25 dicembre 2025 - Aggiornato alle 16:50
×

come fare

“Smetto e non ingrasso”: guida pratica e scientifica per smettere di fumare senza ritrovarsi con 5 chili in più

Tra metabolismo che cambia, voglie di “junk food” e strategie intelligenti: cosa succede davvero quando spegni l’ultima sigaretta e come tenere il peso sotto controllo senza tornare indietro

Redazione La Sicilia

25 Dicembre 2025, 15:07

“Smetto e non ingrasso”: guida pratica e scientifica per smettere di fumare senza ritrovarsi con 5 chili in più

Immagina questa scena: sono le 7:32 di un lunedì qualunque, la sveglia suona, e tu, per la prima volta dopo anni, non accendi la sigaretta del mattino. È un gesto minuscolo ma rivoluzionario. Dopo poche ore, la tua frequenza cardiaca scende; dopo 12 ore, la carbossiemoglobina torna a livelli normali; dopo 1-2 anni, il rischio di infarto crolla nettamente. Ma intanto, già nel pomeriggio, potresti avvertire una fame “strana”: più voglia di snack dolci o salati, una mano che corre automaticamente verso il distributore. È davvero inevitabile prendere peso quando si smette di fumare? La risposta breve è no. La risposta utile è: capendo cosa accade al corpo (e alla mente) e adottando strategie mirate, si può smettere senza “pagare” con la bilancia.

Perché il fumo “tiene giù” il peso: il doppio effetto della nicotina

La nicotina esercita due azioni chiave: da un lato attenua l’appetito, dall’altro aumenta il dispendio energetico. Sul secondo punto abbiamo numeri robusti: in un classico studio condotto in camera metabolica su fumatori che consumavano 24 sigarette al giorno, il dispendio energetico giornaliero è salito di circa 215 kcal rispetto a quando non fumavano. Tradotto “a spanne”: intorno a 9–10 kcal per sigaretta. Altri studi sperimentali mostrano incrementi del metabolismo basale di circa +6% dopo somministrazione di nicotina, e aumenti della spesa energetica media del +5–7% in finestre di osservazione di 2 ore. Sono effetti transitori, ma reali: quando si smette, questo “bonus calorico” scompare.

Sul fronte dell’appetito, la nicotina interagisce con circuiti neurobiologici che modulano la fame e la ricompensa. Non stupisce che alla sospensione compaiano voglie più intense per cibi ad alta densità energetica. Qui entra in scena uno studio dell’Università del Minnesota: durante 24 ore di astinenza da nicotina, i fumatori hanno consumato più calorie e hanno preferito snack ricchi di zuccheri e grassi; l’antagonista oppioide naltrexone (50 mg) ha ridotto questa preferenza, “normalizzando” l’introito calorico a livelli simili ai non fumatori. Si tratta di un’evidenza di laboratorio, non di una raccomandazione clinica generalizzabile, ma ci dice molto su un meccanismo biologico concreto: il ruolo del sistema oppioide endogeno nelle spinte verso il “junk food” in astinenza.

Quanti chili si prendono davvero dopo aver smesso? Le cifre corrette (e le differenze tra persone)

Un’ampia meta‑analisi su 62 studi ha misurato con precisione quanto peso si guadagna nei 12 mesi successivi alla cessazione (senza strumenti farmacologici specifici per il peso): in media circa 4–5 kg a un anno, con gran parte dell’aumento concentrato nei primi 3 mesi. Ma la media nasconde una variabilità enorme: a 12 mesi, circa 16–21% delle persone perde peso; 35–38% guadagna meno di 5 kg; 29–34% mette su 5–10 kg; 13–14% supera i 10 kg. Dunque, non solo non ingrassano tutti: una quota significativa — grossomodo 1 su 3 — non aumenta in modo rilevante, e qualcuno dimagrisce. I dati più datati parlavano di +2–3 kg, ma le stime moderne sono leggermente superiori. La realtà, però, è sfumata: molti mantengono il peso o lo aumentano di 2–4 kg, altri salgono oltre. Conoscere questa distribuzione aiuta a tarare aspettative realistiche e a evitare paure sproporzionate.

