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Città metropolitana etnea in apnea, Pogliese: «La Regione ora ci aiuti»

Di Maria Elena Quaiotti |

CATANIA – Serpeggiano dubbi tra i dipendenti della Città metropolitana di Catania, che mese dopo mese si domandano fino a quando riceveranno regolarmente lo stipendio e, non meno importante, fino a quando si riuscirà a garantire gli importanti servizi affidati all’ente, tra cui la manutenzione delle scuole, che dovrebbero essere il fiore all’occhiello, delle strade sempre più “gruviera” e dei servizi sociali.

«Non abbiamo approvato il bilancio 2017, neanche il consuntivo 2018 – ricorda Salvo Pogliese, sindaco della Città metropolitana – in più esiste il prelievo forzoso dello Stato che grava su tutte le ex Province siciliane. Noi siamo andati avanti grazie a un avanzo di amministrazione enorme, frutto di una gestione oculata negli anni ed esaurito nel 2016, sul quale non possiamo più contare: siamo fiduciosi sull’esito del tavolo tecnico aperto tra la Regione e lo Stato per superare la legge Delrio e permetterci di affrontare questa impasse».

«Il nostro ente paga ogni anno allo Stato 65 milioni di euro – spiega Francesco Schilirò, ragioniere generale – più di tutte le altre Città metropolitane siciliane: Palermo per esempio ne paga 62. Non abbiamo debiti se non quello creato dallo Stato verso se stesso. Ad oggi nessun ente siciliano è in grado di chiudere il bilancio 2018 e la Regione Sicilia sa bene che deve ancora darci la differenza del 2017 e provvedere per il 2018. L’auspicio è che da qui a un mese la Regione ci tolga da questa situazione anomala perché noi non abbiamo usufruito di un centesimo di anticipo di cassa e prevediamo di lavorare regolarmente fino a fine anno. Anche perché abbiamo lavori finanziati al 100%, alcuni avviati ed altri da avviare, per i quali non possiamo permetterci di perdere i fondi. Invocheremo il danno patrimoniale certo e grave, che c’è: il bilancio per la parte corrente non si può chiudere, siamo destinatari di circa 150 milioni di euro di investimenti per strade e scuole e pensiamo che solo la manutenzione ordinaria possa consentire di evitare per quanto possibile quella straordinaria, che avrebbe ulteriori costi. Stiamo lavorando attraverso la Pubbliservizi con costi fuori mercato (una partecipata che tra l’altro è in una situazione molto particolare dopo essere stata sull’orlo del fallimento».

«La nostra difficoltà è sia sul bilancio che sulla spesa corrente, non coperta dalle entrate. Le persone sono convinte, per esempio, che pagando l’Rca e l’Ipt (Imposta provinciale di trascrizione) i soldi vadano alla Città metropolitana, ma così non è – prosegue Schilirò – perché, pur essendo tasse provinciali, lo Stato le trattiene attraverso l’Agenzia delle Entrate e l’Aci, questo è un prelievo forzoso. Siamo, in sostanza, i gabelloti dello Stato».

In vista del rinnovo dei Consigli delle Città metropolitane, previsto intorno a novembre con elezioni cosiddette di “secondo livello”, che non inficiano l’operatività di enti come quello di Catania, che vede un commissario facente funzioni del Consiglio, la riflessione di Schilirò è schietta: «L’errore di fondo sulla riforma delle Province, con la legge Delrio che ne prevedeva la cancellazione, è stato non partire dai servizi: si sarebbe dovuto quantificarli e trovare la forma più efficiente per svolgerli ai vari livelli alternativi. Spostare i servizi avrebbe dovuto prevedere un uguale spostamento di risorse, cosi non è stato. Mettendo un’entrata annuale per la Città metropolitana di Catania di 85-100 milioni di euro, contando che allo Stato ne paghiamo 65 milioni, l’ente avrebbe dovuto chiudere. E di fatto l’intenzione era questa.

«La riforma non è andata avanti – prosegue Schillirò -, la Regione Sicilia (presidenza Crocetta) ha fatto un accordo con lo Stato che prevedeva gli impegni di rinuncia al contenzioso che avremmo vinto, e la garanzia del funzionamento delle province: sono tante le competenze delle Città metropolitane che avrebbero dovuto essere quantificate una per una, per dare personale, soldi e attrezzature. Un accordo tra l’altro secretato e che non è stato rispettato. Siamo in un limbo in cui lo Stato si prende i soldi con il prelievo forzoso e la Regione non ha pensato al funzionamento dei servizi. Confidiamo nel nuovo governo regionale, che già ha fatto qualcosa di concreto con il tavolo tecnico Stato-Regione in corso, con il quale sembra ci sia la volontà di rivedere le condizioni finanziarie. Già avere un organo politico orientato sulla revisione degli ambiti per la gestione dei servizi è importante, e confidiamo porti i risultati sperati».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA