Mezzogiorno di fuoco a Nesima: due feriti, è giallo
Un 27enne albanese colpito alla testa è in fin di vita. Un 43enne, ferito al collo, si lancia dal balcone. L'ipotesi di un regolamento di conti per l'occupazione abusiva della casa
Gli hanno sparato alla testa, vicino alla tempia. Un 27enne albanese, che (mentre andiamo in stampa) lotta tra la vita e la morte l’ospedale Garibaldi Centro, è stato trovato dai poliziotti a terra all’interno dell’abitazione al secondo piano del civico 10 di via Santo Cantone a Nesima. Quell’appartamento è stata teatro di una sparatoria avvenuta ieri alle 13 in punto. Sul pavimento gli agenti hanno trovato una pistola che è stata sequestrata dalla Squadra Mobile.
In quelle stanze erano in due: il secondo ferito, colpito al collo da un proiettile, per salvarsi è saltato dal balcone, ma con lui è precipitata anche l’inferriata. Un volo di diversi metri che gli ha causato una frattura multipla al piede.
Quando sono arrivati gli agenti delle Volanti, infatti, hanno trovato il 43enne zoppicante e ricoperto di sangue nel cortile dell’edificio di proprietà dell’Iacp. La vittima è stata caricata nell’ambulanza e i sanitari si sono accorti della ferita d’arma da fuoco alla gola. Arrivato al pronto soccorso del Policlinico di via Santa Sofia i medici hanno accertato che la pallottola, fortunatamente uscita, non aveva provocato lesioni letali. Prima di essere trasferito in Ortopedia - dove al momento è ricoverato - i poliziotti lo hanno sentito per raccogliere la prima testimonianza. Il 43enne avrebbe raccontato di essersi recato in via Santo Cantone per un sopralluogo di lavoro, poi all’improvviso si sarebbero presentate delle persone che hanno cominciato a sparare e poi sono fuggite. Sul numero preciso ci sono parecchi dubbi, ma sulla presenza di almeno una terza persona i poliziotti sono quasi certi. E la stanno cercando infatti. Anche se prima bisogna lavorare per individuarla. L’interrogativo più pressante, però, è se la pistola in mano alla Scientifica - che per ore ha setacciato la scena del crimine ieri pomeriggio - è l’unica arma utilizzata nella sparatoria. Potrebbe esserci stato infatti un conflitto incrociato da cui il 43enne - di stazza abbastanza robusta - ha cercato di salvarsi.
Una primissima ricostruzione, che è tra le diverse piste battute, è quella di un regolamento di conti per l’occupazione abusiva della casa. Gli investigatori, sotto il coordinamento della pm Martina Bonfiglio, hanno appuntato il nome segnato sul citofono e inoltre attraverso gli accertamenti catastali stanno cercando di risalire all’assegnatario dell’alloggio popolare. Sui muri l’avviso che presto cominceranno i lavori di riqualificazione. La facciata è piena di crepe e le reti ai balconi impediscono ai calcinacci di cadere. Ad allertare le forze dell’ordine, chiamando il 112, è stata una signora che abita, ad almeno sessanta metri di distanza, in una delle palazzine che si affacciano su un terreno lavico.
Dagli inquilini dell’immobile nessun indizio concreto su quello che possiamo senz’altro definire un “mezzogiorno di fuoco”. Una giovane mamma che abita al primo piano dice di non sapere chi vive nell’appartamento: «Mi sono trasferita da poco più di un mese. Ero seduta a tavola con i bambini e mio marito - racconta - quando ho sentito un botto, ma in un primo momento non ci ho fatto caso perché qui davanti i ragazzini sparano molte volte i petardi. Poi ho sentito un rumore fortissimo, mi sono affacciata e ho visto un uomo pieno di sangue sul cortile e l’inferriata finita a terra. A quel punto ho preso i bambini e mi sono ritirata. Non so cosa sia successo e non ho visto scappare nessuno».
Alla domanda se hanno visto qualcosa molti vicini chiudono le serrande e si ritirano dentro. Durante i rilievi della Scientifica, che ha fotografato palmo a palmo il piccolo cortile ricoperto di sangue e prelevato campioni, un gruppetto di ragazzi ha invitato i cronisti (che hanno educatamente declinato) ad allontanarsi. Oggi sarà un giorno cruciale per l’inchiesta. Potrebbe arrivare la svolta che potrebbe dare la giusta rotta alle indagini. Almeno per dare un giusto disegno alla dinamica. Ma in questo intricato caso l’unico punto di partenza appare la versione del 43enne che ha avuto l’istinto di fuggire lanciandosi dal terrazzino.