Tenere insieme salute e bilancia: perché smettere conviene comunque, sempre

Anche quando un lieve aumento di peso si verifica, i benefici cardiovascolari della cessazione sono immediati e sostanziali. Dopo 1–2 anni, il rischio di infarto cala sensibilmente; tra 3 e 6 anni, il rischio di coronopatia si dimezza; entro 5–10 anni, diminuisce anche il rischio di ictus; a 15 anni, il rischio di malattia coronarica si avvicina a quello di chi non ha mai fumato. La bilancia non può oscurare queste curve di rischio. È una prospettiva clinica non negoziabile.

Strategie che funzionano (davvero) per non ingrassare quando si smette

Gestire la settimana “critica” e i primi 90 giorni

Pianifica in anticipo una “settimana cuscinetto” con pasti semplici, sazietà elevata e snack “intelligenti” a portata di mano. I primi 7–14 giorni sono i più turbolenti per craving e fame “emotiva”.

Ricorda che gran parte dell’aumento medio si concentra nei primi 3 mesi: intervenire presto ha il massimo rendimento.

Sazietà prima di tutto: proteine, fibre, densità energetica

Imposta ogni pasto su una base di proteine magre (20–30 g a pasto) e fibre (8–10 g a pasto), che prolungano la sazietà e riducono la probabilità di “spizzicare” dolci e snack. Concetti chiave: alimenti a bassa densità energetica (verdure, frutta intera, legumi, zuppe brodose, cereali integrali cotti) e idratazione costante.

Prima regola anti‑“junk food”: non arrivare mai famato allo stimolo. Prevedi uno spuntino “alto volume, basso costo calorico” prima delle situazioni a rischio (riunioni lunghe, spostamenti, attese).

Attenzione a zuccheri liquidi e alcol: “rubano” calorie senza sazietà e possono sommare centinaia di kcal settimanali senza che te ne accorga.

(Questi sono principi consolidati di educazione alimentare; non sostituiscono una visita con un professionista.)

Nicotina sì, ma “pulita”: NRT per spezzare i picchi di fame

Le terapie sostitutive della nicotina (NRT: cerotti, gomme, pastiglie, spray) sono efficaci per smettere e possono attenuare l’aumento di peso nei primi mesi. L’effetto di “contenimento” sembra modesto a 12 mesi, ma spesso è sufficiente per superare il tratto iniziale, quando si concentra la maggior parte del rischio di incremento ponderale.

Farmaci per smettere e peso: cosa dicono gli studi

Bupropione: tra i farmaci approvati per la cessazione, è quello con più segnali di attenuazione del guadagno ponderale nel breve termine; la differenza media alla fine del trattamento è nell’ordine di −0,5–0,8 kg rispetto ad altri o a placebo. L’effetto tende ad attenuarsi nel lungo periodo.

Vareniclina: molto efficace per smettere; sull’aumento di peso le differenze rispetto ad altre strategie sono piccole o nulle nel lungo termine.

Naltrexone: nello studio di astinenza acuta dell’Università del Minnesota, una dose unica (50 mg) ha ridotto la preferenza per snack ad alta densità energetica; non è tuttavia una terapia standard per prevenire il guadagno ponderale post‑cessazione. La sua eventuale utilità clinica richiede protocolli e indicazioni chiare, non estrapolazioni. Parlane con il medico, soprattutto in presenza di comorbilità o terapie concomitanti.

Un punto fondamentale emerso dalle revisioni sistematiche: puntare tutto su programmi di “controllo del peso” generici durante il tentativo di smettere può, talvolta, ridurre le probabilità di astinenza; meglio interventi personalizzati, integrati e graduali, e considerare l’esercizio come alleato soprattutto sul lungo periodo.

5) Muoversi con metodo: perché l’attività fisica aiuta (anche se non “abbatte” subito i chili)

Le prove cliniche indicano che l’esercizio non sempre limita i chili nel brevissimo termine, ma può favorire un miglior controllo del peso nel follow‑up lungo, ridurre ansia, irritabilità e tensione tipiche dell’astinenza e, soprattutto, migliorare il tono dell’umore e la qualità del sonno. Suggerimenti pratici:

Nei primi 14 giorni, programma mini‑sessioni da 10–15 minuti (camminata svelta, scale, circuiti a corpo libero) 2–3 volte al giorno per “spezzare” i picchi di craving.

Dopo il primo mese, costruisci una routine combinata: 150–210 minuti settimanali di attività aerobica moderata + 2 sedute di forza (che aiutano a preservare massa magra e metabolismo).

