salute
Influenza, l’ondata di dicembre accelera: ecco perché i casi corrono (e come proteggersi davvero)
Dalla corsa dei contagi alla “variante K”: i numeri reali, cosa aspettarsi nelle prossime settimane e le mosse concrete per famiglie, scuole e anziani
Nella settimana tra il 15 e il 21 dicembre, l’incidenza delle infezioni respiratorie acute è balzata da 14,7 a 17,1 casi ogni 1.000 assistiti, con circa 950.000 nuovi contagi stimati e un dato che colpisce più di tutti: tra i bambini 0-4 anni l’incidenza ha toccato quota 50 su 1.000. È il segnale che la curva è matura, prossima al picco, ma anche che il carico assistenziale – domicilio, ambulatori, pronto soccorso – è già qui. Lo confermano le ultime elaborazioni del sistema di sorveglianza integrata RespiVirNet dell’Istituto Superiore di Sanità.
Una stagione partita in anticipo, con numeri da tenere d’occhio
La dinamica 2025-2026 si è accesa presto: la crescita è evidente da novembre e si è fatta più ripida a dicembre. Il monitoraggio RespiVirNet ha segnalato già nella settimana 8-14 dicembre un’incidenza totale di 14,7/1.000 e un forte coinvolgimento dei più piccoli (42/1.000 nella fascia 0-4). L’aggiornamento della settimana successiva porta l’incidenza a 17,1/1.000 e i 950mila nuovi casi, confermando l’accelerazione. Un dettaglio importante per chi confronta i grafici con gli anni scorsi: dalla stagione in corso la sorveglianza nazionale usa la definizione europea di ARI – infezioni respiratorie acute, non più la sola ILI – sindromi simil-influenzali; per questo i raffronti anno su anno richiedono cautela.
Sul piano territoriale si osservano differenze regionali, con indici sopra la media in alcune aree del Nord e del Sud già dalla settimana 6-12 dicembre; un segnale che la circolazione virale è disomogenea e che le onde locali possono anticipare o ritardare il picco nazionale. In parallelo, tra i virus in gioco, oltre all’influenza aumentano i Rhinovirus e i Parainfluenzali, che contribuiscono all’incidenza complessiva delle ARI.
Bambini, il fronte caldo: perché 0-4 anni pagano il prezzo più alto
Che i bambini in età prescolare trainino i contagi non è una novità, ma quest’anno il divario con gli adulti è marcato. La soglia di 50/1.000 nei 0-4 anni – rilevata nella settimana del 15-21 dicembre – racconta tre fatti sanitari da considerare: i piccoli hanno una minore memoria immunitaria verso i ceppi influenzali circolanti; frequentano ambienti ad alta densità sociale (nidi, scuole dell’infanzia) con scarsa possibilità di distanziamento; sono spesso coinfettati da più virus respiratori, una co-circolazione che aumenta contagiosità e durata dei sintomi.
Non stupisce che i pediatri rilancino la prevenzione: Società Italiana di Pediatria (SIP) e FIMP ricordano che “ogni anno 1 bambino su 4” si ammala d’influenza e che l’uso improprio di antibiotici nelle forme virali è un boomerang, tra effetti collaterali e resistenze. Per i più piccoli, il vaccino (intranasale dai 6 mesi ai 6 anni nei candidati eleggibili, o in formulazione iniettabile secondo l’età e le indicazioni cliniche) resta l’arma più efficace per ridurre complicanze e contagiosità.
Che cos’è la “variante K” e perché se ne parla tanto
Nel lessico quotidiano è entrata di forza la cosiddetta “variante K” dell’A(H3N2), un sottoclade che i laboratori stanno osservando dall’estate 2025. La sua caratteristica principale è la maggiore trasmissibilità: il virus si diffonde più facilmente, contribuendo all’ondata precoce. Fin qui, tuttavia, i dati epidemiologici disponibili non indicano un aumento della severità clinica rispetto all’influenza stagionale “classica”. Sulle vaccinazioni, gli specialisti mantengono una posizione netta: nonostante il possibile “mismatch” antigenico, i vaccini attuali continuano a offrire una protezione significativa contro gli esiti gravi e le ospedalizzazioni; le stime preliminari europee e britanniche segnalano un’efficacia maggiore nei bambini (anche grazie al vaccino intranasale) e più variabile negli adulti, ma comunque utile nella riduzione delle complicanze.
Le parole dell’ISS: “ci avviciniamo al picco”
Dalle dichiarazioni del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità trapela un cauto ottimismo: l’ondata è “matura” e il picco dovrebbe collocarsi a cavallo tra fine anno e le prime settimane di gennaio, con aspettabile circolazione sostenuta nelle settimane festive e nella riapertura delle scuole. In parallelo, la raccomandazione è di non abbassare la guardia su aerazione dei locali, igiene delle mani ed etichetta respiratoria.
Vaccino: chi deve farlo adesso (e cosa aspettarsi)
La Circolare ministeriale del 25 luglio 2025 ribadisce che la vaccinazione antinfluenzale è raccomandata e offerta gratuitamente a over 60, donne in gravidanza, bambini dai 6 mesi (con specifiche indicazioni regionali), operatori sanitari e persone con patologie croniche a rischio di complicanze. L’obiettivo minimo è raggiungere il 75% di copertura nelle popolazioni fragili, partendo da ottobre ma proseguendo per tutta la stagione: vaccinarsi anche a dicembre-gennaio ha senso, perché la protezione matura in circa due settimane e il virus continuerà a circolare per mesi. Per chi lo desidera, è possibile la co-somministrazione con il vaccino anti-Covid aggiornato.
Quanto alla “variante K”, le autorità sanitarie invitano alla misura: gli attuali vaccini – aggiornati su raccomandazioni OMS per la stagione 2025-2026 – potrebbero essere meno “centrati” antigenicamente sull’H3N2 sottoclade K, ma restano cruciali nel prevenire le forme gravi e porre un argine agli accessi ospedalieri. Nei bambini l’efficacia documentata nelle scorse stagioni è stata elevata, specie con il vaccino intranasale; negli adulti può essere più modesta ma clinicamente rilevante, specie se combinata con antivirali precoci nei casi eleggibili.
“Triade” invernale: influenza, Rhinovirus, altri virus respiratori
Un tratto distintivo di quest’anno è la dinamicità della co-circolazione: i laboratori RespiVirNet segnalano, oltre all’influenza, una presenza consistente di Rhinovirus e Parainfluenzali nella comunità e, in ospedale, anche di Coronavirus umani diversi da SARS-CoV-2. Questo scenario spiega perché le ARI restino alte anche quando la sola influenza si stabilizza, e perché spesso i pazienti – bimbi e anziani in testa – sembrino “non guarire mai del tutto” o avere ricadute: non è la stessa infezione che dura settimane, sono probabilmente episodi ravvicinati di diversa origine virale.
Che inverno ci attende: il quadro fino a gennaio
Che cosa aspettarsi adesso? I segnali convergono su un picco vicino. Le Feste – con ambienti chiusi, contatti prolungati e viaggi – possono alimentare ancora la circolazione; la riapertura delle scuole a inizio gennaio agisce spesso come acceleratore finale prima della discesa. Lo schema visto nel 2024-2025 – picco nella quarta settimana dell’anno e graduale calo a febbraio – è una bussola plausibile, pur con la novità della definizione ARI e la diversa composizione virale di questa stagione.