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Con la bioraffineria, Gela si candida a diventare dal 2017 polo verde d’Italia

Di Maria Concetta Goldini |

Un processo lento, difficile, non indolore per un territorio legato per mezzo secolo economicamente all’industria del petrolio. Gli effetti delle riconversione dopo due anni sono fin troppo evidenti: al centro storico il 40% dei locali per attività commerciali sono sfitti e in città chiudono non meno di due negozi al mese, 6000 gelesi hanno lasciato la città dal 2015 ad oggi per cercare lavoro altrove e la costruzione di attività alternative all’industria è ancora un processo sulla carta. La città cerca di resistere ma è allo stremo ed i cittadini sono sfiduciati.

Nella riunione della direzione nazionale dopo le sue dimissioni a seguito dell’esito del referendum Mattei Renzi, parlando della pesante sconfitta al Sud, ha citato il caso Gela sottolineando di non aver capito che la riconversione industriale andava spiegata meglio alla popolazione. Tra i presenti c’era l’ex sindaco Angelo Fasulo che ha pagato con la mancata rielezione la scelta del governo e di Eni di chiudere la raffineria di Gela.

Ma il processo è irreversibile e l’attuale sindaco, l’ex pentastellato Domenico Messinese, ha scelto la via del dialogo con il governo perchè il protocollo di riconversione della raffineria gelese si attui in tutte le sue parti. E perciò ha stretto un patto di ferro con il presidente Crocetta.

I sindacati però sono preoccupati per i ritardi accumulati in questi due anni mentre Eni nega che, per parte sua, ce ne siano stati. Le organizzazioni sindacali temono anche che entri in crisi un’altra fetta di Eni a Gela, quella rappresentata da Enimed che si occupa di upstream e che ha ridotto la sua produzione da 20 mila a 16 mila barili al giorno.

Chi infonde ottimismo è invece il presidente della Regione. «Faremo di Gela il più grande polo green d’Italia » – ha detto durante la conferenza stampa prenatalizia a Palazzo d’Orleans con Luigi Ciarrocchi responsabile per Eni del Progetto Gela e Francesco Manna che cura le relazioni con le Istituzioni locali.

Ciarrocchi ha fatto il punto degli investimenti dell’era della riconversione della raffineria di petrolio 400 milioni investiti in 119 cantieri avviati (65 dei quali completati), di cui 85 milioni per 34 cantieri di risanamento ambientale (12 completati), con una media di 1300 unità dell’indotto impiegate nel 2016, 100 in più di quanto concordato.

A oggi, soltanto per le attività di riconversione della Raffineria di Gela stanno lavorando circa 200 risorse locali per un totale di circa 160 mila ore lavorate. Per il 2017 si prevede di superare le 400 unità locali.

Complessivamente, nei cantieri della raffineria, includendo anche le attività di manutenzione e di miglioria e modifica, attualmente sono impiegate più di 600 persone dell’indotto locale. A riconversione ultimata lo stabilimento gelese non si occuperà solo di olio di palma.

«Questo è un aspetto molto importante – ha spiegato Ciarrocchi -. Il protocollo parlava di una riconversione per trattare l’olio di palma prima raffinato e poi grezzo. Adesso abbiamo aggiunto flessibilità ad un impianto che tratterà anche prodotti alimentari di scarto, grassi animali e oli di frittura esausti. Questo significa che la raffineria di Gela sarà una delle tre raffinerie in Europa a poter trattare questi materiali. Si capisce bene la sostenibilità ambientale che deriva da questa scelta».

E sul risanamento ambientale Ciarrocchi ha spiegato: «E’ un investimento importante che seguiamo puntualmente. Non ci limitiamo ad avviare i cantieri di risanamento ambientale ma lavoriamo affinchè non accadano eventi sull’ambiente con una serie di interventi preventivi». Fin qui la versione dell’Eni. «Mi dicevano che ero il Crocetta dei petrolieri e invece ai petrolieri impongo l’industria verde» – ha commentato il governatore. Che ha poi aggiunto che «pur se un processo di riconversione non è mai indolore, nessuno del diretto è stato licenziato semmai trasferito in altri siti».

«Dinanzi a quella che una volta poteva essere giudicata come una fabbrica di veleni – ha concluso Crocetta – grazie al nostro coraggio di sfidare l’impopolarità, è stata fatta una scelta che ricalca le vocazioni della Sicilia, sulle bioindustrie e sulle industrie legate alle rinnovabili. Quello di Gela non è un progetto sperimentale, è un investimento concreto e consistente. Diventerà il primo grande polo verde d’Italia. Capisco il disagio dei lavoratori, ma a differenza di altre aziende che hanno chiuso i cancelli, abbandonato gli stabilimenti e se ne sono andate, l’ Eni è rimasta e ha investito».

Si va avanti anche nel favorire l’insediamento di nuove attività nelle aree dismesse e libere della Raffineria con 14 proposte presentate , molte delle quali nel settore della costruzione dei rifiuti. E si curano anche progetti alternativi come quello della costruzione di una stazione di rifornimento di gnl il gas liquefatto per le navi ed i mezzi a terra, iniziativa alla quale sta collaborando Eni.

Nel futuro di una Gela , orfana del petrolio, anche un “tesoretto” da 97 milioni di euro, la somma dei progetti del Patto per il Sud. «Tentiamo tutte le strade possibili – dice il sindaco Messinese – sapendo che non possiamo perdere una sola opportunità. Ma non agiamo in modo estemporaneo. Noi un progetto di sviluppo post petrolio lo abbiamo, sappiamo su cosa puntare e il nostro piano lo abbiamo già presentato al governo».

Piani e progetti in cui l’Eni c’è ancora a Gela ma su un altro fronte, quello dell’energia pulita. Il cammino è lungo e la luce in fondo al tunnel non si intravede. Per questo in città si respira un clima di preoccupazione mista a rassegnazione. I tempi di mamma Eni che tutto faceva e poteva (nel bene e nel male) sono ormai un lontano ricordo.

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