IL DELITTO DI CHIARA POGGI
Garlasco, perizie a confronto: cosa dicono Albani, i RIS e la possibile relazione di Cattaneo
Dalla genetica alle macchie di sangue, fino alla medicina legale: tre sguardi tecnici che possono cambiare il racconto giudiziario di Garlasco, alla vigilia dell’udienza del 18 dicembre
La luce fredda di un laboratorio e il respiro trattenuto di un’aula: il caso Garlasco torna a vibrare tra provette e planimetrie. Sotto il vetrino, una traccia che non si vede a occhio nudo; sulle pareti, la geometria di gocce fossilizzata in fotografie; nelle carte, un orario che potrebbe scivolare più avanti di quanto stabilito in sentenza. È in questo triangolo – Dna, Bpa e medicina legale – che si giocherà la partita del 18 dicembre 2025, quando l’udienza servirà a “cristallizzare” le risultanze dell’incidente probatorio. Sul tavolo della gip di Pavia, Daniela Garlaschelli, ci sono già la perizia genetica di Denise Albani e la nuova analisi delle macchie di sangue dei RIS di Cagliari. Manca, ancora, la relazione della medico legale Cristina Cattaneo, attesa a breve. Tre tasselli che promettono un confronto punto per punto su convergenze, divergenze e possibili effetti in aula.
Il calendario che incalza
- Il 13 agosto 2007 in via Pascoli a Garlasco viene uccisa Chiara Poggi, 26 anni.
- Tra giugno e dicembre 2025 si svolge un maxi incidente probatorio disposto nell’ambito della nuova inchiesta che vede indagato Andrea Sempio.
- Il 16 settembre 2025 i RIS di Cagliari depositano la loro consulenza Bpa: ricostruzione in 3D e focus sulle traiettorie delle tracce ematiche; non emergerebbe la presenza di un secondo killer.
- Il 3 dicembre 2025 viene depositata la perizia genetica di Denise Albani sulle unghie di Chiara Poggi; le parti la visionano nei giorni successivi.
- Il 18 dicembre 2025 l’udienza per fissare le risultanze scientifiche: atteso un confronto serrato tra consulenti.
Che cosa dice la perizia genetica di Albani
La relazione firmata da Denise Albani – genetista nominata dalla gip – riporta un dato che nelle scorse settimane aveva già acceso il dibattito: compatibilità tra l’aplotipo Y rilevato su porzioni di unghie repertate nel 2007 e la linea paterna della famiglia di Andrea Sempio. Gli anticipi di fine novembre parlavano di una compatibilità “elevatissima”, con riferimenti a due unghie identificate come “mdx5” e “msx1” nelle vecchie codifiche: un riscontro di filiazione maschile, non un’identificazione individuale.
Nelle righe della perizia depositata a inizio dicembre, però, c’è anche la prudenza del metodo: la dottoressa Albani chiarisce che “non è possibile stabilire con rigore scientifico” se quel Dna sia stato depositato “sopra o sotto” l’unghia, da quale dito provenga all’interno della stessa mano, né “come, quando e perché” vi sia arrivato. In altre parole, la perizia separa il dato di compatibilità – che riguarda la linea paterna – dalla ricostruzione delle modalità di trasferimento del materiale biologico: diretto, indiretto, secondario, o frutto di contaminazione. È la linea del rigore: senza “metodi validati e dati solidi”, le ipotesi sul “come” rimangono suggestioni.
C’è poi un passaggio storico non secondario: nel 2014, nel processo d’appello bis a Alberto Stasi, il Dna sotto le unghie venne considerato “non consolidato”, quindi non utilizzabile, perché scarso, degradato e non riproducibile all’analisi. Il raffronto con quell’esito di undici anni fa mostra quanto la tecnologia e l’interpretazione statistica possano aggiornare le letture, ma anche come i limiti intrinseci del reperto – vecchio, minimo, compromesso – continuino a imporre cautela.
A fare rumore, nelle ultime ore, è stata un’indiscrezione televisiva: in una puntata di “Lo Stato delle Cose”, Massimo Giletti ha evocato la presenza di “altro Dna compatibile” con la linea paterna di Sempio “su un’altra unghia non analizzata all’epoca dai RIS”. L’avvocato Liborio Cataliotti ha chiesto la fonte; il conduttore ha rivendicato la natura confidenziale dell’informazione. È una pista giornalisticamente rilevante, ma che – allo stato – resta appunto un’indiscrezione in attesa di eventuali conferme formali negli atti.
In sintesi, la perizia Albani: evidenzia una compatibilità di linea maschile con la famiglia Sempio su reperti ungueali; esclude, allo stato delle conoscenze, la possibilità di stabilire sede, dinamica e tempo della deposizione del Dna; si colloca in controtendenza rispetto al giudizio di inutilizzabilità espresso nel 2014, pur riconoscendo i limiti tecnici del campione antico e parziale.
