Sicilia al voto, reportage da Gela: l'equazione algebrica per l'elezione a sindaco e la (quasi) certezza del ballottaggio
Centrodestra (quasi) unito sulla tecnica Cosentino, progressisti (quasi) compatti sul civico Di Stefano L’esperimento regionale di Di Paola con dentro ScN. Ma pesano gli outsider Scerra e Donegani. L’antipolitica di Franzone
Questo voto sarà un’equazione algebrica. In cui, almeno al primo turno, peserà soprattutto il segno meno. Quanti consensi perderà il centrodestra (quasi) unito e quanti il fronte progressista (quasi ) compatto. Ed è proprio il valore delle sottrazioni - quei due “quasi” - a far pensare che a Gela l’unica (quasi) certezza è che si andrà al ballottaggio. Parlando ben poco anche dei temi-cult di sempre: l’acqua (che manca), i rifiuti (che non mancano) e la Raffineria. Quest’ultimo argomento subisce un effetto doping dal boom occupazionale nelle piattaforme Argo e Cassiopea e nella costruzione dell’impianto biojet dell’Eni. «Appena finiscono questi lavori ci sarà un’ondata terrificante di disoccupazione», pronosticano in molti. Quasi del tutto assente la mafia, intesa come materia di dibattito, nella città di Rosario Crocetta, ormai felicemente residente in Tunisia.
La scelta del sindaco uscente
Non si ricandida il sindaco uscente Lucio Greco, nel 2019 vittorioso al ballottaggio con un’alleanza “Frankenstein” (zoccolo duro civico, più Forza Italia e Pd), che a livello regionale fece eccitare i teorici del campo larghissimo. Partito con 14 consiglieri su 24, dopo un anno il disimpegno del Pd, ufficialmente per contrasti sui rifiuti; a fine 2022 anche i forzisti (nonostante Greco alle Regionali si esponga per Renato Schifani) si fanno da parte. Uno stillicidio: ricorso dello sconfitto, dichiarazione di dissesto, azzeramento della giunta (lasciando solo gli assessori di Raffaele Lombardo e strizzando l’occhio a Totò Cuffaro), graziato sulla mozione di sfiducia, dimissioni annunciate al grido di «mi sono opposto agli affaristi» e poi ritirate. Fino alla rinuncia. Dovuta a una solitudine politica (gli ultimi mohicani dell’Mpa lo mollano, dopo averlo tenuto sulla corda per tre mesi) di un sindaco che ambiva a essere di tutti ed era diventato di nessuno.
Il derby in provincia
La reazione più naturale, dopo le spericolate contorsioni del “Kamasutra” gelese di cinque anni fa, è il ritorno alla posizione bipolarista del missionario. Così il centrodestra si ricompatta. In base a un accordo sul tavolo regionale della coalizione, in cui Forza Italia pretende e ottiene il candidato a Caltanissetta, a Gela il nome lo deve esprimere Fratelli d’Italia. Che in provincia è spaccata dal derby (giocato anche a colpi di carte bollate per il seggio all’Ars) fra il gelese Totò Scuvera e Giuseppe Catania, deputato regionale e sindaco di Mussomeli. Se la nomination dipendesse dal tasso di ambizione, fra i meloniani gelesi ci sarebbe una soluzione naturale: Totò Scerra, consigliere comunale, ex forzista, che da anni lavora per entrare nel Palazzo di città con vista mare. Ma i forzisti storcono il muso. Qualcuno tira fuori anche il processo “Avarizia”, sulla gestione dell’Ipab Aldisio, con Scerra fra gli imputati. Ma è anche una parte di FdI a remare contro, tant’è che la proposta finale agli alleati è il capogruppo consiliare Vincenzo Casciana. Che, per un mese, resta il candidato virtuale.
Finché a Palermo spunta un’idea che poi si consolida a Gela: una “donna tecnica d’area”. L’identikit è quello di Grazia Cosentino, 60 anni, ingegnere, ex dirigente del Comune poi responsabile tecnico di Srr Impianti, la società pubblica che si occupa dei rifiuti. Nella corsa di Cosentino c’è la suggestione della prima donna sindaca, la verginità di una candidata alla prima esperienza, il favore dei big siciliani di FdI (Carolina Varchi, ex vicesindaco di Palermo e deputata nazionale, è assessora-segnaposto designata), la giusta distanza dagli altri partiti. Casciana si ritira in nome dell’unità: sarà vicesindaco. E alla coalizione - in tutto cinque liste, fra le quali FdI, Fi, Lega e Dc - si aggiunge anche Italia Viva, accoppiando il simbolo a una civica, con Giuseppe Morselli (capogruppo di Un’Altra Gela, legato al sindaco uscente) in lizza.
La nascita di Alleanza per Gela
Va da sé che Scerra non ci sta. Rompe con FdI e lancia la Alleanza per Gela, unendo al civismo tutti i delusi e i ribelli del centrodestra, con dentro sia fedelissimi sia acerrimi nemici di Greco. L’operazione frutta quattro liste robuste, dense di acchiappavoti. Con Scerra, ad esempio, si schierano: Pino Federico (ex deputato e presidente della Provincina); una parte dell’Mpa, guidata dal capogruppo Diego Iaglietti; il presidente del consiglio comunale, Totò Sammito; Gabriele Pellegrino, “Mr. Preferenze” nel 2019.