Capire le “voglie” da astinenza: non è solo forza di volontà

Lo studio del team guidato da Mustafa al’Absi all’Università del Minnesota chiarisce un aspetto che spesso sottovalutiamo: durante l’astinenza dal tabacco, il sistema oppioide endogeno spinge verso cibi ad alta ricompensa (grassi e zuccheri). Non è “debolezza”: è neurobiologia. La buona notizia è che si può “bypassare” questa spinta organizzando l’ambiente alimentare, anticipando gli stimoli e scegliendo alternative ad alta sazietà. Tenere in casa snack ultra‑palatabili in questa fase è come lasciare le chiavi dell’auto a un neopatentato in pista bagnata.

Domande frequenti, risposte oneste

“È vero che smettere fa sempre ingrassare?”

No. La media a 12 mesi è 4–5 kg, ma circa 1 persona su 3 non prende peso in modo significativo e fino a 1 su 5 addirittura dimagrisce. La variabilità individuale è ampia e dipende da appetito, pattern alimentari, attività fisica, genetica e strategie adottate nelle prime settimane.

“Le sigarette mi ‘bruciavano’ davvero calorie?”

Sì, ma a caro prezzo per la salute: in condizioni controllate, fumare 24 sigarette ha aumentato il dispendio di circa 215 kcal/24h (circa 9 kcal a sigaretta). Un “vantaggio” metabolico che non compensa i danni cardiovascolari e oncologici del fumo.

“Se ho paura di ingrassare, dovrei rimandare la data X per smettere?”

No. La priorità clinica è smettere: i benefici su cuore, vasi e polmoni superano di gran lunga il rischio di qualche chilo in più. Pianifica però, insieme al team sanitario, un piano alimentare e un supporto farmacologico adeguati.

“Quale farmaco aiuta di più a non ingrassare?”

Per il controllo del peso a breve termine, il bupropione mostra un piccolo vantaggio medio (circa −0,5–0,8 kg a fine trattamento). NRT e vareniclina sono centrali per smettere, ma incidono poco sul peso a lungo termine; l’esercizio aiuta più nel follow‑up. La scelta va personalizzata considerando controindicazioni e preferenze.

“Ha senso usare il naltrexone per le voglie di junk food?”

Lo studio sperimentale suggerisce un effetto sull’introito calorico durante 24 ore di astinenza, ma non è una terapia standard per prevenire il guadagno ponderale post‑cessazione. Se ne parla caso per caso col medico, in contesti specifici e con attenta valutazione clinica.

Un percorso in 5 mosse per smettere e tenere il peso sotto controllo

Definisci una data di stop e un “kit” di supporto: NRT combinata (cerotto + forma a rapido rilascio), o bupropione/vareniclina se indicati; bottiglia d’acqua sempre con te; snack “salva‑craving” a basso indice calorico già pronti.

Blocca i “primi 15 minuti” del craving: camminata veloce, esercizi a corpo libero, tè caldo, respirazione 4‑7‑8, passata di verdure/zuppa o yogurt greco con frutta: l’obiettivo è far passare l’onda.

Struttura i pasti su piatto bilanciato: metà verdure; un quarto proteine magre; un quarto cereali integrali; aggiungi grassi buoni (olio EVO, frutta secca in porzioni controllate).

Programma l’attività fisica come appuntamento: stesso orario, giorni fissi. Piccoli step quotidiani (scale, pause attive) contano quanto la palestra.

Monitora senza ossessioni: una pesata a settimana, alla stessa ora, per cogliere la tendenza. Se in 4–6 settimane il peso sale oltre 1–2 kg, ritarare subito dieta, porzioni e attività.

Il punto clinico che non possiamo dimenticare

La paura di ingrassare è uno dei motivi più citati per rimandare o interrompere un tentativo di cessazione. Ma i dati di salute pubblica sono inequivocabili: smettere riduce rapidamente il rischio di malattie cardiovascolari, abbassa gli indici di infiammazione, migliora il profilo lipidico e, nel tempo, abbassa il rischio di ictus e di numerosi tumori. Nessun aumento di peso moderato può avvicinarsi, per impatto sulla salute, al danno evitato spegnendo l’ultima sigaretta. Il compito del giornalismo sanitario — e della medicina — è aiutare le persone a smettere senza cadere nei due errori uguali e opposti: minimizzare il tema “peso” o usarlo per spaventare. Servono informazioni accurate, strumenti pratici e supporto personalizzato.