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La doppia battaglia della fam. Greco «per una legge che va cambiata»

Di Maria Concetta Goldini |

GELA (CALTANISSETTA) Una doppia battaglia: per ottenere l’iscrizione nella cosiddetta “White List” della Prefettura di Caltanissetta e per colmare i vuoti di una legge antimafia che, in molti casi silenti in Italia, ha visto chiudere ingiustamente tante imprese. È la battaglia della famiglia Greco anche se il problema sollevato è più esteso di quanto si possa immaginare. A quasi un mese dalla tragica morte di Riccardo Greco i 50 dipendenti della sua impresa, la Cosiam, sono senza lavoro; la ditta ha subito due furti e all’orizzonte non si intravedono spiragli positivi per il riavvio dell’attività. 

Riccardo Greco si è tolto la vita dopo la certificazione antimafia negativa da parte della Prefettura. Lui che per primo aveva denunciato i suoi estortori, facendoli arrestare e condannare al termine del processo “Munda Mundis”, un paio di mesi fa si è ritrovato sul collo il fiato del sospetto: se negli anni Novanta, quelli bui della guerra di mafia a Gela, ha pagato il pizzo, allora potrebbe tornare a farlo, in quanto soggetto “debole”. Un sospetto che ha avuto come conseguenza immediata la rescissione, da parte delle committenti pubbliche e private di una ventina di grossi appalti che la Cosiam stava eseguendo in tutta Italia, oltre che le revoche delle gare d’appalto appena aggiudicate. Quando, anche per un semplice sospetto in base alla legge antimafia, l’impresa  non può essere iscritta alla White List della Prefettura e viene emesso il provvedimento interdittivo, l’attività si blocca immediatamente.

Un’azienda sequestrata viene posta in amministrazione controllata ed in qualche modo il lavoro prosegue, paradossalmente, invece, quella che riceve l’interdittiva, spesso sulla base di un mero sospetto, cessa l’attività. La procedura per dimostrare il contrario è lunga e complessa, ci vogliono mesi e mesi. Nel frattempo gli appalti non ci sono più e se alla fine si riesce a dimostrare che c’è stato un errore, anche l’impresa non esisterà più. Chi paga il danno subìto? Francesco Greco, figlio di Riccardo, non ci sta ad accettare questo sistema contorto. Oggi il padre non c’è più. Tecnicamente viene a mancare l’antecedente logico giuridico che, secondo la Prefettura, fondava l’interdittiva. Perché allora la Cosiam non può tornare a lavorare a quelle commesse che ancora non sono state rescisse?

«Abbiamo presentato al Ministero dell’Interno (Struttura di Missione Sisma) e alla Prefettura di Caltanissetta l’istanza di revoca in autotutela dei provvedimenti interdittivi – racconta Francesco Greco – il Ministero ha risposto che la pratica è stata istruita, dalla Prefettura aspettiamo una risposta ufficiale. All’indomani della morte di mio padre ci saremmo aspettati di poter tornare a lavorare subito, sarebbe stato il minimo. Invece, dopo quasi un mese, tutto sembra terribilmente fermo. Non sappiamo più cosa raccontare ai nostri operai. Sono stato educato al rispetto delle istituzioni, in cui continuo a credere, malgrado il dolore che sta provando tutta la nostra famiglia. Sono però parecchio scoraggiato dalle lungaggini burocratiche e dagli incartamenti tipici del nostro Paese. Meccanismi assurdi. La Prefettura, ad esempio, ci ha richiesto l’aggiornamento della visura camerale, la Camera di Commercio non può rilasciarlo per via dell’interdittiva della Prefettura stessa. Mio padre oggi non c’è più, perché non ci fanno ancora lavorare? Bisogna aspettare che ci revochino anche quelle poche commesse rimaste e che 50 lavoratori perdano definitivamente il loro posto».

Per la famiglia Greco l’interdittiva che ha bloccato la Cosiam è illegittima e su questo aspetto  la Cosiam aveva già avviato la sua  battaglia nelle sedi opportune, assistita dal prof. Alfredo Galasso e dagli avv. Giuseppe Aliquò ed Emanuele Maganuco. Ma una battaglia parallela è quella che Francesco Greco e la sua famiglia ha avviato sul fronte politico per rimodulare la legge. « Quello che è accaduto a mio padre non deve succedere a nessuno altro.Il suo sacrificio estremo non dovrà rimanere vano». Sono già in fase  avanzata i contatti con esponenti della politica nazionale di tutti gli schieramenti. «Servono tempi certi per il rilascio dell’iscrizione nella White List, è necessario che ci sia qualcosa di più concreto di un “sospetto” per condannare a morte un’azienda. Ed è da rivedere il principio del “contagio” per cui se una ditta fa parte di un consorzio stabile, grande o piccolo che sia, rischia di essere interdetta per il semplice fatto che anche solo una delle centinaia di aziende consorziate, ha ricevuto l’interdittiva» – sottolinea Francesco Greco che su questa battaglia per un principio di civiltà, oggi  alle battute iniziali, ha promesso che non farà un passo indietro.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA