il fatto
Riserva Biviere di Gela: questa volta si bonifica davvero o sarà l'ennesimo bluff?
La Regione affida la progettazione esecutiva dell’intervento sul sito orfano ma gli ambientalisti nutrono dubbi
La Regione affida, con una spesa di 69 mila euro, a una ditta esterna la progettazione esecutiva e la direzione dei lavori della fase due degli interventi previsti sul lago Biviere, uno dei sette siti orfani della Sicilia per i quali lo Stato interviene con fondi propri perché i responsabili non sono individuati.
Al Biviere sono destinati 25 mila euro e, mentre è già stata avviata la fase di caratterizzazione con ulteriori indagini integrative, resta aperta la domanda che da decenni accompagna questo luogo: si farà mai una vera bonifica capace di salvare una zona umida di prestigio internazionale, habitat di una straordinaria varietà di specie animali e vegetali?
La riserva del Biviere era stata inserita già nel 1995 nel piano di risanamento ambientale per Gela, quando era noto che l’area fosse contaminata da metalli pesanti e rifiuti industriali, ma da allora nulla è realmente cambiato.
L’inserimento del sito tra quelli orfani nel 2024 rappresenta l’ennesima promessa istituzionale, mentre i fondi del Pnrr prevedono soltanto la bonifica del suolo a contatto diretto con i rifiuti abbandonati, in gran parte plastiche bruciate illegalmente dai serricoltori.
Secondo Emilio Giudice, direttore della riserva, la semplice rimozione dei rifiuti non sarà sufficiente a risanare l’ecosistema.
Dopo trent’anni di attesa, le nuove attenzioni rischiano di non tradursi in un intervento radicale ed efficace: per gli ambientalisti non basta eliminare le sostanze inquinanti presenti nel lago, serve un’azione decisiva che affronti anche l’inquinamento proveniente dagli impianti serricoli limitrofi, una richiesta avanzata dall’ente gestore da oltre tre decenni.
I problemi restano gli stessi: carenza idrica, degrado degli ambienti naturali, discariche abusive e abbandono di rifiuti plastici provenienti dalle serre.
Eppure i dati che confermano l’esistenza di un vero e proprio “allarme Biviere” non mancano. Fin dalle prime indagini del 2002 sono state rilevate nei suoli e nelle falde sostanze inquinanti come idrocarburi, metalli pesanti e composti inorganici, spesso oltre le soglie di legge, contaminanti che possono risultare tossici, cancerogeni o persistenti, accumulandosi nei tessuti umani e animali e danneggiando gli ecosistemi.
Nonostante qualche miglioramento, il lago non ha mai raggiunto uno stato ecologico o chimico definibile “buono”.
Nell’ultimo monitoraggio condotto da Arpa Sicilia tra il 2020 e il 2022 sono stati rilevati valori oltre i limiti per mercurio, arsenico e cipermetrina, un insetticida che, pur non essendo classificato come estremamente tossico dall’Oms, presenta rischi significativi.
L’Agenzia ha inoltre registrato elevate concentrazioni di fosforo, imputate all’uso intensivo di fertilizzanti nelle serre e nei tre allevamenti zootecnici che circondano la riserva, un eccesso che può provocare eutrofizzazione, favorendo la proliferazione di alghe che impoveriscono l’acqua di ossigeno e mettono in pericolo le specie acquatiche.
A tutto ciò si aggiunge l’eredità di mezzo secolo di attività del vicino sito petrolchimico.
Oggi il Biviere attende di essere salvato e sul tappeto c’è il forte dubbio avanzato dagli ambientalisti che gli interventi messi in campo come sito orfano siano solo dei palliativi.