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SICILIANS

Gaetano Indomenico: «Io, floridiano, oggi costruisco i sogni degli americani». Ma arrivò negli States solo con una manicola

La sua storia è quella di un uomo che ha attraversato oceani senza perdere se stesso trasformando sacrificio e lavoro in un sogno concreto e duraturo, mattone dopo mattone, giorno dopo giorno

Massimo Leotta

31 Dicembre 2025, 12:22

Gaetano Indomenico: «Io, floridiano, oggi costruisco i sogni degli americani». Ma arrivò negli States solo con una manicola

Quando Gaetano Indomenico arrivò negli Stati Uniti aveva poche certezze e quasi nulla in tasca. «Avevo appena 36 dollari», ricorda ancora oggi, con una lucidità che non ha perso forza con il passare degli anni. Troppo pochi anche solo per immaginare di noleggiare un furgone per trasportare quel poco che aveva portato con sé da Floridia. «I soldi non bastavano nemmeno per affittare un camion: arrivammo in nave e cominciammo così».

È da quel dettaglio, apparentemente marginale, che prende forma una storia che è al tempo stesso comune e straordinaria, simile a migliaia di altre eppure unica nel suo percorso. Gaetano era uno dei tanti emigrati italiani partiti dalla Sicilia alla fine degli anni Sessanta, spinti dalla necessità ma anche da una speranza ostinata. Un viaggio senza garanzie, senza promesse, senza certezze. «Volevo semplicemente raggiungere mio zio Rosario Failla», racconta oggi, quasi minimizzando una scelta che avrebbe cambiato radicalmente il corso della sua vita. Non c’erano piani strategici, né visioni imprenditoriali: c’era solo il desiderio di lavorare, di costruire qualcosa, di offrire un futuro a una famiglia che ancora non esisteva ma che già sentiva come una responsabilità.

Il Connecticut che accolse Gaetano Indomenico non era una terra semplice per gli italiani. Diffidenza, pregiudizi e stereotipi erano parte integrante della quotidianità. Gli emigrati venivano guardati con sospetto, spesso relegati ai lavori più duri, pagati poco e rispettati ancora meno. Ma proprio in quel contesto difficile la comunità italiana seppe fare ciò che aveva sempre fatto: stringersi, aiutarsi, trasformare la fatica in riscatto. Strade, edifici e interi quartieri portano ancora oggi l’impronta di quella generazione arrivata dal Meridione con competenze artigiane, disciplina e una straordinaria capacità di adattamento. E Gaetano Indomenico riuscì a emergere. Non per colpi di fortuna, ma per una dedizione quotidiana che non ammetteva scorciatoie. Lavorava senza risparmiarsi, imparava osservando, sbagliava e correggeva. La sua era una crescita lenta ma costante, costruita mattone dopo mattone, giorno dopo giorno.

Oggi, a distanza di oltre mezzo secolo, il suo nome è legato a uno dei gruppi imprenditoriali più solidi e rispettati del settore edilizio nel Connecticut e negli Stati limitrofi. Un risultato che non ha mai cancellato le sue origini, né il suo modo di stare al mondo. Indomenico ha costruito il proprio successo senza mai rinnegare l’essere «un muratore». Anche ora, a 85 anni, continua a frequentare quotidianamente l’azienda, indossando la divisa da lavoro e condividendo le giornate con figli e dipendenti. «Vado ancora in giro con la divisa da lavoro», dice con naturalezza. Racconta di un episodio che per lui è quasi un aneddoto, ma che in realtà dice molto del suo approccio alla vita: «Un giorno andai al municipio per pagare una tassa e l’impiegato, pur conoscendomi bene, quasi non mi riconobbe per come ero vestito». Non c’è compiacimento in quel racconto, solo coerenza. Presenza, esempio, rispetto: per Indomenico l’impresa è questo, prima ancora che numeri e fatturati. Con una scolarizzazione minima, appena la terza elementare, ma una volontà incrollabile, riuscì in pochi anni a realizzare opere che altri avevano costruito in decenni. «Nel ’66 non era scontato fare tutto questo in pochi anni, con pochi attrezzi ma tanta volontà», sottolinea con orgoglio. «C’era chi aveva già fatto tanto in una vita, noi riuscimmo in poco tempo. E io, con la sola terza elementare, avevo già fatto parecchio». Complessi residenziali, cantieri di grande rilievo, lavori infrastrutturali importanti: il suo nome cominciò a circolare, fino ad arrivare a collaborazioni inattese, persino con produzioni cinematografiche internazionali che richiedevano competenze tecniche e affidabilità assoluta. Eppure, al centro di tutto, non c’è mai stato solo il lavoro. La famiglia rappresenta il vero pilastro della vita di Gaetano Indomenico. Il legame con la madre resta profondissimo, intatto nel tempo. «Penso spesso a mia madre e mi viene da piangere», confessa, senza cercare di trattenere l’emozione. È un sentimento che si intreccia con il rapporto con i fratelli e con la sorella Lina, «che dovetti sistemare prima di potermi sposare», racconta. Prima venivano i doveri, poi i desideri.

