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Cure palliative negate, così Paola ora rischia dopo l’errore medico di morire di dolore

Di Rossella Jannello |

«Non voglio morire per il dolore perché la Regione taglia posti letto».

Lei sa di che cosa parla, perché la signora Paola Campo Trovato, oggi 67enne, vive nel dolore dall’85, da quando aveva 34 anni. Allora una maldestra e colpevole isterectomia eseguita al Santo Bambino di Catania l’ha precipitata infatti in un mondo di dolori lancinanti di cui ha scoperto la ragione solo dopo molti anni e molti ricoveri in tutta Europa.

E per capire il dramma che la signora Paola vive in questi giorni, e il suo disperato appello, occorre ripercorrerlo tutto il suo calvario, fin dall’inizio.

«Avevo la mia vita allora – dice – una bella vita: un marito, due figli di 5 e 8 anni, un lavoro soddisfacente in una attività tutta nostra. Eppure, dopo quell’intervento, ho capito subito che qualcosa non andava, anche se il medico mi diceva che erano i postumi dell’operazione. Avevo continue fitte nella zona sacrale che combattevo a forza di analgesici. Ma un giorno, mentre guidavo, ho avuto una fitta terribile: ho avuto il tempo di accostare e sono svenuta»

Cominciano i ricoveri in Italia e anche a Innsbruck in Austria, per mesi, nel tentativo di capire l’origine di queste terribili algie. E gli interventi esplorativi. «Anni in cui non ho potuto neanche veder crescere i miei figli, affidati ad amici e parenti. Ancora oggi, che sono adulti e sposati, chiedo loro scusa per non avergli dato l’amore e le cure cui allora avevano bisogno».

Finalmente, a metà degli Anni ’90, i medici capiscono di che cosa si tratta: durante l’intervento, nel corso della ripulitura della cavità pelvica, due nervi erano stati irrimediabilmente intaccati. Nessuna possibile cura. Tuttavia, grazie anche all’ostinazione del marito della signora, il signor Settimo Trovato, oggi 70enne, che ha anche lasciato il lavoro per stare accanto a Paola e che continuava a lanciare appelli anche attraverso l’allora neonata Rete, a Pavia nel ’97 un medico impianta alla paziente nell’addome, una pompa a lento e continuo rilascio di morfina. E un altro medico, a Napoli, qualche tempo dopo, riesce ad alcolizzare i due nervi. In tutto, la signora Paola ha subito 36 interventi chirurgici.

Può partire finalmente anche la richiesta risarcitoria e la signora intenta una causa verso chi l’ha ridotta in quello stato. Dopo anni, continue perizie ed estenuanti confronti, vince la sua battaglia e riceve finalmente giustizia. E con il risarcimento riesce a vivere ed abitare vicino ai suoi figli, ormai grandi e sposati.

Ma la sua storia non può avere un sia pur amaro “happy end”, perché il suo quadro clinico è in continua evoluzione. Vent’anni dopo l’impianto, il suo organismo sta rigettando quella pompa-salva dolore che deve dunque essere espiantata e riposizionata altrove. E poi non cammina quasi più, per le complicanze neurologiche e anche l’alcolizzazione dei nervi andrebbe ripetuta, per evitare fitte che, come è capitato in passato, potrebbero anche ridurre la donna in coma. Ma il medico napoletano nel frattempo è andato in pensione.

La famiglia cerca dunque una struttura siciliana che possa assicurare una adeguata terapia del dolore. E sulla carta le strutture esistono. Prima la signora viene curata nell’ospedale Garibaldi, ma il problema è che per il suo caso complesso è necessario un intervento chirurgico e ricovero e assistenza post-operatoria, Ma il medico che la cura allarga le braccia: non ci sono posti letti in questo servizio.

Così finisce anche nell’ospedale di Taormina dove la paziente viene dirottata. «All’inizio sembrava esserci qualche speranza, ma ho aspettato quattro mesi inutilmente».

Infine, la signora Paola approda al Vittorio Emanuele dove è in cura con il dott. Sergio Chisari che utilizza anche la tecnica dell’alcolizzazione dei nervi e potrebbe essere in grado di risolvere ambedue le urgenze della paziente. Ma anche qui il servizio funziona ancora in day hospital e non ci sono posti letto. «Ci hanno detto che ci saranno quando il reparto andrà al Policlinico, quando aprirà anche il Pronto soccorso. E poi c’è anche il problema della distribuzione dei posti letto nel nuovo San Marco, quando aprirà…».

E intanto? E intanto è passato già un mese e a nulla è valsa una pressante richiesta al direttore sanitario dell’Ove-Policlinico perché si faccia presto. E intanto la signora Paola vive fra continua assunzione di farmaci, nel dolore, e nel terrore che i nervi si “risveglino”. Per questo ripete: «Trovo assurdo che malati come me debbano essere vittime anche del taglio di posti letto decisi dalla politica regionale sanitaria. Sono disperata – conclude – a volte mi auguro – conclude – una malattia fulminea che ponga fine ai miei giorni. Non voglio morire di dolore».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA