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Caltanissetta

Sentenza: assolti dall’estorsione Nipote accusa lo zio imprenditore

Di Daniela Vinci |

GELA (CALTANISSETTA) – Si sgretola in sede dibattimentale l’accusa di estorsione  mossa da un imprenditore edile contro i titolari di due agenzie di pompe funebri, uno dei quali suo zio,  che nel novembre del 2013 gli avevano commissionato i lavori per la realizzazione di 252 loculi al cimitero Farello. Ma le accuse – parte civile al processo insieme con l’Associazione antiracket “G.Giordano” – hanno fatto acqua, tant’è che per  i due titolari di agenzia di pompe funebri il Tiibunale ha pronunziato sentenza di assoluzione con formula piena.

Ad essere riabilitati sono stati Giovanni Amarù e Salvatore Incardona per i quali il collegio giudicante presieduto dalla dott. Miriam D’Amore, ha emesso sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, così come richiesto dal difensore dei imputati, l’avvocato Alfredo D’Aparo. Nel sostenere la totale estraneità ai fatti contestati ai propri assistiti, il legale ha parlato di un piano diabolico costruito a tavolino dall’imprenditore che si dichiarava vittima di estorsione, dopo che allo stesso la committenza aveva  contestato vizi nella realizzazione. dell’opera Mentre denunciava che per l’esecuzione di quei lavori gli era stata imposta l’assunzione del genero di Incardona e di avere sborsato a mò di tangente ai due committenti la somma di 45 mila euro, contestualmente trattava per la risoluzione dei vizi contestati dalla committente  perchè i lavori non li aveva eseguiti a regola d’arte.

Gli imprenditori funebri  – che avevano pagato quasi tutto l’importo dei lavori – lamentavano che il prospetto della confraternita era storto ed il materiale utilizzato era scadente e non quello previsto dal capitolato d’appalto. Mentre erano in corso le trattative, l’imprenditore puntò l’indice contro i due imprenditori funebri, bollandoli come estortori e facendo scattare l’incriminazione per Marù ed Incardona che, dal canto loro, si dissero estranei ai fatti e, sin dal primo momento, sciorinarono la documentazione per dimostrare non solo di non avere estorto un centesimo all’imprenditore-parente che li accusava, ma di avere subito dei danni.

“Un’azione moralmente bassa” – come l’ha definita l’avv. D’Aparo durante l’arringa, quella di ordire a tavolino un’accusa di estorsione contro Marù ed Incardona, la cui estraneità ai fatti è stata dimostrata in sede dibattimentale. Per i due imputati, il Pm Luigi Lo Valvo chiedeva la condanna a 3 anni e 4 mesi ciascuno. Ma il Tribunale li ha assolti con formula piena.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA