Catania, neonato morì in ospedale per una serie di complicanze: un medico condannato e uno assolto
I fatti risalgono al 2009: la sentenza d’appello bis è arrivata dopo l’annullamento della Cassazione
Medici, generico
Rossella avrebbe dovuto diventare mamma per la terza volta. Ma la notte tra il 28 e il 29 settembre 2009 il figlio muore dopo alcune complicazioni all’ospedale Santo Bambino (nosocomio ormai dismesso). La donna alla 37esima settimana di gestazione si è presentata al pronto soccorso perché ha cominciato ad accusare algie pelviche. Accertate delle contrazioni uterine di media entità viene ricoverata in reparto dove è monitorata e sottoposta a una terapia farmacologica mirata sembra normalizzare il quadro clinico. Ma nella notte si presentano delle perdite ematiche e la situazione precipita.
Le indagini della procura - che si è avvalsa di alcune consulenze - ha portato a processo i due medici di turno quella maledetta notte e qualche giorno fa, dopo un annullamento con rinvio della Cassazione, la Corte d’Appello di Catania ha condannato per omicidio colposo a 5 mesi (pena sospesa) Rosaria Scuderi, assistito dagli avvocati Francesco e Giuseppe Strano Tagliareni e assolto Giacomo Rizzari, difeso dall’avvocato Goffredo D’Antona.
Nel capo di imputazione si evidenzia un «omesso monitoraggio e costante controllo cardiopotografico» che avrebbe determinato la mancata tempestiva diagnosi di «pericolo di rottura della parete uterina». La Suprema Corte, nella sentenza di annullamento, rimette al giudice di rinvio una precisa annotazione e cioè quello della verifica se «per una paziente in quelle condizioni andasse effettuato un monitoraggio costante». «Leggeremo con estremo scrupolo le risposte ai plurimi quesiti posti dalla Suprema Corte in sede di precedente annullamento con rinvio», affermano i difensori di Scuderi. «In particolare l’attività istrutttoria disposta alcuni mesi fa dalla Corte territoriale non ha fatto emergere elementi di novità che a nostro parere possano sorreggere un verdetto di colpevelezza. Ci rivolgeremo nuovamente alla Suprema Corte», concludono Francesco e Giuseppe Strano Tagliareni.
I genitori e i nonni sono assistiti come parti civili dagli avvocati Maria Lucia D’Anna e Maria Caltabiano, che commentano. «Nessuna sentenza può ridare indietro la serenità e la gioia provati nell’attesa di quel figlio che quella maledetta notte hai perso. Questa sentenza non è la soddisfazione personale dei nostri clienti ma perché non succeda mai più che una madre debba patire la morte di un figlio in un ospedale per l’imperizia di chi invece doveva salvarlo».