22 dicembre 2025 - Aggiornato alle 06:59
×

L’intervento

«Facciamo tutti fronte comune per il “rilancio” delle Ciminiere»

Dall'incendio dell'auditorium un'occasione per rilanciare il sito: partecipazione civica, innovazione gestionale e ripristino rispettoso dell'opera e dell'identità urbana

Redazione Catania

22 Dicembre 2025, 03:47

«Facciamo tutti fronte comune per il “rilancio” delle Ciminiere»

L’architettura è l’esercizio di una funzione sociale con potere d’influenza psicologica per la capacità di incidere sul ben-essere degli abitanti: si può starci bene o può farci star male. “First, we shape our buildings, afterwards our buildings shape us”. Così Winston Churchill descriveva con efficace sintesi l’indissolubile influenza reciproca che lega l’individuo all’ambiente che lo circonda e la nozione dell’architettura come costruzione di habitat. In quanto tale l’architettura, la città, il territorio sono lo specchio della comunità in cui riconoscerci rafforzando il senso di appartenenza, o da cui sentirci estranei mettendoci a disagio.

Le naturali trasformazioni portate in funzione dell’abitare ci riguardano tutti, sono il nostro biglietto da visita. Lo sono sia sotto il profilo estetico che etico, aspetti complementari che riguardano l’individuo e la collettività, il pubblico e il privato: l’estetica è percezione di armonia tra noi e l’ambiente, l’etica è capacità di costruire un sano equilibrio con l’ambiente.

Questo è la ragione per cui subito dopo l’incendio dell’auditorium ho scritto a caldo “stringiamoci intorno al sindaco”, facendo appello alla comunità tutta per invitare a uno scatto d’orgoglio in un processo virtuoso di partecipazione, che è già stato avviato da Trantino formando un tavolo tecnico dove siedono i dirigenti della Città metropolitana e una compagine di rappresentanti delle istituzioni tecniche cittadine, dal Genio Civile alla Soprintendenza, dagli ordini di architetti e ingegneri all’università, col compito di collaborare alla stesura del Documento di indirizzo alla progettazione (Dip) dell’intero complesso. C’è anche da dire che i lavori del tavolo tecnico sono stati avviati prima dell’incendio, evento che per questo non ha trovato impreparati consentendo di inserire il ripristino in un processo d’intervento già avviato. Lo dimostra la tempestività del lavoro degli uffici della Città metropolitana nel mettere il sindaco in condizione di reperire risorse e avviare le procedure per il bando delle attività tecniche.

Le premesse ci sono. Per questo ho inteso impegnarmi in prima persona e dare ogni contributo possibile al “lancio” delle Ciminiere (non è rilancio perché la struttura non è mai andata a regime). Vedo le condizioni per riprendere i fili di un discorso interrotto sul nascere. Troppo spesso la costruzione viene vista lo scopo dell’architettura, è un malinteso perché la costruzione non è il fine ma il mezzo, l’architettura raggiunge forma compiuta solo con l’uso e la soddisfazione dei bisogni per cui è stata realizzata. Solo allora l’architettura raggiunge forma compiuta, ma non lo fa per sempre, lo fa fino a quando le variazioni del corpo sociale non introducono nuovi e diversi bisogni.

Eventi traumatici come quello accaduto possono essere occasione e opportunità di introdurre innovazione (politica e amministrativa, tecnica e sociale) e non solo novità (come sostituzione del vecchio con un nuovo che non è detto sia meglio). Innovazione innanzitutto gestionale, tecnico-amministrativa, che fino ad oggi non si è dimostrata all’altezza di una struttura che ha tutti i requisiti per essere investimento e non costo, com’è stato fino adesso. Quella sulle Ciminiere non è spesa ma investimento, appare infatti inverosimile che il centro non abbia prodotto fino ad oggi reddito capace non solo di coprire le spese di gestione e manutenzione, ma anche introiti aggiuntivi.

Andiamo ora al Cutulisciu, che ha catalizzato su di sé l’attenzione di tutti noi ma che è solo una parte della questione. Quello che ha preso a fuoco è la copertura, l’involucro esterno, di quello che Antonio Preti definisce un’opera d’arte, ed è in effetti un’opera di land art e un land mark come il cretto di Burri a Gibellina. Il capolavoro d’architettura ha subito danni ma non è andato distrutto, quindi va ripristinato, la grande struttura in cemento armato non appare compromessa e ha protetto la sala inferiore che non è stata danneggiata. Non solo, le poltrone sotto la tribuna della sala superiore non hanno preso fuoco dimostrando che non si è sviluppato un incendio generalizzato, quindi le temperature erano meno alte del possibile facendo ben sperare sulle condizione della struttura in cemento. Il rifacimento della copertura, degli arredi e degli impianti è intervento di manutenzione straordinaria e non di ristrutturazione. La differenza chiave è che la manutenzione straordinaria conserva la fisionomia dell’edificio, si possono rinnovare tecniche e materiali, impianti e alcune parti strutturali senza alterarne volumi o destinazione d’uso, mentre la ristrutturazione modifica radicalmente l’immobile, creando nuovi spazi, alterando volumi o destinazioni d’uso, e può comportare demolizioni e ricostruzioni. La manutenzione straordinaria si concentra sul ripristino e miglioramento, la ristrutturazione è trasformazione dell’organismo edilizio. Andranno valutate con serenità e senza pregiudizi le implementazioni di tecniche e materiali, sia quelle necessarie per adeguare il manufatto alle norme sopraggiunte dall’epoca della sua costruzione (sismiche, antincendio, prestazioni energetiche, ecc.) sia quelle di aggiornamento a sopraggiunte esigenze ma sempre nel rispetto del carattere architettonico. Per questo ritengo si debba rispettare la natura di ciottolo, che ripropone la bicromia tipica dell’architettura catanese qui non accostata ma compenetrata, con un esterno nero di pietra ricoperto di lapilli lavici e un interno bianco di luce.

(di Giovanni Leone)