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Ondata improvvisa di pazienti: ”Scoppia” pronto soccorso del Garibaldi centro

Di Maria Elena Quaiotti |

Catania – Una giornata da “codice rosso” ieri al pronto soccorso dell’ospedale Garibaldi vecchio, con punte di oltre 70 persone letteralmente stipate nei tre ambulatori disponibili in un clima di crescente esasperazione degli accompagnatori, arrivati a chiamare anche le forze dell’ordine pur di essere considerati. Come Francesco Giovanni Coco, di Misterbianco reduce, con la suocera, da quasi 24 ore di attesa: «senza avere alcuna risposta né informazioni sull’esito delle analisi. Ho chiamato i carabinieri – ha raccontato – mi hanno risposto che non potevano intervenire. Ho tentato di dire che se fossero venuti al Garibaldi vecchio avrebbero trovato un macello, gente ricoverata dalle tre di notte in un manicomio. Non si può più sostenere questo schifo».

Anche Pina Puglisi, di Zia Lisa, stava aspettando dalla mattina notizie della sorella e, alle 19, era ancora fuori in attesa «stamattina le hanno fatto gli accertamenti, non mi sembra corretto non sapere ancora niente. Se per avere efficienza ci fosse da fare la guerra, sarei la prima».

Un’esasperazione che ha tentato di stemperare il commissario del Garibaldi Giorgio Santonocito: «Non vedo allarmismo né gravi problemi – ha precisato – è un evento previsto, già verificatosi negli ultimi mesi con ondate improvvise di pazienti. L’importante è che si riesca a gestire in tempi accettabili: i miei dati indicano ad oggi (ieri verso le 18 ndr) 46 codici gialli, 4 rossi e 20 verdi, chi ha superato le 30 ore di attesa sono una decina ed in una città come Catania non mi sembra un dato eccessivo, tutto sommato. Si ripeterà ancora, almeno fino a quando non verrà completato il trasferimento del Vittorio Emanuele al Policlinico, un tassello di un sistema che si sta riorganizzando: il Garibaldi sta reagendo raddoppiando la superficie del pronto soccorso con il nuovo Obi (osservazione breve intensiva), stiamo aumentando medici ed infermieri, sono in corso lavori per l’allargamento della Rianimazione con 4 nuovi posti ed entro metà settembre metteremo la prima pietra per il nuovo pronto soccorso sul lato di Via Filzi (un progetto di 16 milioni di euro completamente finanziato, per almeno un anno e mezzo previsto di lavori, ndr). In due anni abbiamo quasi raddoppiato gli spazi per l’emergenza. L’assessore regionale Razza sta seguendo tutta la situazione con attenzione».

Una previsione certa è che «finché non aprirà il pronto soccorso al Policlinico il Garibaldi, tarato per assistere 45mila pazienti l’anno (ad ora sono 60mila), potrebbe rischiare di arrivare ad 80mila, con un comprensibile cortocircuito del sistema», dicono in Direzione.

Il direttore del pronto soccorso, Giovanni Ciampi, aveva terminato il proprio turno ed è ritornato per fronteggiare la situazione: «Non è altro che l’antipasto di quello che potrebbe succedere con la chiusura del Vittorio Emanuele. Mancano medici, spazi, infermieri, nonostante l’impegno dell’amministrazione che ha messo energie e risorse. Le persone hanno preso il pronto soccorso come ammortizzatore sociale, avendo sempre meno disponibilità economica per curarsi. Con la conseguenza che viene utilizzato per urgenze che non ci sono creando situazioni di coda e attese infinite. Quanto successo oggi è un grido d’allarme: il Garibaldi vecchio resterà l’unico ospedale cittadino a coprire la zona più disagiata in città, dal Fortino a via Plebiscito, a san Cristoforo. Il nostro è un lavoro di trincea – ha proseguito Ciampi – con turni di 14-15 ore, a volte anche senza ferie. Lo amiamo ma è stancante. Sono seriamente preoccupato per la tenuta sociale e l’incolumità dei collaboratori. Gli incontri in Prefettura lasciano il tempo che trovano: qui non serve l’esercito, ma una buona campagna informativa per far capire di venire al pronto soccorso solo quando si sta davvero male. I medici curanti, sul territorio, devono lavorare di più ed educare i pazienti. Fra una ventina di giorni dovrebbero iniziare i lavori al nuovo pronto soccorso in via Filzi: ci sarà caos su caos. Non invidio né il Sindaco né l’assessore alla Sanità, ma evidenzio che manca il reale confronto con chi opera sul campo, senza passerelle».

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