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Timonieri ucciso con tre pistolettate alla testa e seppellito: chiesto l'ergastolo per i due mandanti

La vittima era un pusher di San Cristoforo del gruppo santapaoiano dei Nizza. Venne ammazzato il 12 febbraio 2021 per ordine dei suoi stessi capi Natalino Nizza e Sam Privitera

Laura Distefano

24 Ottobre 2023, 16:00

vacca

Non ci possono essere sconti per un omicidio così efferato. I pm Lina Trovato, Alessandro Sorrentino e Rocco Liguori hanno chiesto alla Corte d’Assise, presieduta da Maria Pia Urso, la condanna all’ergastolo nei confronti di Natale Nizza e Sam Privitera, accusati di essere i mandanti dell’assassinio di Enzo Caterina Timonieri. Al collegio invece hanno chiesto la condanna a 8 anni e 6 mesi per i killer Michael e Ninni Sanfilippo con il riconoscimento dell’attenuante della collaborazione con la giustizia.

Seppellito a Vaccarizzo

I due fratelli, infatti, hanno confessato di aver ammazzato il giovane pusher di San Cristoforo e poi di averlo seppellito nelle dune di Vaccarizzo. Ed è lì che nel giugno del 2021 i carabinieri trovarono il cadavere del 26enne scomparso il 12 febbraio dello stesso anno. Il rinvenimento avvenne grazie alle indicazioni di Michael Sanfilippo, il primo che volle parlare con la magistratura e seguire le orme del fratello Martino. Fu il primo della famiglia infatti, dopo la sparatoria di Librino dell’8 agosto 2020, a decidere di cambiare radicalmente vita. Una scelta che costrinse i Sanfilippo a cambiare casacca mafiosa e migrare dai Cursoti-Milanesi ai Nizza dei Santapaola. Un passaggio permesso anche dal legame familiare - sono cugini - con Sam Privitera, giovane leva del gruppo criminale.

La requisitoria

La requisitoria dei tre sostituti procuratori è stata lunga e articolata. La pm Trovato ha analizzato gli aspetti investigativi riguardanti il lasso di tempo che è intercorso dalla denuncia di scomparsa fino al ritrovamento, con una parentesi con l’aspetto tecnico dell’analisi dei tabulati telefonici della vittima. Non si ebbero notizie di Timonieri dalla sera del 12 febbraio 2021. Quel giorno ci fu anche il funerale del padre di Salvatore Scavone, ex reggente dei Nizza che ha fornito importanti rivelazioni su questo delitto. Per la pm il fatto che «il gruppo dei Nizza non reagì in alcun modo alla possibilità che un loro soldato fosse stato ammazzato» è un elemento di prova del fatto che l’omicidio è maturato all’interno dello stesso gruppo mafioso. Un’ipotesi che emerge anche dall’ascolto delle intercettazioni dei più stretti familiari del pusher. «Se lo sono giocati», commentavano i familiari che però pensarono al fatto che qualcuno dei Nizza avesse tradito Timonieri consegnandolo ai calabresi che erano stati truffati per una fornitura di droga. Ma la svolta alle indagini, che forse non ci sarebbe mai stata, è arrivata quando Michael Sanfilippo ha deciso di saltare il fosso.

La trappola mortale

Quel giorno ha portato i carabinieri a Vaccarizzo e ha raccontato i dettagli della trappola mortale ideata da Nizza e Privitera per scongiurare qualsiasi ambizione del 26enne di prendersi una fetta di mercato della droga attraverso un suo contatto napoletano. Timonieri, come ha esplicato il pm Sorrentino, è salito sulla Seicento rubata (e poi incendiata dietro il San Marco) con la scusa di andare a recuperare delle armi. Ma durante il viaggio in auto, alla cui guida c’era Ninni Sanfilippo, fu colpito da un proiettile alla nuca. Michael, avvertendo un sussulto, ha sparato un altro colpo, sempre alla testa. E un altra pistolettata l’ha data quando già il cadavere era nella fossa. Quella stessa sera i carabinieri hanno rinvenuto delle armi. Ninni Sanfilippo ha capito che il passo fatto dal fratello e si è presentato dai carabinieri il giorno dopo. Da lì il racconto «quasi del tutto coincidente» tranne qualche dettaglio. A suffragare la dinamica le rivelazioni di Salvatore Scavone, l’ex responsabile della frangia narcos di Cosa nostra, che avrebbe raccolto la confessione da Natale Nizza stesso a Napoli quando Sam Priviterà li avvertì che i Sanfilippo stavano collaborando. Nizza jr, che è il figlio di Giovanni “banana”, sarebbe stato ai vertici assieme al pentito. E anche Sam Privitera avrebbe avuto un ruolo di responsabilità all’interno del clan. I due però non hanno condanne che attestano la loro affiliazione mafiosa. Ma, annuncia Liguori, «sono indagati per questi reati in un’inchiesta partita proprio dalla dichiarazione di quattro collaboratori di giustizia». Anche Silvio Corra ha fatto rivelazioni.