La Bpa dei RIS di Cagliari
La seconda gamba del confronto è la Bloodstain Pattern Analysis (Bpa) condotta dai RIS di Cagliari, guidati dal tenente colonnello Andrea Berti. Il sopralluogo del 9 giugno 2025 nella villetta dei Poggi ha consentito una ricostruzione in 3D della scena, integrata da droni e laser scanner. Risultato chiave: l’analisi delle traiettorie e della morfologia delle macchie non suggerisce la presenza di un secondo assassino. Una conclusione che, se confermata nel contraddittorio, inciderebbe direttamente sull’ipotesi d’accusa dell’omicidio “in concorso”.
La relazione, lunga circa 300 pagine, ripercorre le fasi del delitto in sequenza – ingresso, primo impatto vicino al divano, un secondo episodio in prossimità del telefono fisso, la scena finale in cantina – e rivaluta alcuni elementi poco considerati in passato, come la “striscia” riconducibile a una mano sinistra in fondo alle scale. Su questo punto, la ricostruzione Bpa evita di pronunciarsi sul numero delle persone, ma la lettura complessiva delle dinamiche, secondo quanto trapelato, resta più coerente con un unico soggetto.
Due ricadute pratiche: la Bpa fornisce un tracciato temporale e spaziale delle aggressioni, utile a mettere in relazione movimenti, direzioni di fuga, altezze e posizioni del corpo della vittima. In assenza di tracce che “obblighino” all’ipotesi plurima, il principio di parsimonia investigativa rafforza la narrativa dell’azione individuale.
Tutto ciò non neutralizza il tema delle impronte e delle “minuzie” contestate tra consulenti nel corso dell’anno (si è parlato dell’“impronta 33” e di attribuzioni controverse), ma le prime campionature su fogli di acetato non hanno restituito Dna comparabile: i margini per una svolta sulle impronte, allo stato, appaiono ridotti.
La perizia attesa di Cattaneo
Il terzo vertice del triangolo è la perizia medico-legale affidata alla professoressa Cristina Cattaneo (Università degli Studi di Milano, LABANOF), chiamata dalla Procura di Pavia a “rileggere” l’autopsia, definire l’arma o le armi mai ritrovate, quantificare le lesioni e – soprattutto – lavorare sul tempo: l’ora della morte. Secondo ricostruzioni di stampa e fonti qualificate, la finestra temporale, storicamente collocata entro le 9:35, potrebbe spingersi più avanti, fino alle 11:00, secondo l’ipotesi – tutta da verificare negli atti – di un’azione in più fasi che avrebbe consentito a Chiara anche una difesa attiva. Il dato è cruciale perché l’orario ha pesato nella condanna definitiva di Alberto Stasi a 16 anni. La relazione completa non risulta ancora depositata, ma è attesa a breve e sarà il naturale contraltare della Bpa dei RIS.
Nel frattempo, un altro capitolo medico-legale è stato definito dalla Procura: il cosiddetto “Ignoto 3”, profilo Dna maschile trovato su una garza utilizzata in autopsia nel 2007. Gli accertamenti dei consulenti Carlo Previderè e Pierangela Grignani hanno evidenziato una “concordanza” con un cadavere sottoposto ad autopsia nello stesso periodo, orientando per una contaminazione in sede autoptica. La Procura lo ha reso noto il 12 agosto 2025, chiudendo così una pista potenzialmente fuorviante.
Che cosa può cambiare il 18 dicembre
L’udienza del 18 dicembre 2025 servirà a “cristallizzare” – parola d’uso tecnico processuale – le risultanze dell’incidente probatorio. Tre i punti focali: Dna alle unghie: “compatibilità” non è “identificazione”. La perizia Albani potrà essere incalzata sulle metriche statistiche e sulla robustezza del dato. Difesa e parti civili cercheranno di spingere la commissione dal terreno della “linea paterna” a quello delle implicazioni individualizzanti; ma la barriera metodologica – dove, quando, come – rimane elevata. Bpa e scena: la relazione dei RIS indica un’azione “singola”. Per l’ipotesi accusatoria del concorso, ciò richiede un contro-argomento tecnico altrettanto solido, capace di mostrare pattern o anomalie compatibili con un secondo soggetto. In assenza, la parsimonia favorisce l’idea dell’unico autore. Medico-legale e orario: se la professoressa Cattaneo offrirà elementi che dilatano la finestra dell’evento, il processo logico-giuridico dovrà misurarsi con gli effetti “a valle”: valutazione di alibi, rilettura di spostamenti, compatibilità con telefonate e accessi. È il punto più delicato, perché incrocia il peso storico della sentenza a carico di Stasi con i nuovi dati.
In definitiva, a diciotto anni da quel 13 agosto 2007, la scienza forense torna a essere il luogo dove il caso Garlasco tenta di prendersi una risposta condivisa. Non sarà una risposta semplice: lo dicono i limiti del Dna degradato, lo dicono le fotografie d’epoca, lo dicono le oscillazioni degli orari. Ma dal confronto tra Albani, RIS e Cattaneo può arrivare, se non un verdetto, almeno una cornice più nitida. E in un processo, a volte, la differenza la fa proprio la cornice.