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Palermo, la bellezza nascosta

Da Orlando a Carlo Conti gli eroi dell’opera dei pupi e la genialità di Antonio

Chi è il teenager fenomeno dell’albergheria

Elisa Sanflippo

23 Dicembre 2025, 01:00

Da Orlando a Carlo Conti gli eroi dell’opera dei pupi e la genialità di Antonio

Tra qualche mese l’Italia si prepara al festival di Sanremo e il nome di Carlo Conti torna a popolare serate e conversazioni. A Palermo, però, c’è già un “Carlo Conti” salito su un palco fatto di tradizione e colori: è un pupo siciliano. Ha il suo volto, la giacca e la cravatta, l’eleganza sobria che tutti conosciamo. A immaginarlo così, scolpito nei minimi dettagli e vestito con cura, è stato Antonio Tancredi Cadili, quattordici anni.

Un adolescente dagli occhi pieni di sogni, voce matura e un’intraprendenza che sorprende e ispira. Il puparo più giovane d’Italia, che vanta numerosi incontri con personalità istituzionali e figure del panorama artistico, riconoscimenti e premi, ha trasformato uno dei volti più amati della televisione in un eroe dell’opera dei pupi.

Un gesto affettuoso, certo, ma soprattutto un ponte tra due linguaggi: «Ho voluto rappresentare Carlo Conti come paladino per unire la nostra televisione a questa tradizione siciliana». Un’intuizione che tiene insieme presente e passato, la grammatica della tv e quella, altrettanto popolare, dei teatri di legno che per secoli hanno animato le sere dei siciliani, quando ogni spettacolo era una puntata di una serie infinita, 365 serate l’anno. A Conti ha scritto anche una lettera: chissà che un giorno non possa davvero nascere un incontro tra il conduttore e il suo omonimo paladino. Per comprendere da dove arrivi questa vivacità d’ingegno bisogna entrare nel suo appartamento di via Porta di Castro, nel quartiere dell’Albergheria: una casa che non somiglia a nessun’altra perchè custodisce la Camera delle Meraviglie. Qui fanno capolino pupi appesi e paladini schierati; c’è un piccolo teatro progettato da Antonio e una stanza tematica dai soffitti alti affrescati dal restauratore Franco Fazzio, che ha usato oltre cento colori in omaggio all’epica cavalleresca. In questo luogo sospeso, dove il legno profuma di storie e le tinte sembrano in movimento, Antonio è cresciuto circondato da una bellezza viva, sostenuta senza esitazione dai genitori, Valeria e Giuseppe.

Si armonizzano tradizione e innovazione: accanto a Orlando e Rinaldo compaiono anche Falcone e Borsellino. «La passione per l’opera dei pupi nasce quando avevo tre anni e mezzo, per puro caso» racconta con la naturalezza di chi ha già vissuto più dei suoi anni. «Mia mamma mi portò al Teatro dell’Opera dei Pupi. Ho visto il mio primo spettacolo, il duello fra Orlando e Rinaldo per amore della bella Angelica. Sono rimasto folgorato, innamorato». Il ricordo riaffiora vivido: «Man mano che vedevo lo spettacolo ero sempre più ammaliato dai paladini, dalle scenografie, dalle armature luccicanti, dai pennacchi. È stato un amore a prima vista». Da quel giorno, quel bambino troppo piccolo per reggere un pupo vero ha iniziato a collezionarli e a frequentare ogni pomeriggio il Teatro della famiglia Argento. «Ogni volta che guardo uno spettacolo è come fosse la prima».

Il suo racconto rallenta quando parla del presidente cinese Xi Jinping. «Un giorno ho visto al telegiornale che sarebbe venuto in Sicilia. Ho pensato che l’opera dei pupi ha un legame antico con la Cina, perché Angelica viene dal Catai. Così ho dato questo spunto all’allora presidente dell’assemblea regionale, Gianfranco Miccichè». Uno spunto nato a tavola, davanti alla TV, che diventa una telefonata, poi un invito ufficiale, quindi un momento irripetibile. «Mi sono esibito con la pazzia di Orlando. In quell’occasione il protocollo era rigidissimo, ma alla fine il presidente Xi ha rotto il protocollo e mi ha abbracciato. Sembrava un abbraccio tra due vecchi amici. Non me lo scorderò mai». Da quel gesto inatteso è nato l’invito in Cina, al festival internazionale delle Marionette di Quanzhou, dove Antonio è stato ospite d’onore. Ma, nonostante i nuovi viaggi e le successive tappe straordinarie, lui resta fedele alla sua idea centrale: «Gli eventi possono accadere o non accadere. Ma è la passione quella che ti tiene in piedi». Nel piccolo teatro di casa continua a esercitarsi: «Dopo lo studio passo lì i miei pomeriggi. I miei amici dicono che vogliono andare in camera a giocare, ma finiscono sempre nel teatrino. Vogliono toccare i paladini, capire come si tiene un pupo. Mi supportano e, a volte, mi sopportano». Quando gli chiediamo quale pupo lo rappresenti, risponde prima ancora di pensarci. «Rinaldo. È perspicace, affettuoso, altruista, spiritoso. Ha una personalità solare. Mi ci ritrovo». Il pupo preferito, però, è un altro: «Astolfo. Per l’armatura, per il giallo del pennacchio, che è il mio colore preferito, e per le sue avventure». Che cosa sia per lui la bellezza lo spiega con limpidezza: «La bellezza è in tutto, se vediamo il bicchiere mezzo pieno. Può essere la luna, il tramonto, una persona, un oggetto. Ma la bellezza più pura è quella interiore: la bellezza di realizzare un obiettivo, di riuscire a fare qualcosa che prima non sapevi fare grazie al duro lavoro». In quella stanza dei pupi, tra armature lucenti e fili sottili, Palermo custodisce una delle sue bellezze più nascoste: un ragazzo capace di unire tradizione e futuro senza perdere la leggerezza dei quattordici anni, anzi quindici a dicembre. Antonio Tancredi Cadili non tira soltanto i fili dei suoi pupi: costruisce legami, avvicina linguaggi apparentamenti lontani.