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Catania, Sos per la Prampolini “scrigno” di storia e di cultura

Di Pinella Leocata |

CATANIA – La società che gestisce la Prampolini è in liquidazione, ma la libreria, la più antica di Catania, non deve chiudere i battenti. La questione, dunque, è come mantenerla in vita.

Se ne occupa in una lettera aperta il dottor Luigi Calabrese, dal 2016 amministratore della Prampolini libri srl della quale è socio dal 2004, anno in cui un gruppo di persone rilevò la libreria “antiquaria e moderna”. Da allora vi ha dedicato molto tempo ed energia, compatibilmente con la sua attività principale di “medico veterinario umanista”. E l’ha fatto con passione, intelligenza, fantasia. Ha stipulato una convenzione con l’Università perché gli studenti possano farvi il tirocinio conseguendo i necessari crediti formativi, e per questa attività ha ricevuto il grazie felice dei ragazzi e l’encomio dell’ateneo. Ha avviato inoltre rapporti di collaborazione con l’Accademia di Belle Arti e con l’Archivio di Stato convinto com’è che una libreria deve essere al servizio dei cittadini, deve dialogare con le istituzioni, essere un punto di riferimento e di confronto civico e luogo di sviluppo di progetti culturali. In questa prospettiva, nel 2017, ha deciso di ripubblicare “La cucina dell’amore. Trattato di cucina afrodisiaca per adulti di ambo i sessi”, scritto e pubblicato nel 1926 dal libraio-editore Romeo Prampolini con lo pseudonimo di Omero Rompini. “Le intriganti fantasie gastronomiche di un arguto dandy del 900”, recita la fascetta della ristampa, a sottolineare il ruolo che l’autore-libraio ebbe nella vita culturale della Catania degli anni Venti e Trenta dove teneva un salotto letterario nel suo appartamento di via Vittorio Emanuele II al numero 333, proprio sopra la libreria.

Il dottor Calabrese ne ripercorre con passione la storia, cominciata nel 1894 grazie a un ufficiale di cavalleria, Giuseppe Prampolini, rampollo di un’importante famiglia emiliana, e alla sua giovane moglie Vittoria Tirelli, donna dai vasti interessi culturali che, in un primo momento, diede all’attività il proprio cognome. Una libreria-legatoria pensata per una clientela di respiro internazionale, come dimostrano i tanti testi e le collezioni di riviste in lingua straniera, soprattutto in inglese. «La libreria – racconta Calabrese – aveva tre luci e si trovava nel cuore di un quartiere importante per la città dal punto di vista commerciale, industriale e culturale. Basti pensare al vicino monastero dei Benedettini, al Regio istituto di incremento ippico, all’ex quartiere militare borbonico, poi Manifattura Tabacchi, al liceo Boggio Lera, ai negozi degli orafi. Inoltre, bisogna ricordare che allora in Sicilia arrivavano ingegneri e personale specializzato per la costruzione della ferrovia, delle miniere e delle raffinerie di zolfo. Il figlio della giovane coppia emiliana, l’avvocato Romeo Prampolini, eredita l’attività e continua la tradizione culturale di famiglia. Pubblica saggi letterari, fonda una rivista di studi antropologici di valenza nazionale ed europea, la “Rivista italiana del folclore”, diretta dal prof. Corso di Roma. Ripubblica, con il contributo del più grande arabista del tempo, prof. Alfonso Nallino, la “Storia degli arabi in Sicilia” di Michele Amari, andata esaurita da molto tempo. Tiene rapporti con importanti intellettuali italiani, a partire da Capuana, Verga e De Roberto, come rivelano il suo epistolario e i libri mastri della libreria, oggetto di varie tesi di laurea».

Per tutti questi motivi Luigi Calabrese, nel gennaio del 2016, ha avanzato alla sovrintendenza formale richiesta di riconoscimento della libreria Prampolini come bene di interesse culturale. «La pratica è in itinere e attendo parere favorevole, anche alla luce della legge Franceschini che stimola gli enti competenti a dare attenzione alle librerie storiche. E questa è parte dell’Associazione delle librerie storiche d’Italia». Una battaglia che continuerà a portare avanti anche se si vede costretto a liquidare la Prampolini libri srl perché, come scrive in una nota, «per motivi personali, non posso garantire oltre la direzione, così come ho dichiarato ai soci nel corso di una recente assemblea».

Ma la libreria no, quella deve continuare a vivere. Che non si usi il termine “salvare” perché, come Luigi Calabrese ci tiene a sottolineare, «la libreria è sempre stata aperta». Il suo è un appello a chi ha buona volontà e s’impegna a mantenerla. «Il modo si trova. Potrebbe essere una cooperativa di giovani, una cordata di giovani imprenditori… Si tratta di cifre relative, meno che aprire una tabaccheria, dieci volte meno che aprire un negozio di abbigliamento, per non parlare di un ristorante. E se ne aprono a centinaia in città. È possibile che per la cultura non si trovino queste risorse? Mi indigna solo pensarlo». Nel suo «inguaribile ottimismo» si dice sicuro che la città troverà le «risorse umane e finanziarie perché la libreria possa continuare il suo ininterrotto cammino».

Intanto al suo appello – inviato al sindaco, al presidente della Regione e a quello della Città Metropolitana, e ai rispettivi assessori alla Cultura, all’Università e all’Archivio di Stato – «hanno risposto alcuni docenti, la direttrice dell’Archivio di Stato e il direttore de La Sicilia». La parola adesso è alla città, alle sue istituzioni e ai suoi cittadini.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA