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la bellezza nascosta

La Cueva: laboratorio di vita e speranza a Palermo

Un appartamento diventato un luogo di accoglienza, riflessione e crescita: ogni incontro diventa un passo verso il mondo

Elisa Sanflippo

24 Dicembre 2025, 12:00

La Cueva: laboratorio di vita e speranza a Palermo

C’è un luogo, nel cuore di Palermo, dove i giovani cercano qualcosa e spesso trovano molto di più. Si chiama La Cueva, un appartamento di circa 300 metri quadrati in via Isidoro La Lumia, trasformato dai gesuiti in uno spazio che accoglie, rigenera e orienta.

Non è un centro giovanile, né un ostello o una casa comunitaria: è un laboratorio di vita, dove cene affollate, meditazione, coworking e incontri inattesi diventano occasioni per pensare, scegliere e crescere. Il nome lo hanno scelto i ragazzi, quando tutto era ancora in divenire.

«La Cueva, la grotta»: una parola che incuriosisce, resta addosso, invita a chiedere. «Io avrei preferito qualcosa di più siciliano, tipo Amunì» sorride padre Francesco Cavallini, responsabile del progetto. «Ma La Cueva ha messo d’accordo tutti: rimanda al rifugio, all’interiorità, alla possibilità di fare un percorso e poi uscire alla luce». Come nel mito della caverna di Platone, si entra per riconoscere le ombre e si esce per cercare la vita autentica. Anche Sant’Ignazio di Loyola trascorse un anno decisivo nella grotta di Manresa. «Per noi gesuiti la grotta è il luogo delle intuizioni migliori» spiega Cavallini. «E La Cueva vuole essere questo: un posto dove hai intuizioni per la tua vita che poi vivi fuori, non qui dentro».

Gli spazi parlano un linguaggio tutto loro. Sulle pareti compaiono una scacchiera, un labirinto medievale, una conchiglia che richiama il Cammino di Santiago, simboli del discernimento: la scacchiera, perché prima di muoverti devi conoscere chi sei; il labirinto, perché per trovare l’uscita devi prima fermarti e guardarti dentro. Stanze diverse, ognuna con una vocazione: la sala social, animata da canzoni improvvisate e sorrisi; il grande salone delle cene e degli incontri; la sala coworking, rifugio di studenti e giovani professionisti; la stanza del silenzio, affacciata su un cortile interno, lontana dal frastuono. Tutto è essenziale, semplice, vissuto. Mobili ricavati da pezzi recuperati dai ragazzi del centro Astalli, un forno donato da un ospite di passaggio, pentole dal mercato dell’Albergheria, altri arredi costruiti a mano. «Ci piace l’idea che dalle cose scartate nascano nuove possibilità», raccontano i ragazzi.

Accanto a loro, presenze preziose come Anna, Grazia, Elvira, Teresa e Ugo, che tengono insieme il respiro delle giornate. La vita segue un ritmo proprio: il lunedì è dedicato alla Parola di Dio, il martedì agli universitari con cena condivisa, il giovedì ai giovani over 26, il mercoledì alla “cena delle buone idee” con ospiti e storie diverse. «Da Fiammetta Borsellino agli attivisti del collettivo Rewild, da operatori sociali ad artisti e antropologi» racconta padre Francesco, «questi incontri alimentano nei giovani un desiderio di impegno civico e riflessione sulla propria vita».

Tra le iniziative spontanee, un corso di acquerello auto-organizzato. Attività esterne: meditazione guidata, trekking, esercizi spirituali in barca a vela, simposi autogestiti, teatro, giornate di formazione con realtà da tutta Italia. La Cueva, nelle ore mattutine, è un coworking informale che impedisce l’isolamento e favorisce un ritmo condiviso. C’è anche l’ospitalità: venti posti letto per scout, gruppi parrocchiali, studenti e realtà di altre regioni. Ma anche un rifugio per chi attraversa un momento delicato: una dottoranda arrivata da poco, un ragazzo senza casa. «Abbiamo ospitato due sorelle ucraine fuggite da Kherson, un ragazzo sudcoreano, studenti senza risorse per un doppio affitto», ricorda Cavallini. Un’accoglienza discreta, autogestita, basata su qualche offerta e il sostegno di adulti. La Cueva non si chiude, non si specializza, non seleziona. Collabora con associazioni, dialoga con realtà giovanili, si intreccia con esperienze diverse. Sera dopo sera, questo spazio diventa un orizzonte possibile: un posto dove qualcuno ascolta senza giudicare, dove puoi fermarti o ripartire, dove scegliere è un atto di coraggio.