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Il personaggio

Dalla Sicilia alla Luna, il sogno dello spazio di Emanuele Pulvirenti: «Lo sto realizzando con ago e filo»

Il 28enne ricercatore siciliano sta creando una tuta per astronauti con all’interno muscoli artificiali. E potrebbe finire sulla missione Artemis

Leandro Perrotta

15 Dicembre 2025, 12:54

13:09

Dalla Sicilia alla Luna, il sogno dello spazio di Emanuele Pulvirenti: «Lo sto realizzando con ago e filo»

Emanuele Pulvirenti (al centro) con i prototipi della sua tuta spaziale

Da Tremestieri Etneo voleva arrivare nello spazio. E perché no: alla Luna. Il sogno da 15enne di Emanuele Pulvirenti, che oggi è un ricercatore 28enne che lavora all’Università di Bristol, in Inghilterra, si potrebbe realizzare. Nel suo laboratorio chiamato Wearable soft robotics and exosuits sta infatti sperimentando una tuta che sul satellite potrebbe arrivarci. Anche se non lo porterà di persona nello spazio,

«Un sogno che sto realizzando con ago e filo - spiega Pulvirenti a La Sicilia - La mia ricerca si concentra sullo sviluppo di tute robotiche realizzate con tessuti intelligenti e attivi, progettate per mantenere la salute muscolare degli astronauti durante le missioni in ambienti a gravità ridotta, come la Luna o Marte». Si chiama R-HEXsuit, ed è un esoscheletro «soffice e leggero, a differenza di quelli già presenti sul mercato, ed è dotato di muscoli artificiali pneumatici integrati nel tessuto. Questi applicano una resistenza controllata ai movimenti per simulare l’effetto dei carichi terrestri in condizioni di microgravità», spiega il giovane ricercatore siciliano. Per gli astronauti dopo oltre 60 anni di esplorazioni, non è finora infatti stato risolto un problema pratico e molto impattante su salute e performance: quando si è al di fuori dell’atmosfera terrestre l’assenza di gravità e della pressione atmosferica sui muscoli induce un decadimento del tono muscolare. La tuta è progettata per risolvere questo annoso problema. «Nello spazio, all’interno della Stazione spaziale internazionale, si fa la cosa più ovvia, ma contemporaneamente difficile: continuo esercizio fisico».

Con il programma spaziale Artemis che dovrebbe riportare l’uomo sulla Luna «nell’arco di pochi anni, forse già prima del 2030», le chance che il dispositivo trovi spazio all’interno della missione sono alte. «Sì - conferma Pulvirenti - io credo che sia possibile: la tuta, oltre a tenere il tono muscolare, aumenta anche la forza fisica. E per andare sulla Luna, dove la gravità è solo il 16 per cento di quella terrestre, ma si indossano pesantissime tute da 80 chilogrammi, potrà aiutare anche a sopportare il carico. Direi che siamo a circa cinque anni da un prodotto finito».

La tuta - o meglio l’esoscheletro “soffice” - è composta da uno strato esterno in nylon e uno interno in materiale termoplastico ed è rafforzata in alcuni punti , come le ginocchia, in Kevlar, fibra sintetica ultraresistente. «I test condotti in laboratorio e in missioni analoghe spaziali hanno mostrato che la tuta può aumentare il dispendio energetico e l’attivazione muscolare senza alterare la naturalezza del passo», prosegue Pulvirenti. Ma c’è di più: «Questa tecnologia, nata per lo spazio, apre la strada a nuove applicazioni nella riabilitazione e nella prevenzione dell’atrofia muscolare e di altre condizioni neuromuscolari sulla Terra». Il vero goal degli studi all’interno del “Soft Robotics Research Group” a Bristol - in breve Softlab -, è del resto la creazione di dispositivi applicabili qui sul nostro pianeta. «Pensiamo agli attuali esoscheletri rigidi, già utilizzati da anni come ausilio a persone a ridotta mobilità o per il recupero fisico in particolari situazioni. Queste sono pesanti, ingombranti e impossibili da utilizzare ogni giorno facilmente. Ma soprattutto - prosegue Pulvirenti - sono costosissime: il range dei costi oscilla tra 70.000 e 200.000 sterline». Al cambio attuale, sarebbe un esborso minimo di oltre 80.000 euro «relegando questi ausilii solo a persone molto facoltose. La tuta leggera in tessuto - spiega ancora il ricercatore - potrebbe costare invece meno di 5.000 euro». Pulvirenti porta come “prova” il costo di apparecchiature e tessuti da lui utilizzati finora: «Direi che in tutto ho speso tra gli 800 e i 1.000 pound». I costi di produzione quindi lieviteranno, ma mantenendo il tutto entro cifre accessibili alla maggioranza delle persone. Anche perché, come e più che per gli astronauti, avere dei “muscoli artificiali” aggiuntivi cambierebbe la vita davvero a tanti.

«Immaginate di inserire la tuta ogni giorno come si fa con i jeans, una rivoluzione», dice con entusiasmo il 28enne inventore. «Naturalmente il costo è legato anche all’aver fatto tutto da solo». Pulvirenti non parla solo di collegamenti elettrici, servomeccanismi, complicate sessioni di programmazione e test di qualcosa di unico. «Parlo anche del lavoro di taglia e cuci: ho comprato una macchina da cucire. E ho dovuto imparare a usarla». Qui la storia si fa quasi commovente e ritorna in Sicilia: «Mi ha aiutato mia nonna. Si chiama Pasqualina, ma la chiamiamo Lina, e da giovane era una sarta. Sono tornato qui in Sicilia, a Tremestieri Etneo, per prendere lezioni da lei».

Tornare è stato anche un modo per «unire la mia ambizione, l’innovazione e la tradizione». Pulvirenti ha lasciato la Sicilia a soli 15 anni, inseguendo il sogno dello spazio: «Andavo a scuola nel mio paese, ma volevo fare il pilota di jet e poi magari andare nello spazio. Ho quindi fatto, e vinto, il concorso per l’Accademia militare Nunziatella. Lì ho però capito che la vita militare non faceva per me». Il sogno dello spazio invece è rimasto: «Al termine del’Accademia mi sono iscritto all’Università qui in Inghilterra, e qui ha Bristol ho preso anche il dottorato, per proseguire gli studi nel settore aerospaziale. Ed oggi eccomi qui, a progettare una tuta futuristica che sta suscitando tanto clamore mediatico. Tutto inaspettato, ma mi fa piacere, anche se resto concentrato sul lavoro».

Un lavoro che, negli anni a venire, potrebbe cambiare: «Vorrei fare il ricercatore tutta la vita, ma sto già pensando di creare una start-up per veicolare meglio l’invenzione sul mercato. Se andrà in porto il mio sogno, oltre allo spazio, diventerà quello di riuscire a continuare anche a fare il ricercatore», conclude Emanuele Pulvirenti.