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Gela, una passeggiata all’Eni tra ciminiere e futuro green

Di Maria Concetta Goldini |

GELA – Domenica dedicata all’archeologia industriale, a ciò che fu il petrolchimico di Gela ideato da Enrico Mattei con l’occhio rivolto a quello che diventerà nel giro di pochi giorni. Sono passati cinque anni dalla firma del protocollo d’intesa sulla riconversione del sito industriale del “Cane a sei zampe”. Ieri una “gita” di adulti e bambini tra lamiere, capannoni, serbatoi e ciminiere che presto non ci saranno più in un sito che, voltando le spalle al petrolio, guarda al futuro verso la bioraffinazione, la sperimentazione di tecnologie per trattare i rifiuti, l’economia circolare.

I dipendenti, le loro famiglie, gli amici hanno preso parte ieri alla raffineria all’iniziativa “Energie aperte”. Eni ha aperto i suoi siti in Italia a chi vi lavora e vive nel territorio per presentare i suoi obiettivi e le sue cifre. A Gela l’iniziativa ha avuto un significato forte, una piccola festa per salutare la nuova bioraffineria che sta per entrare in marcia. Due giorni fa è stato testato con successo l’impianto steam reforming che tratta l’idrogeno ed è uno dei tre moduli della bioraffineria, quello costruito ex novo. Gli altri due moduli (uno si occupa del pre trattamento delle biomasse, l’altro della produzione di gasolio green con tecnologia Ecofining sperimentata da Eni) invece sono stati riadattati dai vecchi impianti usati per raffinare petrolio. La spesa di 300 milioni di euro è stata assorbita al’’80% dal riadattamento dei vecchi impianti, unico caso in Europa.

In Eni sono orgogliosi di aver creato la bioraffineria gelese interamente in casa, con la propria tecnologia e le proprie maestranze. L’amministratore delegato della raffineria, ing. Vincenzo Arces, non vede l’ora che si arrivi alla produzione green. E snocciola le cifre del secondo impianto green di Eni in Italia dopo Marghera: una capacità di lavorare cariche per 720 mila tonnellate annue, di produrre green diesel per 545 mila tonnellate l’anno, Gpl per 35 mila e nafta per 30.000. Usando olio di palma per un brevissimo periodo e poi oli esausti  grassi e cariche di seconda generazione.

Non è solo la bioraffineria gelese l’orgoglio di Eni. C’è il Wast to fuel, l’impianto pilota per estrarre dall’umido della raccolta differenziata carburante da poter usare subito per le navi. Un procedimento semplicissimo, che non inquina. Il responsabile di Syndial per la Calabria e la Sicilia Sandro Olivieri mostra con orgoglio ai partecipanti all’iniziativa i cassoni emetici che contengono l’umido della raccolta differenziata e la provetta finale con il carburante oleoso e l’acqua. Un impianto che fa colpo sui visitatori. Che piace ai gelesi, i quali non riescono a capire perché a Gela si fa la sperimentazione e l’impianto vero Eni lo costruirà a Ravenna e si è candidata pure Venezia. “Fuori campo” la risposta arriva: l’impianto si fa nei luoghi in cui la percentuale di differenziata è alta ed è notevole la capacità di una corretta raccolta dei rifiuti. Si realizza dove c’è la volontà politica insieme alla burocrazia snella. Insomma non è proprio l’identikit della Sicilia. A meno che qualcuno in quest’isola non decida seriamente di rompere con il passato comprendendo che dai rifiuti possono nascere ricchezza e lavoro.

«Lo diremo al sindaco Greco e gli chiederemo di fare un’intesa con il governatore Musumeci» – commenta uno dei visitatori che nelle recenti Amministrative frequentava ambienti Cinquestelle. Nulla di cui meravigliarsi. I pentastellati del “sempre no” all’industria, a Gela la pensano così: «Porte aperte a tutti gli investimenti di Eni nel campo dell’innovazione e dell’eccellenza». Che è poi lo stesso pensiero del sindaco neo eletto Lucio Greco. Concetto non distante da quello che esprimevano ieri i vertici Eni impegnati ad accompagnare i cittadini nel tour alla scoperta dei nuovi impianti: «Gela pian piano diventerà il sito dell’eccellenza di Eni in Italia». Non solo su rifiuti e biocarburanti ma anche sulle ricerche sulla fusione nucleare insieme al Cnr  già avviati i lavori per i locali e in autunno arriveranno i ricercatori.

Altra Eni, altra pelle, altra storia rispetto a quella dell’era del pet coke. Tra qualche mese sarà dismesso il grande camino Snox creato per abbattere i fumi dell centrale termoelettrica dell’era del petrolio e con esso si chiuderà definitivamente un’epoca. L’Eni presentata ieri dal neo presidente della Raffineria Francesco Franchi è quella che in Italia ha il 50% in meno di infortuni rispetto agli altri siti industriali, che punta sull’upstream ad emissioni zero entro il 2030 e investe nell’economia circolare. I cittadini reclamano bonifiche dei siti contaminati dall’industria del petrolio e Syndial, che è l’azienda ambientale di Eni, risponde che proprio per fare le bonifiche ha a Gela la sua seconda base in Italia: 120 dipendenti contro i 180 della sede centrale di San Donato. La storia tra Gela e il “Cane a sei rampe” continua con un’ industria in versione small e green. Meno occupazione, più tecnologia, più ricerca e aria più respirabile. Ieri all’interno dell’ex petrolchimico oggi deserto, si riusciva anche a sentire il profumo dei fiori.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA