con i sistemi regionali (CUP, TS). Questo garantisce continuità di cura e tracciabilità dei dati.
Definizione dell’appropriatezza: non tutte le patologie o i quadri clinici sono idonei a una valutazione “a distanza”. L’Accordo dovrà indicare criteri clinici minimi, documentazione necessaria e indicatori di qualità. Le Indicazioni nazionali 2020 già offrono un perimetro metodologico.
Tariffe, responsabilità e consenso: per la televisita esistono regole di equiparazione tariffaria; la telecertificazione dovrà muoversi con gli stessi principi, esplicitando l’acquisizione del consenso informato, la gestione dei dati e i doveri deontologici del medico.
Competenze digitali: senza formazione di medici e personale di studio, la televista rischia di restare sulla carta. Il percorso PNRR su telemedicina e FSE 2.0 sta investendo su questo fronte, con obiettivi misurabili entro 2026.
Domande risposte (realistiche)
- È già possibile chiedere il certificato per televisita? Non ancora in via generalizzata. La Legge 182/2025 entra in vigore il 18 dicembre 2025, ma serve l’Accordo Stato-Regioni che ne definisca l’operatività. Fino ad allora restano le regole in vigore: il medico certifica dopo verifica clinica appropriata, in presenza o secondo prassi già consolidate.
- Chi decide se la mia condizione è certificabile da remoto?Il medico curante, nel rispetto dei casi e delle modalità che saranno fissati dall’Accordo Stato-Regioni. In situazioni dubbie o potenzialmente gravi, la visita in presenza resterà la via maestra.
- I controlli INPS cambiano?No. Le visite fiscali e le fasce di reperibilità restano, indipendentemente dal fatto che il certificato sia stato rilasciato in presenza o in telemedicina. Nel 2025 l’INPS ha anche aggiornato il servizio digitale per le richieste di visita di controllo da parte dei datori di lavoro.
- Quando sarà davvero operativo?La legge non fissa una scadenza. Considerati i tempi tecnici dell’Accordo e l’adeguamento dei sistemi regionali, l’attuazione piena è plausibilmente attesa nel corso del 2026, ma dipende dalle deliberazioni della Conferenza Stato-Regioni e dagli atti regionali conseguenti. Meglio parlare, per ora, di “finestra 2026”, non di una data certa.
Gli effetti attesi
Per i pazienti: riduzione di spostamenti inutili e migliore accessibilità, soprattutto per persone con patologie croniche o fragilità. La combinazione tra televisita e ricette ripetibili fino a 12 mesi può semplificare la gestione terapeutica, evitando visite di sola “carta”.
Per i medici: possibilità di dedicare più tempo ai casi complessi. La certificazione da remoto, se circoscritta a situazioni appropriate e ben documentate, può alleggerire le agende senza comprimere la qualità assistenziale.
Per le imprese: maggiore tempestività nella gestione delle assenze e dei rientri, con i consueti poteri di controllo dell’INPS. Il massiccio volume di certificazioni (16,5 milioni nel primo semestre 2025) richiede processi rapidi, tracciabili e verificabili.

Le cautele necessarie: evitare l’“effetto finestra di opportunità” per gli abusi
L’articolo 58 mantiene rigide le sanzioni per false attestazioni e richiama la responsabilità disciplinare del medico. Questo è cruciale: la telecertificazione non deve diventare scorciatoia. L’Accordo Stato-Regioni potrà prevedere audit, indicatori di appropriatezza, criteri di selezione dei casi e, se del caso, l’obbligo di passare in presenza. Sulla sponda dei controlli, l’INPS continuerà a monitorare con i propri strumenti digitali, già potenziati nel 2025.
Il tassello che mancava nel mosaico della sanità digitale
Dalla telemedicina al Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0, il percorso italiano di digitalizzazione sta accelerando grazie al PNRR. Gli obiettivi pubblici indicano che entro fine 2025 l’85% dei medici di base dovrà alimentare il FSE, e che tutte le Regioni lo adotteranno e useranno entro metà 2026; la telemedicina, inoltre, punta ad assistere oltre 200 mila pazienti entro 2025 (target rimodulato nella programmazione PNRR, con orizzonte operativo che si estende al 2026). In questo quadro, la telecertificazione è il tassello amministrativo che allinea i processi di assenza per malattia al resto dell’assistenza digitale. La sfida è una sola: trasformare la norma in pratica clinica sicura, omogenea e utile.
Ricette più lunghe per i cronici: benefici e paletti
L’articolo 62 può ridurre accessi ripetuti dal medico solo per il rinnovo di terapie ormai stabili, con rilascio di ricette ripetibili fino a 12 mesi e dispensazione mensile in farmacia. Sono previste due garanzie: il medico può sospendere o modificare la terapia in qualsiasi momento per appropriatezza prescrittiva, e un decreto ministeriale definirà modalità e limiti per evitare aggravi di spesa o uso improprio. È un cambiamento a impatto potenzialmente enorme per milioni di pazienti cronici, ma di nuovo la sua efficacia dipende dalla qualità delle regole attuative.