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Gela, ecco la Caporetto dell’archeologia del Mediterraneo

Di Maria Concetta Goldini |

GELA – «Signor ministro, signor presidente della Regione ecco a voi la “Caporetto” dell’archeologia mediterranea». Sono impietose le immagini che il prof. Nuccio Mulè ha inserito nel dossier che accompagna la lettera aperta indirizzata alle massime autorità nazionali e regionali.

I siti archeologici più importanti appaiono invasi da erbacce o dominati dai randagi, l’abbandono totale di grandi necropoli come il Disueri, la storia assurda del Castelluccio ristrutturato con fondi pubblici, distrutto dai vandali per poi scoprire che era una proprietà privata. E la nave greca chiusa da anni dentro le casse. Sono solo alcune delle storie di incuria e degrado testimoniate nel dossier. Mulè ha scritto quella lettera per affrontare il caso degli ultimi ritrovamenti archeologici in città in occasione della posa della nuova rete idrica ma poi fa un quadro generale della situazione del patrimonio gelese. Una lettera in cui si contesta la scelta di interrare la necropoli emersa in via Genova per sostituire la fruizione con dei totem.

«Non si possono sottovalutare le raccomandazioni dell’Unesco sulla fornitura regolare e continua di fondi per le scoperte accidentali. A Roma, e non solo – sostiene Mulè – si scava per vari motivi e quasi sempre vengono alla luce reperti archeologici; a Gela è la stessa identica cosa, solamente che nella Città Eterna i reperti ritrovati si restaurano e poi si fanno fruire, qui invece sistematicamente si fanno sparire».

«Purtroppo a Gela negli ultimi decenni è prevalso un andazzo scellerato – denuncia – che ha visto l’istituzione competente sottovalutare monumenti e aree archeologiche che oggi, con la crisi occupazionale ed economica del territorio, avrebbero potuto rappresentare una risorsa importante per tentare a far ritornare Gela all’interno degli itinerari turistici isolani dopo la sua netta esclusione risalente a quasi mezzo secolo fa. Città di Gela che nella posizione geografica in cui si trova potrebbe rappresentare il baricentro del turismo archeologico organizzato della Sicilia tra la parte sud-occidentale e quella sud-orientale, da Agrigento fino a Siracusa».

Il prof Mulè , oltre a denunciare lo stato pessimo dell’archeologia di Gela, vorrebbe anche evitare la scelta che quest’ultimo bene culturale venuto alla luce, cioè la necropoli di via Genova, possa essere sottratto anziché essere restituito alla pubblica fruizione con le modalità oggi in uso, tipo una copertura con lastre di plexiglass o altro. «Inoltre, sarebbe opportuno – continua – che la Sovrintendenza di Caltanissetta insistesse a richiedere la presenza istituzionale di un archeologo, forse in Sicilia è l’unica a non averlo, ma anche di un restauratore da inviare a Gela dove un notevole numero di reperti, depositati a Bosco Littorio, attende da anni un intervento adeguato. Sarebbe poi proficuo dotare il Polo Museale di Gela di un adeguato finanziamento per la valorizzazione e la corretta fruizione dei reperti del locale museo e delle aree archeologiche di pertinenza.Il reinterramento purtroppo non ha solamente interessato i diversi scavi archeologici, precedenti ai suddetti, ma anche quelli relativi alle cripte che sono state ritrovate nel tempo durante la ripavimentazione di diverse chiese come quelle del Duomo, di Sant’Agostino, di San Francesco, del Carmine, di San Nicola di Bari, ecc. cripte, pertanto, tutte sottratte al patrimonio storico e non più fruibili».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA