SICILIANS
Federico Pagliara, uno di noi alla conquista del mondo Nba: «Sono un “nerd” della sport industry»
Giovanissimo, da giugno scorso è entrato nella lega di basket più prestigiosa al mondo: catanese, è vicepresidente Global Partnership Sales dei Milwaukee Bucks nel Wisconsin
Nella storia della Nba diversi giocatori, tecnici e dirigenti italiani hanno calcato i parquet statunitensi. Marco Belinelli, unico italiano a vincere un titolo Nba, Andrea Bargnani (prima scelta assoluta al Draft 2006), Danilo Gallinari (record di punti in una partita), Simone Fontecchio (attualmente in Nba), Luigi Datome, Vincenzo Esposito (il primo a segnare punti) e Stefano Rusconi (il primo italiano ad aver giocato in Nba) sono stati tanti i giocatori italiani protagonisti negli States.
Figure storiche italiane nella Nba come manager sono stati Maurizio Gheradini, che ha avuto ruoli chiave nei Toronto Raptors; Gianluca Pascucci, che ha ricoperto ruoli di alto livello negli Houston Rockets e Matteo Zuretti nel front office dei Denver Nuggets campioni Nba. Tra i tecnici Ettore Messina, primo allenatore italiano in Nba un titolo da assistente coach ai San Antonio Spurs; Sergio Scariolo, che ha vinto il titolo Nba come assistant coach dei Toronto Raptosr e l’italo-statunitense Mike D’Antoni, play di Milano da giocatore, due volte “Coach of the Year” con i Phoenix Suns e i Los Angeles Lakers.
Non è certo stato sempre facile entrare nel mondo della Nba e dallo dallo scorso giugno, a fare parte del campionato di basket professionistico maschile più importante e prestigioso al mondo, c’è un giovanissimo dirigente: Federico Pagliara, catanese, classe 1994.
Figlio d’arte di papà Fabio, da atleta volleista e adesso dirigente dove ha avuto ruoli di primo piano in Italia alla Federhockey e alla Federatletica e adesso presidente della Fondazione Sportcity, Federico dallo scorso giugno è infatti diventato il vicepresidente Global Partnership dei Milwaukee Bucks uno dei team più prestigiosi della Nba dove ha raggiunto ben tre finali, vincendo due titoli e contando nel suo roster, il greco Giannins Antetokounmpo, più volte Mvp e campione Nba.
Da Catania alla Nba, a soli 31 anni, come sei arrivato a questo straordinario traguardo che ti pone ai vertici del business statunitense?
«Tredici anni fa quando presi la decisione di andare a fare il college negli Stati Uniti e giocare a pallavolo, molti mi prendevano per pazzo. Ma proprio da quella esperienza è iniziato il mio percorso professionale negli Stati Uniti. Mi si è aperto un mondo nuovo e passo dopo passo era sempre più chiara la strada che dovevo percorrere per arrivare ai miei obiettivi professionali».
Una passione sportiva nata in famiglia.
«Il tutto è cominciato giocando a pallavolo a Catania, all'ombra di mio papà che era sempre presente. E la stessa cosa è successa quando mi sono avvicinato al mondo dello sport management sempre all’ombra di mio papà. Ma da sportivo, ho poi sempre vissuto una sana competizione proprio con papà. Mi chiedevo spesso: posso fare meglio di lui nel volley? Potevo essere un manager migliore? E adesso posso dire di esserci riuscito. Ora vivo la mia carriera negli Stati Uniti senza essere figlio di ".....", e sapere che l’ho reso fiero del mio percorso mi rende particolarmente orgoglioso di quello che ho fatto».
Quando hai capito che era lo sport, lo sport ad alto livello il tuo futuro professionale.
«Quando ho capito che non sarei diventato uno sportivo professionista, avevo in mente solo un obiettivo ed era quello di lavorare nel mondo dello sport e ci sono riuscito».
Come sei riuscito a calarti in un mondo cosi difficile e ambito da tutti come la Nba famoso per ospitare i migliori giocatori e per essere uno straordinario fenomeno globale di intrattenimento, sport e cultura,
«Mi ritengo fortunato perchè mi sono trovate nel posto giusto al momento giusto. Poi sono un "nerd" della sport industry, ovvero sono tra i professionisti, che usano dati, statistiche e tecnologia per ottimizzare performance atletiche, strategie di gioco, scouting e business, trasformando lo sport in un'impresa basata sull'analisi quantitativa. Poi la continua voglia di imparare mi ha aiutato tanto nell'arrivare a questo punto. Ma questo è solo l'inizio di un avventura che spero riservi altre sorprese».
E l’hai fatto con un ruolo prestigioso, vicepresident Global Partnership Sales dei Milwaukee Bucks uno tra i club più prestigiosi e di grandi tradizioni della Nba.
«Sono una persona fortunata, perchè lavorare per una franchigia che tratta il proprio team come una famiglia è qualcosa di veramente speciale».
Che obiettivi ti sei posto di raggiungere in questo ruolo cosi importante.
«Abbiamo un obiettivo chiaro, vogliamo continuare a far crescere il brand dei Milwaukee Bucks a livello globale, e la sfida che abbiamo di fronte è davvero stimolante!».
In passato tanti tecnici, ma pochi i manager italiani nella Nba, hai una bella responsabilità.
«Avere delle responsabilità è una grande fortuna come lo è lavorare sotto pressione. Accettare nuove sfide per migliorarsi è una delle lezioni che lo sport ti da sin da piccolo. E per fortuna queste opportunità le continuo a prendere con la voglia di dimostrare che la fiducia è ricambiata».
Che ti sei portato dietro negli Stati Uniti, dalle diverse esperienze lavorative.
«Tanto, forse più di quanto credevo. Spesso torno indietro e rifletto su quello che ho imparato durante la mia carriera, e riuscire ad integrare le varie esperienze in questo ruolo di adesso è particolarmente stimolante».
I tuoi ricordi sportivi da atleta e da studente.
«Mi ricordo che quando frequentavo l’Istituto Leonardo da Vinci a Catania, ho vinto un titolo provinciale nel tennistavolo con mia nonna sugli spalti quando ero alle medie e poi gran parte della mia infanzia è segnata da ricordi collegati ai vari sport praticati; dal calcio fino al volley, passando per la pallamano. Non potevo stare fermo e dovevo competere contro qualcuno. La voglia di gareggiare ed eccellere che ancora oggi mi spinge nel mio lavoro».
Adesso ti sei sposato con una ragazza statunitense e hai scelto di lavorare e vivere negli Stati Uniti.
«Ho una famiglia fantastica made in Italy e made in Usa. Una famiglia che insieme a mia moglie Kayla stiamo costruendo a Chicago, ma con Catania e l'Italia sempre nel cuore. Tornare a Catania per vedere gli amici di una vita e la famiglia è sempre speciale».