Anche quando questo significava rinunciare ai risparmi messi da parte con fatica, perfino a quelli necessari per il viaggio. Determinante è stato anche l’incontro con Tina, la donna che sarebbe diventata sua moglie. «L’avevo vista forse un paio di volte a Floridia e non avrei mai pensato che sarebbe diventata mia moglie», racconta sorridendo. «Oggi è la persona più importante della mia vita e, anche a 85 anni, quando finisco in ufficio non vedo l’ora di tornare da lei». Un amore cresciuto nel tempo, solido, discreto, lontano dalle retoriche ma profondamente radicato. I figli, oggi coinvolti nell’azienda, portano nomi che raccontano una storia familiare fatta di affetti, ricordi e rispetto per chi non c’è più. L’impresa, che oggi conta oltre cento dipendenti e un fatturato di decine di milioni di dollari, è il risultato di questo intreccio continuo tra lavoro e valori. Un’azienda che non è mai stata solo un luogo di produzione, ma anche di relazioni, responsabilità e appartenenza. Uno dei momenti chiave della storia di Indomenico è la nascita della società, fondata insieme a un gruppo di soci con un capitale iniziale che oggi farebbe sorridere. «Eravamo in 17 e avevamo appena 1.700 dollari», ricorda. Ogni mese ciascuno versava una piccola quota per far crescere il capitale. Nessuno si sentiva più importante degli altri. «Siamo diventati quello che siamo, ma senza mai perdere i valori», ripete, quasi come un monito. Ancora oggi, l’azienda mantiene uno spirito familiare raro nel mondo dell’imprenditoria moderna. I pasti condivisi, le colazioni del sabato, le feste con le famiglie e il ritrovo tra compaesani non sono folclore, ma strumenti concreti di coesione e identità. È così che si costruisce fiducia, è così che si affrontano le difficoltà. Nonostante il successo americano, Floridia resta un punto fermo. «Tutto è iniziato da via Polisena, al 147», dice, ricordando il luogo delle origini.

«Mio padre seminò bene: mi ha insegnato il valore dei soldi e del sacrificio». Ogni ritorno in Sicilia è un viaggio nella memoria, tra parenti, amici e luoghi che hanno segnato l’inizio di tutto. La casa, l’orto, i pomodori e i tenerumi coltivati con le proprie mani sono il simbolo di un legame che il tempo e la distanza non hanno mai spezzato. «Occorre sempre aiutare chi è in difficoltà», è la lezione che continua a ripetere, come un filo rosso che attraversa tutta la sua vita. La storia di Gaetano Indomenico è quella di un uomo che ha attraversato oceani senza perdere se stesso. «Di cosa vado più orgoglioso? Di essere arrivato qui con una sola manicola», dice. Un imprenditore di successo, certo, ma soprattutto un testimone autentico di come lavoro, sacrificio e valori familiari possano trasformare un sogno in realtà, senza dimenticare mai da dove si è partiti.