Scerra, 41 anni, diploma di geometra, è un self-made man: ex aiutante saldatore, commesso, responsabile vendite nella telefonia, ma anche addetto di segreteria alla Provincia e assistente parlamentare all’Ars, è conosciutissimo e apprezzato nelle periferie della città. Si propone come «il figlio del popolo» che sfida «i baroni della politica». Ma piace anche alla gente che piace. Trombettista della banda di Gela («Un musicante», era solito apostrofarlo Greco quando litigavano), qui lo ricordano uomo-ombra della campagna elettorale di Giusi Bartolozzi (gelese d’origine, magistrata, ex deputata, oggi “zarina” del ministero della Giustizia da capo di gabinetto di Carlo Nordio), ed è stato membro dello staff di Gaetano Armao, all’assessorato all’Economia, da giugno 2018 a febbraio 2019.
La corsa dell'ex vice di Greco
Sull’altro fronte c’è un esperimento a cui guarda con attenzione quasi tutto il centrosinistra. La corsa di Terenziano Di Stefano, ex vice di Greco (per il quale, da aspirante sindaco, fece un passo indietro nel 2019) e leader del movimento “Una Buona Idea”, è spinta soprattutto dai cinquestelle. Per il gelese Nuccio Di Paola è un test sull’«alleanza di scopo per costruire l’alternativa a Schifani». Dentro c’è ovviamente il M5S, qui per la prima volta in una coalizione, forte di due senatori (Pietro Lorefice e Ketty Damante) e dell’ex consigliera Virginia Farruggia in corsa alle Europee. Ma c’è anche il Pd, seppur con «molta sofferenza» dopo oltre un mese di dibattito interno: l’ex deputato regionale Giuseppe Arancio è fra gli assessori designati, assieme ai coordinatori locali di tutte le forze progressiste. Decisivo, per il via libera a Di Stefano, il «percorso di agorà politica», del quale s’è fatto garante Di Paola, fra partiti e movimenti. In tutto ben sette liste. Con il valore aggiunto di Cateno De Luca, che schiera lo stesso simbolo “Libertà” delle Europee, ma anche con l’appoggio di Azione (c’è il partito di Carlo Calenda, con la civica “Ripartiamo da Zero” dell’imprenditore Maurizio Melfa, già candidato sindaco) e l’altra metà lombardiani degli Autonomisti per Gela, con Rosario Caci indicato assessore. Al fianco di Di Stefano riappare pure il Pci, con tanto di falce e martello nel simbolo, e 18 fieri candidati che hanno rifiutato di confluire nella lista di De Luca.
Il pezzo grosso in meno
Ma anche da questa parte c’è un pezzo grosso in meno. Miguel Donegani, 52 anni, insegnante, ex deputato regionale, assessore e vicesindaco, cresciuto a pane e politica di sinistra (il padre Giorgio fu assessore, la madre Melina Gerotti consigliera provinciale), toglie consensi a Di Stefano, pescando fra gli scontenti del Pd e nella gauche gelese. Con una campagna elettorale ben costruita con un gruppo di giovani formati dalle “lezioni di politica” in diretta social ogni venerdì, all’insegna dello slogan (non nuovissimo) «Donegani il sindaco lo sa fare», ma con una sola lista di candidati freschi sotto il simbolo di Per, Progressisti e riformatori. Con Claudio Fava alle ultime Regionali, piace ad Avs (Leoluca Orlando è venuto a comiziare per lui) e lancia in giunta il maestro Giovanni Iudice, fra i pittori contemporanei più apprezzati da Vittorio Sgarbi.
Il "sindaco cittadino"
Il quinto incomodo è Filippo Franzone, il «sindaco cittadino» che va oltre il civismo. Storico leader del Comitato per lo sviluppo dell’area gelese (che propose il referendum sulla “secessione” da Caltanissetta per andare con Catania), in prima linea nelle battaglie per la sanità, a partire da “Sos Vittorio Emanuele”, L’unica lista di Franzone, falegname di 53 anni, mette dentro Gran Sicilia, Unità siciliana-Le Api, Popolo della Famiglia e Liberalsocialisti. Ma punta soprattutto sull’antipolitica data in pasto ai grillini delusi; in lizza c’è anche Enzo Giudice, ex dipaoliano, presidente Cna.
Due battistrada, Cosentino e Di Stefano (forse in quest’ordine), inseguiti dall’appeal, civico e un po’ piacione, di Scerra e Donegani, rispettivamente a destra a sinistra; fuori partita l’outsider Franzone. Questa, al di là dei sondaggi, sembra la griglia di partenza del gran premio di Gela. Con lo scenario, molto probabile, del ballottaggio. Ma già allora i tanti bassi del centro, lungo corso Vittorio Emanuele e nei pressi di piazza Umberto, trasformati in comitati elettorali, saranno di nuovo sfitti.
m.barresi@lasicilia.it