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Gela, Procura chiede processo per 4 dirigenti Enichem per la morte di un operaio

Di Redazione |

GELA – La Procura di Gela ha chiesto il rinvio a giudizio di quattro ex dirigenti delle società Enichem Anic, Praoil aromatici e Raffinazione srl per omicidio colposo nell’ambito di un’inchiesta sulla morte, avvenuta quasi sei anni fa, di un operaio per una malattia professionale che, secondo l’accusa, sarebbe stata causata da contatti con l’amianto nel sito Nisseno. L’Eni, in una nota, «prende atto del provvedimento della Procura di Gela che ha come oggetto fatti riferiti al periodo 1974-1996», e «confida di poter dimostrare in ambito processuale la correttezza del proprio operato». La richiesta è stata presentata dal procuratore Ferdinando Asaro che contesta agli indagati di avere, «per colpa consistita in negligenza ed imprudenza nonché inosservanza delle norme di prevenzione infortuni e malattie professionali, causato la morte di un dipendente delle predette società, deceduto il 12 ottobre del 2015, dopo aver avuto diagnosticato una malattia professionale consistita in mesotelioma sarcomatoide».

L’inchiesta è stata avviata dopo la segnalazione dell’Inail del decesso dell’operaio che aveva lavorato all’Enichem e nelle altre società dal 1974 al 1996. L’uomo, è la tesi dell’accusa, avrebbe «contratto la malattia professionale che ne avrebbe causato poi la morte sul posto di lavoro, entrando in contatto con amianto senza protezioni tipiche e idonee» a tutela della sua salute. «Accertamenti tecnici eseguiti – ha spiegato il procuratore Asaro – ci permettono di ipotizzare un collegamento di causa ed effetto tra il luogo di lavoro, la malattia e il decesso dell’operaio, anche se i fatti sono accaduti molti anni fa. Adesso la nostra tesi passa al vaglio del Gip».

La moglie dell’operaio, che vive nel Nisseno, ma non a Gela, ha presentato una querela nel 2017 ed è considerata parte lesa nell’inchiesta. I quattro indagati per cui è stato chiesto il rinvio a giudizio, assieme alla aziende, sono i vertici, oggi in pensione e ultrasettantenni, allora in carica nelle società per cui lavorava la vittima nel complesso industriale di contrada Piana del Signore, da tempo sottoposto ad un processo di riconversione green. Nell’eventuale procedimento si costituirà parte civile L’Osservatorio nazionale amianto (Ona). Lo annuncia l’avvocato Ezio Bonanni sottolineando come «l’Ona fin dal 2010 ha messo in evidenza come ci fosse stato un rischio generalizzato per esposizione ad amianto nel petrolchimico di Gela» e che «queste evidenze risultavano confermate dal dato di biologico costituito da numerosi casi di malattie professionali tra i lavoratori, in particolare per i casi di mesotelioma».

A Gela tutti gli impianti del petrolchimico realizzato a partire dal 1962 sono stati fermati. Dall’agosto 2019 è in marcia la bioraffineria che tratterà progressivamente fino al 100% di oli vegetali usati e di frittura, grassi animali, alghe e sottoprodotti di scarto per produrre biocarburanti di alta qualità. A oggi sono stati investiti sul territorio circa 1,5 miliardi di euro in interventi sostenibili dal punto di vista ambientale, sociale ed economico in un’ottica di economia circolare. Eni ha speso circa 900 milioni di euro dal 2000 a oggi per interventi di bonifica ambientale e nel marzo scorso ha avviato gli interventi di demolizione degli impianti non più utilizzati, per un costo stimato di oltre 25 milioni di euro, che porteranno al recupero di aree libere per nuove attività industriali. Eni Rewind a Gela nel 2018 ha anche avviato l’impianto pilota Waste to Fuel che produce bio olio e biometano dalla frazione organica dei rifiuti urbani. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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